
1994: la guerra nei Balcani è scoppiata da tre anni, profughi dall’ex Unione Sovietica si riversano nei pressi di Ostia, Kurt Cobain si è tolto la vita, iniziano i mondiali di calcio. “Mentre tutto brucia” (Nutrimenti, 2025) cala in questo contesto le vite di Bea e Kamil, che vanno a fuoco sotto il sole cocente di Ostia. Paulina Spiechowicz con il suo primo romanzo ci consegna una storia dalla potenza devastante.
Un senso di vuoto vertiginoso
Tutto brucia in questa storia. La guerra in Ruanda che suona in sottofondo al Tg e la guerra nei Balcani. La rabbia che i ragazzi hanno dentro e che sfogano in scontri fra “branchi” rivali, consumandoli lentamente come fiammiferi.
La storia stessa è chiusa tra due fuochi: si apre con l’incendio del campo profughi di Castel Fusone e nel medesimo modo si chiude. È lo stesso in cui Paulina Spiechowicz ha vissuto da bambina, dopo aver lasciato Cracovia. Ma il romanzo si apre e si chiude anche con l’aggressività che Kamil cerca di sedare, e che è pericolosa quanto una roulette russa.
Due fuochi sono anche Witold e Viola, l’uno un padre rigido e intransigente, l’altra una madre instabile, una bambina dalle ferite aperte. E Bea e Kamil passano dalle mani dell’uno a quelle dell’altra, da un focolare ad un altro, ma nessuno dei due è completamente casa. Un po’ come per l’autrice, che per molto tempo si è sentita a metà: non completamente italiana, non completamente polacca.

A essere educata coi princìpi sovietici che il padre le aveva inculcato, si finiva col voler essere pericolosa, si finiva con l’odiare le lacrime.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 50).
Rispediti a Ostia dopo un anno passato in Polonia con la nuova famiglia del padre, i fratelli tornano sotto la custodia della madre, nonostante l’incidente dell’anno prima. Kamil è entusiasta, la madre lo ama – in modo morboso – sicuramente più di quanto ami Bea. Kamil ritroverà il suo “branco”, Bea invece dovrà rifare tutto daccapo. Ma per entrambi sarà un nuovo inizio, perché la vita fino ad allora li ha resi diversi, più arrabbiati, più soli, più indipendenti.
Dietro le sue palpebre non c’era più il mare, nessuna soglia magnetica, nessun appiglio, contatto, frontiera.
Solo il vuoto. Un senso di vuoto vertiginoso, che aumentava. Che s’impossessava dello spazio. Delle particelle.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 222).
Odi et amo
Per i personaggi di Mentre tutto brucia il limite fra amore e violenza è confuso. Hanno genitori che non li vedono, o che li vedono troppo, o che sono troppo impegnati a fare loro stessi i figli. E così i ragazzi hanno imparato da soli, a suon di legge della strada e di batoste, a tracciare una linea – anche se labile, trasparente – tra ciò che sanno essere la violenza e ciò che credono sia l’amore.
Adolescenti che finiscono per cercare fra i propri simili la figura che più gli ricorda un adulto, e che attraverso questa provano a nobilitarsi. Così fa Nico – del branco di Kamil e dalla fedina penale ‘sporca’ – con Bea: la mette su un piedistallo senza sapere che in realtà è ancora persa nel suo abisso personale, convinto che lei lo possa cambiare.
E così fa Bea con la nuova amica, la carismatica Ludo, e con Pawel, amore occasionale di Ludo, tanto irraggiungibili quanto incasinati, entrambi poètes maudits.
La sera li inghiottiva assieme alla carica notturna, ovunque voglia di vita e di deriva.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 73).


E la violenza è intesa anche verso il proprio corpo. Beatrice non può fare a meno di identificare il piacere con la violenza e lo cerca morbosamente, tra le mani di Nico, nei rasoi. La prima a vessarla è la stessa madre, che la vuole forse punire per la sua testimonianza al processo in seguito all’incidente.
E questo diventa abitudine, normalità, un meccanismo tossico di umiliazione che Bea mette in atto su di sé. Anche Kamil è attratto da ciò che ferisce, come le risse, le pistole, le relazioni impossibili. La violenza sembra l’unica cosa che accomuna la famiglia: per loro l’amore è una nocca insanguinata.
Capì che c’era qualcosa che per certo aveva ereditato da lei, e forse era proprio quella la cosa a cui era più affezionata: rispondere all’amore con la violenza.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 166).
Aperta parentesi
Mentre tutto brucia è un libro dalla potenza devastante, dalla sensibilità profonda, pur essendo la prima opera di Spiechowicz. Un primo romanzo in cui alcune parentesi sono aperte e magari non chiuse, che sarebbe stato interessante approfondire, ma che forse è meglio se rimangono tali.
Come la situazione psicologica di Viola. L’incidente, come viene chiamato, ha sconvolto le vite della famiglia intera, e la psicoterapeuta accenna a traumi che provengono dai genitori di Viola, ma di cui non si fa più menzione. Tuttavia, i traumi spesso si presentano sottoforma di fantasmi fuggevoli: una macchia che è presente ma non è chiara del tutto, e forse è così che Spiechowicz vuole rimangano anche per noi.

