
Nel referendum dell’8 e del 9 giugno 2025 si vota per cinque quesiti, uno sulla cittadinanza e quattro sul lavoro, dalla riduzione degli anni per ottenere la cittadinanza italiana alla reintegra sul posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. I seggi sono aperti dalle 7:00 alle 23:00 di domenica 8, e dalle 7:00 alle 15:00 di lunedì 9. Ecco cosa cambia, come funziona il referendum e perché votare (sì) significa decidere sul nostro presente.
Come funziona il referendum abrogativo?
Il referendum è uno strumento di democrazia diretta che permette, mediante il voto, di incidere sull’ordinamento giuridico, senza mediazione alcuna. Il referendum abrogativo consente di eliminare in modo totale o parziale delle disposizioni di legge e, di conseguenza, di modificare la disciplina delle materie oggetto del quesito.
Si tratta, dunque, di uno strumento di carattere negativo: non è possibile produrre nuove norme, né intervenire con un’operazione di manipolazione tale da produrre una proposta innovativa rispetto al testo originale.
Affinché il referendum produca i suoi effetti sono necessari un quorum strutturale, ovvero la partecipazione al voto del 50% + 1 degli aventi diritto, e un quorum sostanziale, ovvero la risposta affermativa da parte del 50% + 1 dei votanti.

Primo quesito: reintegra in caso di licenziamenti illegittimi
La disciplina sui licenziamenti illegittimi negli ultimi anni ha subito diverse modifiche, con una progressiva riduzione delle garanzie per i dipendenti licenziati ingiustamente.
Fino al 2012, in riferimento ad aziende con più di quindici dipendenti, si applicava l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che, in caso di licenziamenti illegittimi, prevedeva generalmente la reintegra nel posto di lavoro. La norma è stata poi modificata dalla legge Fornero (l. 92/2012), che ha ridotto le ipotesi di reintegra, sostituendole con la previsione di un’indennità.
Il d.lgs. 23/2015, oggetto dell’abrogazione, rientra nel pacchetto di norme noto come Jobs Act ed è intervenuto prevedendo una disciplina diversa per i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015: questi si sono visti ridurre ulteriormente le ipotesi di reintegra in caso di licenziamenti illegittimi.
Obiettivo del referendum dell’8 e del 9 giugno è quello di abrogare l’intero decreto legislativo, allo scopo di tornare all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori per come modificato dalla legge Fornero nel 2012.
Secondo quesito: indennità in caso di licenziamento illegittimo
Questo quesito si riferisce alle aziende con meno di sedici dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015: a quelli assunti dopo si applica sempre il d.lgs. 23/2015 di cui sopra.
La fonte oggetto del secondo quesito è la l. 604/1966, che, in caso di licenziamento illegittimo, prevede un’indennità di minimo due mensilità e mezzo e massimo sei, con degli aggiustamenti modulati in base all’anzianità di servizio.
L’abrogazione si propone di mantenere il minimo e togliere la previsione del massimo, lasciando alla discrezionalità del giudice l’individuazione del quantum idoneo al caso concreto.
Terzo quesito: contratto a termine
Anche la storia del contratto a termine ha origini lontane: fino al secolo scorso era molto difficile stipulare un contratto a tempo determinato perché erano tassative le ipotesi in cui questo era possibile; progressivamente, il mercato del lavoro si è modificato allo scopo di garantire più flessibilità alle imprese, a discapito della stabilità dei lavoratori dipendenti.
Già la legge Fornero aveva aperto uno spiraglio verso il contratto a termine senza causale, in particolare nel caso in cui il dipendente, in passato, non avesse mai avuto rapporti con il datore: si trattava di una sorta di lungo periodo di prova.
In questo spiraglio si inserisce il d.lgs. 81/2015 – sempre del pacchetto Jobs Act – oggetto del quesito. Questo intervento ha aperto la possibilità di stipulare contratti a termine fino a dodici mesi in assenza di motivazione. Ulteriori modifiche sono poi intervenute con il Decreto Dignità nel 2018 e con il Decreto Lavoro nel 2023.
Obiettivo dell’abrogazione è, dunque, quello di reintrodurre l’obbligo di causale per la stipula del contratto a termine anche nei primi dodici mesi.
Quarto quesito: responsabilità del committente
Ad oggi si prevede che, in ambito di appalti e subappalti, il committente sia responsabile in solido con appaltatore e subappaltatore in caso di danni subiti dai lavoratori non coperti dall’assicurazione; si prevede però che la responsabilità sia esclusa nel caso in cui i danni siano conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività svolta. Obiettivo del quesito è quello di eliminare quest’ultima previsione, estendendo, dunque, la responsabilità della committenza.
Quinto quesito: cittadinanza
Questo quesito vuole intervenire sull’art. 9 l. 91/1992, che disciplina le modalità di ottenimento della cittadinanza italiana. Il risultato dell’abrogazione consentirebbe allo straniero di ottenerla dopo cinque anni di legale residenza sul territorio; oggi ne sono necessari dieci.
Come molti hanno spiegato, l’iter burocratico per chi richiede la cittadinanza italiana è sempre più lento di così: le lungaggini del sistema dilatano ulteriormente i tempi. Dunque, l’obiettivo realistico sarebbe quello di ridurre gli anni necessari per ottenere la cittadinanza da tredici, in media, a otto.
Perché è importante votare (e votare sì)
Come spesso accade, i quesiti appaiono farraginosi e la materia giuridica sembra incomprensibile; tuttavia, oggetto di questi quesiti è la vita concreta delle persone.
Da un lato ci sono immigrati di seconda generazione che nascono e crescono in Italia e si trovano davanti ad un sistema che li mette nella condizione di doversi meritare la cittadinanza. E, paradossalmente, di fronte ad una chiamata alle urne che li riguarda in prima persona, non possono votare.
Dall’altro abbiamo milioni di persone vittime del precariato e di un mondo del lavoro votato al solo profitto che di anno in anno riduce le garanzie dei lavoratori dipendenti. I diritti e la dignità della manodopera sono stati progressivamente erosi in nome della flessibilità e degli utili.
Il referendum continua ad essere uno strumento limitato a cui ci aggrappiamo per sopperire ad una democrazia rappresentativa che si è incancrenita; può, tuttavia, rappresentare un piccolo atto trasformativo, a patto che il quorum strutturale venga raggiunto.
La campagna di invisibilizzazione e di boicottaggio da parte dei media generalisti e delle forze di maggioranza è l’ennesimo atto di chi vuole conservare lo status quo. Lo scopo è mantenere invariate le dinamiche di potere, relegando molti ad una condizione di subalternità a vantaggio di pochi altri.
Una classe politica che spinge l’elettorato a non votare non è altro che la concreta rappresentazione del fallimento di un progetto democratico.
Sara Nizza
(In copertina, per il referendum dell’8 e del 9 giugno 2025, immagine dal sito del Comune di Cabras)