Cronaca

L’arte in affitto: dal matrimonio di Jeff Bezos ai post degli influencer

matrimonio Bezos

Lauren Sánchez e Jeff Bezos sono diventati marito e moglie: il loro matrimonio si è tenuto il 27 giugno a Venezia, ma i festeggiamenti sono durati un totale di quattro giorni, dal 26 al 29 giugno 2025. Vari luoghi della laguna sono stati immobilizzati per l’arrivo dei due sposi, ma quali conseguenze può avere il noleggio di una città?  E quanti altri casi del genere si potrebbero trovare, in cui musei e opere d’arte vengono affittati per interesse personale?


Un matrimonio artistico

Il matrimonio del fondatore di Amazon e la giornalista americana si è svolto fra il Chiostro della chiesa della Madonna dell’Orto, dove si è tenuta la festa, e l’isola di San Giorgio Maggiore, con il Teatro Verde, che ha ospitato la cerimonia e il ricevimento principale.

Venezia si è mossa tra zone blindate e taxi dedicati all’importante numero di invitati, circa 200, sorvegliati da una security privata operativa 24 ore su 24.

Tra i nomi più noti degli ospiti spicca Ivanka Trump, figlia del presidente degli USA, ma hanno partecipato altre figure note come Bill Gates, Oprah Winfrey, Lady Gaga e Orlando Bloom.

La donazione alla città oscilla tra gli 1 e i 3 milioni di euro. Della cifra hanno beneficiato alcune associazioni, quali Corila, un ufficio di salvaguardia della laguna, la Venice International University e l’Ufficio Unesco.

matrimonio Bezos
Jeff Bezos e Lauren Sánchez (Foto: Vanity Fair).

Venezia privatizzata: proteste e contraddizioni

Ma le proteste non si sono fatte attendere: in diverse zone della città sono comparsi pupazzi satirici con le sembianze di Bezos, parte di una protesta del collettivo artistico Konn Artiss.

Inoltre, i gruppi No Space for Bezos, Greenpeace, Extinction Rebellion hanno criticato in particolare l’utilizzo privato di Venezia e l’impatto del lusso e del turismo su una città tanto affascinante quanto fragile.

Sono comparsi striscioni contro gli sposi, tra cui uno di 400 metri quadrati in Piazza San Marco. In aggiunta, l’organizzazione No Space for Bezos ha organizzato sabato 28 giugno un corteo contro lo sfruttamento della città.

Sebbene si sia parlato dell’affitto di un’intera città d’arte, l’evento è sembrato particolarmente riservato.

Il personale coinvolto non ha potuto portare gli smartphone e la discrezione è stata assoluta. Sembra paradossale che il noleggio di uno spazio pubblico diventi all’improvviso qualcosa da tenere segreto, nascosto agli occhi di tutti; come per aumentarne solo l’esclusività.

Una cosa è certa, se da un lato gli attivisti non hanno apprezzato la privatizzazione di Venezia, dall’altro l’amministrazione cittadina ha precisato che negli anni Venezia ha gestito il G20 Economia, il G7 Giustizia, Biennali d’Arte, Architettura e Cinema. Insomma, di eventi a Venezia ce ne sono sempre stati e non hanno mai avuto così tanto peso mediatico.

Inoltre, l’amministrazione ha voluto specificare che non ci sarebbero stati disagi per residenti e turisti e che tutto si sarebbe svolto nel segno del rispetto: taxi e gondole erano ancora disponibili e il clamore è stato definito ampiamente esagerato.

Moda nei musei: dialogo con l’arte o marketing?

Se è vero che il noleggio di una città da parte di Jeff Bezos può non sembrare etico, il tema si può ampliare considerando il fenomeno delle sfilate di moda nei musei o nei luoghi simbolo d’arte. Sempre più spesso, siti storici e fragili diventano location di eventi esclusivi, accessibili a poche persone privilegiate.

Nel 2016 Karl Lagerfeld ha scelto di far sfilare nella Fontana di Trevi, con una passerella costruita sull’acqua; nel 2020 la collezione Cruise di Gucci ha sfilato nei Musei Capitolini.

Nel 2021 la collezione di Valentino Haute Couture di Pierpaolo Piccioli è stata esposta nella Sala Grande della Galleria Colonna a Roma, nello stesso anno un’altra sua collezione ha sfilato nell’Arsenale di Venezia.

Chanel al Metropolitan di New York
Sfilata di Chanel al Metropolitan Museum of Art (Dia Dipasupil/Getty Images).

