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Trump contro la teoria gender – L’unica strada è la resistenza

Trump gender

Fra i molti nemici che l’amministrazione Trump è riuscita a crearsi in appena tre mesi di governo, uno dei più pericolosi sembra essere la ‘teoria gender’ – l’espressione con cui il Tycoon e il suo staff indicano le istanze dei movimenti trans femministi e LGBTQIA+. Pertanto, il neoeletto Presidente ha firmato un numero record di ordini esecutivi che hanno come obiettivo la rimozione sistematica e istituzionale delle persone transgenderintersex e non binarie.


Il 20 gennaio 2025 Donald Trump giurava, per la seconda volta, come 47° Presidente degli Stati Uniti. All’indomani del suo insediamento il neoeletto capo di Stato ha firmato un numero record di ordini esecutivi che, in poche settimane, hanno sconvolto gli equilibri sociali e messo a repentaglio la sicurezza di diverse persone. Tra le comunità più colpite dalla frenesia esecutiva di Trump figura senza dubbio quella LGBTQIA+.

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Il presidente americano Trump con la bandiera LGBTQIA+ (Foto: Reuters via NBC News).

Nello specifico, svariati ordini esecutivi hanno avuto come obiettivo diretto le persone transgender, non binarie e intersex. I provvedimenti intendono obliare e disincentivare qualsiasi riferimento alla ‘teoria gender ’ che, per la nuova amministrazione, rappresenta un’ideologia pericolosa e radicale, che danneggia i diritti delle donne e priva quest’ultime della loro dignità. La politica radicale di Trump sembra voler cancellare, a tutti gli effetti, l’esistenza culturale e sociale delle identità queer.

La teoria gender è il nemico di Trump

L’obiettivo della nuova amministrazione è imporre la distinzione biologica dei sessi come l’unica realtà di fatto, incontrovertibile e scientificamente provata. Infatti, l’ordine esecutivo “Defending women from gender ideology extremism and restoring biological truth to the federal government” prescrive a tutte le agenzie governative di eliminare dai documenti ufficiali, dalle pratiche amministrative e dai regolamenti qualsiasi riferimento che promuova o assecondi l’ideologia di genere. Nel provvedimento figura una lunga lista di linee guida, redatte negli ultimi anni, che forniscono direttive essenziali per rispettare e limitare la discriminazione delle persone queer.

Tali protocolli verranno rimossi dai documenti delle agenzie federali perché considerati inconsistenti e discordanti rispetto alle richieste del nuovo Governo. Una sezione dell’ordine esecutivo riguarda la gestione delle istituzioni pubbliche: si dispone che si collochino le donne transgender nei penitenziari maschili, e che le scuole e i luoghi di lavoro non tutelino più le identità di genere in contrasto con la distinzione binaria uomo/donna.

Inoltre, verrà rimossa l’opzione del terzo genere dai documenti personali: un passo indietro rispetto allo storico provvedimento del 2021 dell’amministrazione Biden, che aveva inserito la casella ‘X’ nei passaporti. 

Trump contro le iniziative DEI

Al centro del mirino di Trump, che ha già provveduto a smantellare importanti agenzie come UsAid, ci sono soprattutto le iniziative DEI (Diverisity, Equity and Inclusion) che promuovono l’uguaglianza di trattamento e di opportunità negli ambienti di lavoro e nelle istituzioni pubbliche.

Infatti, poche settimane dopo il suo insediamento, le agenzie governative hanno ricevuto l’ordine di mettere in congedo retribuito il personale d’ufficio DEI, con l’intenzione di smantellare tutti i programmi che tutelano la diversità e l’inclusione nel settore pubblico e privato. Questa epurazione conferma le posizioni espresse dal Tycoon durante la campagna elettorale, in cui si era scagliato a più riprese contro le istanze inclusive dell’amministrazione Biden.

Nello specifico, l’ordine esecutivo “Ending illegal discrimination and restoring merit – based opportunity” definisce queste iniziative “illegali e discriminatorie”. Infatti, secondo Trump, dato che le leggi federali sui diritti civili tutelano a sufficienza i cittadini, imporre le politiche DEI significherebbe ricreare dinamiche di disparità e iniquità. Nel provvedimento il Presidente specifica che la politica della sua amministrazione promuoverà il merito, l’eccellenza e il duro lavoro.

A seguito dell’annuncio dell’ordine esecutivo i grandi capi delle multinazionali, primo fra tutti Bezos e Zuckerberg, protagonisti indiscussi della broligarchy di Trump, non hanno esitato a fare dietrofront e a porre fine ai loro programmi interni DEI. 

Un ordine esecutivo dopo l’altro

Il neoeletto Presidente si è scagliato in particolare contro le iniziative d’inclusione dell’esercito statunitense, firmando un ordine esecutivo che vieta l’assunzione e la presenza di persone transgender negli organi militari. Nel provvedimento, Trump scrive che “l’adozione di un’identità di genere incompatibile con il sesso di un individuo è in conflitto con l’impegno di un soldato verso uno stile di vita onorevole, veritiero e disciplinato, anche nella propria vita personale”.

Similmente, un’altra disposizione impedisce alle ragazze transgender di partecipare alle competizioni sportive femminili nelle scuole e nelle università, per tutelare la sicurezza, la dignità e le opportunità delle atlete donne.

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Trump firma l’ordine che vieta alle atlete transegender di partecipare a sport femminili (Foto: Getty Images via New Hampshire Bullettin).

L’ ordine si appella al titolo IX, ovvero la legge federale che vieta la discriminazione sessuale nelle scuole, e sostiene che l’inclusione delle atlete transgender negli sport femminili comporta una sua chiara contravvenzione. Le pene in caso di trasgressione sono severe: Trump minaccia di revocare i finanziamenti federali a scuole e università che consentiranno la partecipazione delle atele transgender e di intentare serie azioni legali.

Tra le misure che hanno fatto più discutere spicca quella che interdice la destinazione dei fondi governativi agli istituti che effettuano trattamenti di affermazione di genere sui minori. Il Tycoon ha definito queste pratiche mediche, facendo riferimento sia agli interventi chirurgici che alle terapie ormonali, come delle vere e proprie “mutilazioni chimiche” e “procedure distruttive di alterazione della vita”.

Censura e revisionismo storico: Trump contro la “teoria gender”

Oltre a ciò, è stato imposto ai CDC (Centers for Disease Control and Prevention) di ritirare tutti gli articoli scientifici che contengono termini ritenuti non conformi alle linee guida del nuovo Governo. D’ora in poi, parole come ‘transgender’ e ‘non binario’ non potranno più apparire nelle pubblicazioni.

Il CDC ha provveduto subito ad adattare il proprio sito alle nuove disposizioni, con la conseguente rimozione di tutte le pagine web contenenti informazioni essenziali e statistiche su HIV e AIDS. La censura operata dal Tycoon alla comunità scientifica è preoccupante, perché impone una presunta neutralità della ricerca che cancella l’esistenza dei corpi e delle identità non conformi.

A tal proposito, il New York Times ha pubblicato di recente una lista contenente tutti termini che l’amministrazione Trump ha raccomandato di rimuovere dalle pubblicazioni accademiche e dai siti internet delle istituzioni pubbliche.

In modi più o meno espliciti queste disposizioni stanno avviando una vera e propria cancel culture nei confronti di tutti quei termini appartenenti alla cultura woke.

Come è facile intuire, nella lista è incluso tutto il vocabolario di riferimento delle teorie di genere, delle comunità queer e razzializzate, e dell’attivismo ambientale.

Un revisionismo simile è quello che ha colpito lo Stonewall National Monument che, per volere del National Park Service, ha rimosso dal suo sito internet qualsiasi riferimento alle persone transgender, compresa la lettera ‘T’ dalla sigla LGBTQIA+.

trump gender
La lista pubblicata dal New York Times.

La comunità transè rimasta indignata e ha risposto con numerose proteste e richieste di giustizia: Carla Smith, CEO del NYC Lgbt Community Center, ha parlato di un “affronto alla comunità intera” e ha rivendicato l’utilizzo di un “linguaggio accurato e inclusivo”. L’intento di Trump è particolarmente pericoloso: si prova a riscrivere la storia, imponendo un’ideologia che invisibilizza l’azione storica e la dignità socioculturale della comunità transgender.

La parola: un dispositivo di potere

Gli ordini esecutivi, sebbene siano dei provvedimenti che hanno effetto immediato, spesso incorrono in pregiudizi di incostituzionalità o sono fermati dalla magistratura. Questo è il caso della direttiva che esclude le persone transgender dal servizio militare, bloccato qualche settimana fa dal giudice federale Ana Reyes.

Il processo è stato aperto dopo che diversi militari transgender hanno intentato delle cause a seguito della loro epurazione. La magistrata, prima donna ispanica e apertamente LGBTQIA+ a essere nominata giudice distrettuale a Washington, ha annullato il divieto di Trump poiché viola il Quinto Emendamento ed è fondato su considerazioni offensive e discriminatorie. Molti sono fiduciosi e ritengono che, quando si accumuleranno i ricorsi, toccherà la stessa sorte ad altre disposizioni firmate dal Presidente.

Tuttavia, gli ordini esecutivi sono, prima di tutto, un potente dispositivo narrativo utilizzato per tracciare le linee guida della nuova amministrazione e per affermare con forza i propri intenti politici. Dunque, oltre alla loro messa in pratica effettiva, ciò che preoccupa è l’impatto che queste disposizioni hanno avuto sull’opinione pubblica. I provvedimenti di Trump hanno di fatto incentivato, e in alcuni casi legalizzato, la violenza istituzionale e sociale contro le persone transgender, non binarie e intersex.

I suoi ordini non hanno un mero intento esecutivo, ma mirano a segnare i limiti di chi si può essere, di cosa si può dire e di ciò per cui si può lottare. Il focus che i decreti di Trump hanno sui termini e le definizioni svela il loro intento normativo e la volontà di utilizzare la parola come strumento di potere e controllo dei corpi. 

Le pratiche di resistenza

Le vite e i diritti di queste persone sono state utilizzate come espediente per affermare con forza la supremazia bianca ed etero-patriarcale del nuovo governo USA. A tal proposito, Paul Preciado, filosofo e scrittore spagnolo, in un articolo pubblicato sul giornale francese Libération, sostiene che Trump sta utilizzando le persone transgender come “bandiera politico-sessuale di una crociata contro-rivoluzionaria più ampia”.

Proseguendo, il filosofo denuncia la violenza amministrativa a cui la comunità queer è sottoposta e sottolinea che “le persone trans sono i soggetti subalterni più visibili di una ‘guerra somato-politica’ finalizzata a definire quali saranno i nuovi corpi sovrani e come questi avranno accesso alla produzione di valore, di verità e di piacere”.

Dunque, oggi più che mai è urgente avviare pratiche di resistenza culturale e di militanza che si oppongano all’avanzamento dell’ideologia tecno-fascista dell’amministrazione Trump. Quando il supporto delle istituzioni è inesistente e persino le tenui iniziative di tutela o sostegno sono interdette, l’unica strada percorribile è quella della coesione sociale e dell’opposizione dal basso.

A tal proposito, lo scorso mese migliaia di cortei si sono mobilitati in tutti gli stati USA: si protesta contro i dazi, le politiche anti-immigrazione e le istanze transfobiche del nuovo Governo.

A organizzare le manifestazioni l’unione di diversi movimenti che, utilizzando lo slogan Hand Off!, sono scesi in piazza chiedendo di mettere giù le mani dalla democrazia, dallo stato sociale e dalle comunità. La mobilitazione è stata sorprendente.

Manifestazione “Hands off ”, 5 aprile 2025, New York (Foto: Getty Images via Newsweek).

Sabato 5 aprile si sono tenuti cortei in più di 1.400 città degli Stati Uniti, e anche in alcune località internazionali. Per le strade ci si scaglia contro l’amministrazione Trump, ma anche contro il Partito Democratico, che non sembra essere un’alternativa valida e la cui azione politica è inconsistente. 

Inoltre, negli ultimi giorni centinata di università e college statunitensi si sono schierati apertamente contro le misure del neoeletto Presidente, firmando una lettera congiunta in cui denunciano l’“ingerenza politica” dell’amministrazione nel sistema educativo. Ad accendere la miccia è stata l’Università di Harvard che ha fatto causa al Governo in seguito alla sospensione di 2,2 miliardi di dollari di finanziamenti federali.

Da tempo lo storico Ateneo era nel mirino di Trump con l’accusa di non aver fermato le proteste pro-Palestina e dunque di aver promosso l’antisemitismo al suo interno. Il presidente dell’Università Alan Garber, in una lettera indirizzata a studenti e insegnanti, ha specificato che Harvard non si piegherà alle richieste del nuovo Presidente e non rinuncerà alla sua indipendenza.

Manifestazione pro Palestina all’Università di Harvard. (Foto: Getty Images via Wired).

La reazione è stata tempestiva: la coalizione delle altre università ha rivelato la loro determinazione nel non soccombere alla coercizione del Governo e ha rivendicato l’autonomia di pensiero e la libertà di espressione come valori fondanti di questi istituti. Pertanto, a differenza della paralisi politica dell’opposizione, queste mobilitazioni hanno dimostrato che il dissenso negli USA esiste ed è pronto a farsi sentire.

Alice La Morella

(In copertina, foto di una manifestazione alla Casa Bianca. Foto: Mladen Antonov/AFP/Getty Images via npr).

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