Anche il padre Witold è poco indagato, sembra essere presente solo come ombra incombente. Come una voce che fuoriesce dal telefono, come educatore siberiano, come uomo con una precisa morale – e allo stesso tempo figura fondamentale per comprendere la fisionomia della famiglia intera.
Viola stravagante, eccessiva, chiassosa, irrefrenabile. Nel suo mondo l’austerità e lo stacanovismo diventavano valori inutili […]. Witold freddo, introverso, ragionevole […]. Non c’era posto per lo spreco, per il divertimento; il tempo libero doveva essere occupato da mansioni utili.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 69).
Per ultimo, il rapporto tra Bea e Chiara, la sua ex migliore amica, fino all’estate precedente. Un’amicizia in cui Chiara è leader ma prevaricatrice e Bea si eclissa. Anche nel successivo legame con Ludo, Bea si lascia guidare, ma non ne è schiacciata. In amicizia, le rotture creano importanti traumi emotivi, e Bea va sempre più incontro a una liberazione che la porterà a una grande consapevolezza e crescita emotiva.
Lei che aveva soffocato migliaia di singhiozzi, questa volta li lasciò esondare. Ebbe bisogno di qualche minuto per capire che non stava andando in frantumi, che la sua fragilità non l’aveva tradita. Le sue erano lacrime di gioia, lacrime di liberazione. Stava ridendo.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 192).
Bruciare le tappe
Ostia d’estate è una fornace e dalle pagine sembra arrivare la stessa afa che respirano i ragazzi, come avendo i piedi nudi piantati sul cemento di agosto. Si può percepire il calore del sellino di un motorino, la sabbia rovente, il sale del mare arenato sulle cosce, i capelli appiccicati sul collo.
È un calore che dà claustrofobia. La stessa sensazione che devono aver provato fratello e sorella una volta tornati in Italia, in una terra che gli appartiene per forza, o che non gli appartiene per niente. La stessa angoscia che devono aver provato a riabbracciare una madre instabile e in terapia; a ritrovare amicizie antiche che chissà quanto sono cambiate e chissà se li riaccoglieranno come prima; a imparare a convivere con un nuovo corpo, una nuova età, nuove paure, nuovi piaceri.


Intuiva che ogni cellula del suo corpo era dotata di memoria, e in ognuna di esse stava annidato del dolore. Era arrivato il momento di guarire il suo corpo dalla violenza – di sua madre, quella che lei stessa si era inflitta con Nico.
Paulina Spiechowicz, Mentre tutto brucia (p. 226).
Ma Mentre tutto brucia, alla fine, vuole soffermarsi sul vuoto identitario di cui soffrono dei ragazzi che non hanno radici. Tutto deve accadere molto velocemente, nel giro di quell’estate, perché Kamil ha quasi diciott’anni e presto deve decidere che ne sarà di lui, e la sorella di conseguenza. E i due fratelli bruciano tutte le tappe in fretta: il sesso, la droga, l’odio, l’amore, la violenza. Ma anche la libertà, quella data dalle non-regole della famiglia e di Ostia.
Eppure, mentre Kamil ha già un’idea di cosa vuole essere – italiano, rispettato all’interno del suo branco, uomo forte, protettivo – Bea è allo sbando, e proprio questo le donerà la leggerezza necessaria per sperimentare e infine evolversi.
Tuttavia, il romanzo ci lascia con un’incognita, perché sul finale accade un grosso stravolgimento che ci porta a chiederci: e adesso? Tutti i cambiamenti e la crescita che questa estate romana ha portato avranno i loro frutti? Oppure quest’ultimo tragico gesto manderà tutto in fumo?
Blu Di Marco
(In copertina Ana Garnica da Unsplash; nell’articolo immagini di Cecilia Settimi da Unsplash)
La recensione di “Mentre tutto brucia” di Paulina Spiechowicz è realizzata in collaborazione con la casa editrice Nutrimenti: