
Ormai da qualche anno, l’intelligenza artificiale si è insinuata nella nostra quotidianità diventando un ottimo alleato per risolvere problemi, rispondere a domande e combattere la noia nella vita di tutti i giorni. Eppure, i suoi ultimi sviluppi sembrano condurci verso una rapida e inesorabile sostituzione dell’elemento umano nelle nostre occupazioni. Siamo davvero disposti a tutto ciò?
Qualche dito di troppo
Quello dell’intelligenza artificiale (IA) è un fenomeno che si è sviluppato nel corso di diversi decenni, ma che sta conoscendo ora il suo massimo successo con l’avvento di piattaforme come Chat GPT e altri chatterbot in grado di simulare conversazioni con gli utenti, così come di creare immagini da zero.
Basta infatti inserire tutte le caratteristiche che la foto deve avere e il gioco è fatto. I risultati, però, a volte lasciano a desiderare: mani con sei dita o più, corpi che scompaiono o appaiono dal nulla. Ne abbiamo avuto prova l’anno scorso con la famosa foto di famiglia ‘modificata’ della principessa Kate Middleton, quando il mondo non faceva altro che chiedersi dove fosse finita, o con alcune copertine di settimanali italiani modificate digitalmente (si pensi al caso della sciatrice Sofia Goggia e dei suoi due piedi sinistri).
Capita, tuttavia, che le immagini create con l’IA finiscano per essere non solo ‘sbagliate’, ma anche pericolose e inquietanti. È il caso della tecnica del deepfake: tramite dei software che permettono di sovrapporre più immagini per crearne di nuove, si possono sia realizzare video satirici e parodistici che coinvolgono politici e vip, sia produrre immagini dal contenuto pornografico, anche riguardanti ragazzi minorenni.
È capitato, per esempio, all’influencer Jenni Serpi, ‘spogliata’ digitalmente a partire da alcune sue foto postate sui social, fatto per il quale la ragazza ha sporto denuncia.
Fogli di carta e Fogli digitali
L’IA è arrivata anche nelle redazioni e nelle case editrici. Recentemente, infatti, il quotidiano Il Foglio ha lanciato un nuovo giornale in vendita per un mese (da marzo ad aprile), creato interamente con l’AI.
Gli autori si limitavano a fare domande ai software che rispondevano portando sul tavolo del direttore 22 articoli al giorno: dall’intervista immaginaria ad Isaac Asimov proprio sul tema dell’IA, alle 10 domande che la chat bot farebbe a Giorgia Meloni, fino ad una lunga serie di dibattiti che vedono contrapporsi un conservatore e un progressista su temi come aborto, identità di genere e politica estera.
Questi confronti sono necessariamente stereotipati nella loro natura e più accondiscendenti della visione altrui proprio per l’incapacità di andare oltre ciò che l’algoritmo consente (ma in cui, a differenza dei dibattiti in televisione, i contendenti hanno la decenza di lasciare parlare l’altro e di ascoltare le sue ragioni).
Dopo un mese di Foglio AI, qual è stato il risultato? In una paradossale intervista, è il software stesso a chiedere al direttore Claudio Cerasa quali siano i vantaggi di questa nuova frontiera del giornalismo. Ciò che emerge in questo dialogo assurdo (e quasi inquietante) è che ciò che l’IA non potrà mai fare è creare qualcosa da zero. Servirà sempre un input esterno, un’idea, un’ispirazione che può venire solo dall’uomo.

(Foto: Il Foglio)
“Il prompt è il nuovo briefing di redazione” dice Cerasa, che specifica anche che non è l’intelligenza artificiale a padroneggiare qualcosa di più rispetto all’essere umano, ma è quest’ultimo a non saper fare qualcosa di speciale, motivo per cui dovrebbe provare a reinventarsi e a rimettersi sempre in gioco per dimostrarsi migliore dell’IA.
E se ci spaventa l’idea della carta che incontra il digitale in un passaggio generazionale lungo 2000 anni, continua il direttore, “non bisogna aver paura. E non bisogna rassegnarsi all’idea pigra e autolesionista e questa sì spaventosa che l’unico modo di governare l’innovazione sia fermarla, bloccarla, distruggerla, boicottarla…”.
