Cinema

Oscar 2019 – BlacKkKlansman

Alla fine degli anni settanta, il giovane neolaureato Ron Stallworth diventa il primo poliziotto afroamericano di Colorado Springs, dopo poco ottiene un trasferimento per passare ad agente sotto copertura e riesce a farsi reclutare nel Ku Klux Klan. Sembra una storia paradossale, non è vero? In parte forse sì, è vero, eppure è esattamente quello che accade nel film BlacKkKlansman.

La pellicola inizia con il protagonista che arriva al dipartimento di polizia – capelli afro e buoni propositi – ma gli viene fatto capire fin da subito che sarà soggetto a insulti razzisti da parte dei colleghi, tanto che una delle prime domande che gli vengono poste al colloquio è: “Cosa faresti se un collega ti chiamasse negro?”. Oltre a questo, spesso nel corso del film Ron dovrà sopportare battute imbarazzanti, fatte da persone senza cattive intenzioni, che non si ritengono razziste, specchio di una società in cui il razzismo è talmente radicato che viene considerato dalla maggior parte della gente come assolutamente normale.

Ron, stanco del lavoro nell’archivio, dove deve sopportare colleghi che chiamano i prigionieri di colore “rospi”, chiede e ottiene il trasferimento per diventare un agente sotto copertura, e viene mandato come infiltrato in un gruppo di Black Panthers locali. Qui conosce Patrice, leader del sindacato locale degli studenti neri, di cui si innamorerà, e assiste al discorso di Stokely Carmichael (aka Kwame Ture), che lo segnerà profondamente. In questa scena decisamente suggestiva, i volti delle persone presenti al comizio appaiono da uno sfondo nero mentre in sottofondo si sente il discorso di Carmichael che incita a una rivolta del “popolo nero”, ricordando da una parte gli atti terribili compiuti contro i suoi fratelli, e dall’altra anche come i film, le pubblicità e le cose più banali in realtà fossero razziste e incitassero all’odio.

Dopo questo incontro Ron inizierà sempre di più ad interessarsi ai movimenti black power, grazie anche al rapporto con Patrice, continuando però sempre a difendere i suoi colleghi, chiamati “porci” a causa dei continui soprusi e arresti ingiustificati ai danni della comunità nera, convinto che il sistema non sia del tutto corrotto e che la situazione possa essere cambiata agendo dall’interno.

Un giorno, mentre Ron è al lavoro, leggendo tranquillamente il giornale trova un discreto annuncio del KKK, ed eccolo subito a comporre il numero sulla cornetta ed iniziare a inveire contro neri e ebrei ed inneggiare al trionfo dell’America bianca, sotto lo sguardo attonito dei colleghi. Così propone di far infiltrare un collega bianco nel gruppo di suprematisti bianchi locali con cui era riuscito a mettersi in contatto, in modo da interpretare la sua controparte “fisica”. L’agente scelto per questo compito è Flip Zimmerman, ebreo per nascita ma non per convinzione religiosa, che inizierà a riflettere seriamente sulla sua identità dopo essere stato costretto più volte a negare le sue origini e ad inneggiare all’Olocausto, davanti alla prospettiva di dover fare un test della verità e con una pistola puntata alla testa.

Per velocizzare l’arrivo della sua tessera di membro Ron Stallworth chiama il quartier generale del Ku Klux Klan e riesce a mettersi in contatto direttamente col presidente nazionale e Gran Maestro David Duke, con cui instaura un rapporto di fiducia, nonostante questi sostenesse di essere in grado di riconoscere una persona di colore già dalla voce.

La missione di Ron e Flip va a buon fine ma tutto viene messo a tacere per paura che le indagini possano rivelare quanto siano radicati gli estremismi nell’apparato politico e sociale del paese. I documenti relativi al caso vengono distrutti, anche se Ron e i suoi colleghi non mancano di prendersi una piccola rivincita, chiamando il Gran Maestro, rivelandogli delle indagini e ridendo di lui. L’unica pecca, se così può essere definita, è che nel doppiaggio italiano parecchie cose si perdono, tanto che risulta molto difficile comprendere alcune battute, che si basano su giochi di parole o particolari pronunce dell’inglese americano, ma questo naturalmente non va a ledere la qualità del film.

Spike Lee sfrutta il racconto di una storia messa a tacere, censurata, per parlare di un’America profondamente razzista, una realtà che sembra incredibilmente lontana, ma nella quale, purtroppo, si possono tracciare fin troppi parallelismi con la società odierna.

Per quasi tutta la durata del film si è portati a credere che in fondo i componenti de KKK non siano in grado di fare del male a nessuno e che le loro siano solo parole, che la possibilità che Nixon venga eletto presidente sia assolutamente ridicola, la stessa cosa che si diceva del presidente Trump, eppure così e stato.

In un brillante poliziesco anni settanta con citazioni alla Blaxpoitation, Spike Lee inserisce numerose frecciatine al presidente americano, ma soprattutto mostra come il profondo razzismo non sia mai stato estirpato dalla società americana e sia rimasto quasi latente, per poi esplodere in atti di violenza inaudita che spesso vengono nascosti e di cui nessuno parla, per convenienza o per paura.

Con la sua amara ironia il film esplora a fondo il tema del razzismo senza però risultare eccessivamente pesante, grazie a momenti in cui ci si può abbandonare a una sincera risata. Eppure, come detto, Spike Lee non parla solo dell’America degli anni settanta, e così nei minuti finali del film vediamo i filmati della manifestazione di Charlottesville dell’estate 2018, dove i suprematisti hanno marciato inneggiando all’America bianca, al proprio orgoglio razziale e fatto discorsi apertamente antisemiti. Manifestazione che ha portato a una vittima, manifestazione il cui accaduto è stato minimizzato.

I discorsi che durante il film si sentono fare da personaggi quasi caricaturali, grotteschi, gli stessi che si è portati a considerare in fondo innocui, vengono pronunciati davanti a migliaia di persone dal presidente degli Stati Uniti.
Così BlacKkKlansman come una secchiata d’acqua fredda ci apre gli occhi, senza usare la commedia per alleggerire la situazione politica dell’America odierna. Non solo negli Stati Uniti però il razzismo dilaga e i movimenti suprematisti e di estrema destra prendono sempre più piede in molti paesi e per questo film come BlackkKlansman sono importanti e dovrebbero raggiungere il numero maggiore di persone possibili.

Matilde Boni 

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