
A ottant’anni dalla sua nascita, la rivista femminista Noi donne ha pubblicato online il suo archivio storico. Il mensile, nato per dare voce a milioni di donne oppresse dal patriarcato, ha avuto un ruolo fondamentale per la legalizzazione del diritto all’aborto.
L’aborto è ancora oggi uno dei temi più discussi a livello internazionale e di opinione pubblica. In Italia, la sualegalizzazione è sancita dalla legge 194 del 1978, che, dopo anni di intensi scontri, ha rappresentato una vittoria storica per l’emancipazione femminile. Un documento fondamentale di questa lotta è senza dubbio il mensile Noi donne, che nel corso degli anni ha seguito progressivamente ogni conquista del movimento.

In occasione del suo ottantesimo anniversario, la rivista ha reso disponibile online il suo intero archivio storico, offrendo a noi lettori l’opportunità di rivivere il fervore di quegli anni e di ricostruire la storia che ha plasmato il nostro presente.
Noi donne, portavoce del cambiamento
Noi donne è una testata giornalistica fondata nel 1937 a Parigi, e diffusasi clandestinamente nel 1944 in alcune regioni italiane ancora occupate dai nazifascisti. Fin da subito lo scopo della rivista è informare, sensibilizzare e combattere per i diritti femminili come la parità salariale, il divorzio, la tutela della maternità e l’aborto. Grazie alla loro determinazione, le redattrici di Noi Donne sono riuscite a mobilitare una grande quantità di lettrici a livello internazionale, per spronarle a organizzarsi con l’obiettivo di ottenere maggiore rilevanza sociale.
Sono moltissimi i temi sociali che la rivista ha trattato in maniera impeccabile nel corso degli anni. In quest’articolo ci si è voluti concentrare particolarmente sui numeri che trattano di aborto, di cui Noi donne ha cominciato a parlare quando si faceva fatica anche solo a nominarlo.
La battaglia di Noi donne contro l’aborto clandestino

Con il numero del febbraio 1961, Noi donne è la prima rivista in Italia a rivelare i rischi e la frequenza degli aborti clandestini nel nostro Paese, attraverso la pubblicazione di una coraggiosa inchiesta a cura di Milla Pastorino.
Dai risultati si evince l’alto tasso di gravidanze interrotte con pratiche non sicure, spesso letali: un fenomeno che in quel periodo, tuttavia, anche medici e politici evitano di denunciare.
I numeri preoccupanti relativi all’aborto clandestino sono dovuti, da un lato, all’accesso limitato a servizi sicuri, dall’altro a leggi restrittive, come quelle sancite dal Codice penale vigente in epoca fascista, noto come Codice Rocco. Questo, oltre a inserire l’aborto tra i “crimini contro l’integrità e la sanità della stirpe”, condanna anche la contraccezione, ritenendola “reato contro la persona” e “delitto contro l’ordine familiare”. Questo Codice, abrogato solo nel 1971, ha lasciato un’impronta profonda nelle coscienze, influenzando le scelte di molte donne e limitando il ricorso all’aborto sicuro.
Per sensibilizzare sull’argomento, nel corso degli anni la rivista Noi donne ha dedicato ampio spazio al problema dell’aborto, pubblicando molteplici testimonianze di donne che hanno ricorso a metodi non sicuri per paura della legge, chiedendo a gran voce la legalizzazione di questo diritto civile.
Gli anni cruciali
Il decennio compreso tra il 1960 e 1970 si è rivelato cruciale per la legalizzazione dell’aborto in Italia. In questo momento le donne cominciano ad alzare la voce e a pretendere di essere ascoltate: sono anni di manifestazioni e scontri, che ancora una volta Noi donne segue e documenta con attenzione.
La rivista pone al centro di molti suoi numeri proprio il tema dell’aborto, scagliandosi apertamente contro la mentalità altamente patriarcale vigente in quegli anni, e invitando a riflettere sull’importanza della libera scelta femminile in ambito riproduttivo.
Nel farlo, si arma di un linguaggio determinato e acceso, con il quale incita alla mobilitazione femminile e alla lotta, ritenuta più che mai necessaria: le donne sono rimaste per troppo tempo in silenzio; è ora che si ribellino e prendano ciò che spetta loro di diritto.
Gli anni che precedono il 1978 (e quindi l’approvazione della legge 194) sono caratterizzati da infiniti dibattiti, seguiti con interesse dal mensile, nonché da numerose manifestazioni, petizioni e discussioni che si sono tenute per il processo di legalizzazione. Noi donne richiede la regolamentazione statale dell’interruzione volontaria di gravidanza, e pretende che essa sia accessibile a tutte, senza alcun tipo di discriminazione.

Quello che il quotidiano difende va oltre il solo traguardo legale: si tratta infatti di una conquista sociale, per garantire alla popolazione femminile italiana il libero arbitrio sulla propria persona e stabilire un rapporto fondato sulla parità tra uomo e donna , che superi lo stato di sopraffazione dell’uno sull’altra.
L’evoluzione del dibattito
Il 22 maggio 1978, la legge numero 194 viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, rendendo così finalmente legale e sicuro l’aborto in Italia, permettendone la richiesta entro i primi 90 giorni dal presunto concepimento. Tale lasso di tempo è basato sul presupposto che al novantesimo giorno di gravidanza possa considerarsi concluso lo sviluppo della placenta, e quindi, secondo la legge italiana, il feto diventa un organismo autonomo rispetto al corpo che lo ospita, sebbene non ci siano evidenze scientifiche che lo confermino.
Nel corso degli anni successivi all’entrata in vigore della legge, si registra sia l’aumento progressivo del tasso di IVG ufficiale, sia la graduale diffusione di critiche e dibattiti al riguardo.
Diversi partiti politici tentano infatti di ostacolare e modificare la legge in vigore, ponendo così nuove sfide per il diritto di autodeterminazione femminile. Ad interferire si aggiungono anche lo stigma sociale e culturale influenzato dal Codice Rocco – abrogato solo qualche anno prima – e dal potere della Chiesa cattolica.
Dal canto suo, Noi donne ha continuato a denunciare la precarietà dei servizi italiani – soprattutto nel Sud Italia –, e la resistenza di molteplici medici obiettori che limitano de facto l’applicazione dalla legge 194.
Attraverso la raccolta e la pubblicazione di testimonianze e interviste, la rivista riesce così a creare uno spazio sicuro in cui le donne possono condividere le proprie storie per sentirsi meno sole.
2025 – 30 anni dopo l’approvazione della legge 194
A distanza di trent’anni dall’entrata in vigore della legge 194 nella Costituzione italiana, è possibile affermare che, sebbene siano stati fatti importanti passi avanti, alcune problematiche continuano a persistere.
Al giorno d’oggi vi è sicuramente una maggiore consapevolezza pubblica sul diritto all’aborto, oltre che una riduzione significativa, in Italia, del tasso di quelli clandestini.

Le donne ora possono scegliere liberamente se portare a termine o meno una gravidanza e questo ha avuto un impatto fondamentale per la lotta alla parità di genere. Tuttavia, esistono ancora diversi elementi che ostacolano il diritto all’aborto.
Tra questi vi sono l’obbligo di rispettare un periodo di riflessione di 7 giorni tra la richiesta e l’effettivo intervento, così come l’alto tasso di medici obiettori ancora presenti in Italia, pari a circa il 40% del personale sanitario.
Si aggiunge a ciò, inoltre, la difficoltà di accesso a questi servizi in alcune aree della Penisola. Soprattutto nel Sud infatti, diverse regioni italiane rendono arduo l’esercizio del diritto all’aborto, scatenando così un fenomeno di migrazione interna verso regioni in grado di offrire tale servizio.
Dal punto di vista politico e sociale, i dibattiti al riguardo sono ancora frequenti. Il Governo Meloni, all’inizio del suo mandato nel 2022, ha confermato il diritto all’aborto previsto dalla legge 194, ma ha suscitato preoccupazioni per alcuni cambiamenti introdotti nei consultori.

Tra questi, il finanziamento ad attività di consulenza che scoraggiano l’aborto e che, al contrario, promuovono alternative come il supporto alla gravidanza. In tal modo, si rischia solo di minare un’informazione completa e neutrale riguardo al tema, favorendo piuttosto la diffusione di messaggi pro-vita e legati esclusivamente alla maternità.
Tali interventi del Governo in carica sui consultori e sull’accesso ai servizi sanitari potrebbero dunque segnare un passo indietro, e hanno sollevato preoccupazioni su come, in futuro, possano essere minati diritti conquistati con estrema fatica.
Unite nel supporto, forti nella lotta
Nel corso dei suoi 80 anni di lavoro, Noi donne ha ricoperto un ruolo fondamentale nella lotta alla parità di genere. Il mensile è riuscito a sensibilizzare l’opinione pubblica e a far sì che le donne potessero sentirsi meno sole attraverso la pubblicazione delle loro testimonianze.
Noi donne ha creato uno spazio di sostegno, un ambiente sicuro in cui sentirsi comprese e supportate, e se ancora oggi il suo impatto è tangibile, è facile comprendere quanto questa rivista sia stata cruciale per la società del suo tempo.
“Nessuno ha mai pensato di raccogliere migliaia di voci femminili e di aprire un dialogo con loro, di dare il via ad una consultazione femminile in cui tutte le donne possano parlare […]. Da qui la responsabilità che ci compete come movimento organizzato di donne, perché le donne partecipino, contino, decidano su un problema vitale come il loro rapporto con la specie umana. Il movimento deve provenire dalle donne, e solo da esse. Non perché l’uomo sia l’aggressione di cui la donna deve liberarsi, ma perché è chiaro che in questa battaglia il momento della coscienza che si definisce privato è in realtà sociale”.
Giuliana Del Pozzo, I curatori del ventre, Noi donne (1975)
Elena Menghi
(In copertina, le immagini di copertina della rivista femminista Noi donne. Foto: Noi donne)
Noi donne parla di aborto – L’importanza di essere ascoltate è un articolo di Elena Menghi. Clicca qui per altri articoli dell’autrice!