Ci sono tantissimi altri esempi, anche fuori dall’Italia: Louis Vuitton nel Museo d’Orsay di Parigi,  Chanel nell’area egizia del Metropolitan di New York.

Questi eventi spingono a riflettere sul confine sempre più sottile tra patrimonio artistico, moda e consumo. La moda, infatti, è una forma d’arte da secoli in dialogo con la pittura, la scultura e l’architettura.

L’arte per l’arte

In fondo, l’arte parla da sempre di altra arte. Lo dimostra la pittura di una tela colma di strumenti musicali, così come i musei che accolgono abiti di lusso espressione di alcuni periodi storici, come il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, a Firenze. 

In letteratura si parla di ecfrasi, ovvero l’unione tra due arti, quale può essere la descrizione letteraria di un dipinto in un romanzo.

Per esempio, Anna Banti, nel romanzo Artemisia (Mondadori, 2023), dedicato ad Artemisia Gentileschi, fa una descrizione molto profonda di Giuditta che decapita Oloferne (1620 ca.), caricando il dipinto di significati simbolici e interpretazioni. È un dialogo affascinante tra l’arte della scrittura e l’arte della pittura.

Forse quindi il problema non è tanto il dialogo tra due arti, in questo caso fra la moda e i musei o i siti archeologici, quanto più l’utilizzo privato e commerciale di questi luoghi simbolici. Quanto è corretto che una piazza, una fontana o un museo vengano affittati per un evento esclusivo?

La bellezza è di tutti o appartiene solo a chi se la può permettere? Perché il pubblico diventa privato quando qualcuno ha le risorse per noleggiarlo?

Personalmente, fatico a conciliare sfilate di moda, musei e architettura per via della fragilità e della delicatezza di questi posti.

La loro conservazione è essenziale e il problema non risiede tanto nella fusione tra il mondo della moda e quello dell’arte, quanto nel modo in cui si sta gestendo questo dialogo. Sembra che l’arte smetta di essere arte e diventi solo marketing, uno status della propria ricchezza, uno sfondo esteticamente affascinante che non ha nessun altro significato. 

Un’influencer al museo

Rispetto al tema, molti ricorderanno il post che immortala Chiara Ferragni davanti alla Nascita di Venere di Botticelli (1485). In questi scatti troviamo due epoche rappresentate in modo completamente diverso.

Questo dibattito non riguarda solo Ferragni, ma anche molti altri personaggi noti come Cristina Fogazzi, conosciuta come Estetista Cinica, nella Cappella Sistina, o Martina Socrate, tiktoker che ha sponsorizzato gli Uffizi.

Si tratta di un fenomeno sempre più diffuso, noto come influencer marketing, ovvero la promozione di musei, mostre e siti culturali attraverso personaggi seguiti da milioni di follower.

Questo strumento, applicato alla cultura, può essere prezioso per avvicinare i ragazzi ai musei e far scoprire loro opere e luoghi che altrimenti rischiano di essere percepiti come distanti. Tuttavia, questo approccio presenta dei rischi: il museo può diventare uno sfondo, una tappa per una foto e non un luogo di cultura.

Chiara Ferragni
Chiara Ferragni agli Uffizi. Foto: Vogue Hong Kong.

L’influencer marketing, in realtà, è una facciata che nasconde le vere intenzioni. Non si tratta di promuovere l’arte o luoghi come Venezia, la Cappella Sistina o gli Uffizi: sono già tra le mete più visitate dai turisti.

La premessa di sostenere l’arte è una narrazione di facciata, quello che conta davvero è dimostrare di avere il potere e l’influenza per porter affittare luoghi simbolici.

L’aspetto più difficile da accettare è l’idea di considerare il nostro patrimonio artistico non come un bene comune, ma come un palcoscenico da usare privatamente.

Il problema non sta tanto nella presenza degli influencer, quanto nel modo in cui si raccontano l’arte e la cultura: servirebbe una narrazione profonda che sappia trasmettere rispetto e consapevolezza per ciò che viene mostrato.

Gaia Sacchetti


L’arte in affitto: dal matrimonio di Jeff Bezos ai post degli influencer è un articolo di Gaia Sacchetti. Clicca qui per altri articoli dell’autrice!

Ti potrebbero interessare
CronacaPersonale

(Im)maturità 2025 – Una scuola imperfetta, ma perfettibile

CronacaPolitica

C'è ancora spazio per la pace? I possibili scenari futuri dello scontro tra Israele e Iran

CronacaPolitica

Chi propone la remigrazione sa di che cosa parla?

CronacaPolitica

Dalla Polonia al Portogallo: l’Europa a confronto sulla minaccia russa