Tuttavia, a mio parere, si rischia di ottenere un effetto molto preoccupante: questo confine così labile tra idea e produzione potrebbe impigrire l’autore stesso, al quale basterebbe dare un singolo input di poche parole alla macchina e ritrovarsi in pochi secondi il lavoro completato. Ma questo pensiero, a quanto pare, non preoccupa la direzione del Foglio che continuerà a pubblicare la versione IA come settimanale (con tema principale proprio l’intelligenza artificiale).
La Ghiblizzazione di massa
L’ultima – e solo all’apparenza più ricreativa – frontiera raggiunta dall’IA è la creazione di nuovi filtri, tra cui quello ormai presente ovunque ispirato ai film dello Studio Ghibli.
Sebbene non esista un vero e proprio stile riconducibile alla casa di produzione giapponese (come si può notare da alcuni lungometraggi come La storia della principessa splendente, 2013, o I miei vicini Yamada, 1999, visivamente molto diversi rispetto all’immaginario collettivo), il fenomeno è subito esploso sui vari social, tra chi ha usato il filtro per modificare le proprie foto e chi per creare meme.
Molti, però, si sono schierati contro questo nuovo aggiornamento delle piattaforme di IA, sostenendo che così si vada a danneggiare il lavoro degli artisti dietro ai film dello Studio Ghibli. Tanta è infatti la cura messa nella realizzazione di ogni prodotto della casa di animazione giapponese. Per fare un esempio, ci sono voluti quindici mesi per animare una singola scena della folla di quattro secondi di Si alza il vento (2013), in quanto il regista era convinto che dovesse essere disegnata a mano senza usare la CGI.
Proprio in questi giorni è tornato virale su Internet un video dello stesso Miyazaki che commenta l’uso di un prototipo di IA nel 2016: “Non riesco a guardare questa roba e trovarla interessante. Chiunque crei questa roba non ha idea di cosa sia il dolore […]. Sono fermamente convinto che questo sia un insulto alla vita stessa”.
Una legge per risolvere la situazione
“With artificial intelligence we’re summoning the demon!”: una frase che penseremmo potrebbe pronunciare chiunque, a parte Elon Musk. Eppure, fu proprio il fondatore di Open AI a fare questa dichiarazione a margine dell’AeroAstro Centennial Symposium al MIT.
Con queste parole, il patron di Tesla e proprietario di X chiedeva di imporre modelli di supervisione, sia a livello nazionale che internazionale, per evitare che noi stessi potessimo compiere qualcosa di foolish con l’IA. Lo stesso Musk nell’aprile 2023 ha firmato un appello, condiviso da numerosi suoi colleghi, per chiedere di prorogare la scadenza della ricerca sull’IA, al fine di garantire la totale sicurezza per gli utenti e di poter gestire i possibili cambiamenti che il software stesso potrebbe attuare.
L’1 agosto 2024 è entrato in vigore il Regolamento dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale (AI Act), il cui obiettivo consiste nel classificare le applicazioni dell’IA in base al rischio che potrebbero causare, sulla base di quattro livelli (rischio inaccettabile, alto, limitato, minimo). Le norme dell’AI Act entreranno in vigore entro due anni; tuttavia, il 2 febbraio 2025 sono state messe in pratica le disposizioni concernenti il divieto di pratiche IA con rischio inaccettabile e l’obbligo di alfabetizzazione del personale sul tema.
Nel primo gruppo, in particolare, rientrano tecniche di manipolazione subliminale e ingannevole, sistemi di social scoring (in grado di valutare l’affidabilità delle persone basandosi su caratteristiche personali e sociali), identificazione biometrica in tempo reale in luoghi pubblici e creazione di banche dati di riconoscimento facciale e riconoscimento delle emozioni non autorizzate.
A questo punto ha senso chiedersi, basterà questa prima serie di norme, unita a quelle che arriveranno nei prossimi mesi, ad arginare l’avanzata sempre più preponderante dell’IA? È difficile dirlo con certezza, ma vedendo come ormai persino i ragazzi delle scuole medie usino Chat GPT per risolvere un semplice problema di geometria, ci si chiede se non sia già troppo tardi.
Alessandro Palmanti
Per approfondire questo argomento, contenuti utili sono le interviste di Giovani Reporter a Marco Lombardo e Nello Cristianini. Come capire quando iniziare a preoccuparci? – L’intelligenza artificiale e i suoi pericoli è un articolo di Alessandro Palmanti, clicca qui per altri articoli dell’autore.