CronacaCultura

Educazione sessuale a scuola: perché l’Italia è ancora così indietro?

Educazione sessuale scuola

In seguito ai recenti casi di femminicidio di Ilaria Sula e Sara Campanella, è utile fare il punto sui provvedimenti presi dallo Stato italiano per contrastare la violenza di genere. Il Governo è intervenuto sul piano legislativo, ma non ha concesso alla prevenzione e all’educazione la rilevanza che meritano: contrariamente a quanto accade nel resto d’Europa, l’Italia continua a non inserire l’educazione sessuale tra le materie obbligatorie a scuola.


Riesci a ricordare che cosa stavi facendo la sera del 25 marzo?

Probabilmente cenavi, guardavi un film, eri a fare una passeggiata o in palestra; Ilaria Sula, invece, quella sera veniva uccisa dal suo ex ragazzo, che avrebbe poco dopo messo il suo corpo in una valigia, per poi trasportarlo nella periferia di Roma e abbandonarlo in una discarica. 

La stessa domanda potrebbe essere ripetuta anche per il 9, il 16 e il 17 di aprile, poi per il 31, il 26, il 21 e il 13 di marzo, ma anche per il 17, il 9 e l’8 di febbraio, e, nel mese di gennaio, per il 24, il 14 e il 5. In ognuno di questi 14 giorni dall’inizio del 2025, un uomo in Italia ha compiuto “l’uccisione diretta o provocata, l’eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”, ossia un femminicidio

Il termine ricompare periodicamente sulle pagine di giornale, nei notiziari, sui social, nei film o nelle serie TV; col passare del tempo cresce la determinazione nel contrastare la violenza di genere, come anche aumentano gli studi, le manifestazioni, i dibattiti… eppure, la situazione non sembra cambiare, l’indignazione permane e continua a ripresentarsi la stessa domanda: come cambiare le cose

Prevenire è meglio che curare

In data 7 marzo 2025, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che rende il femminicidio un reato autonomo rispetto all’omicidio e che, di conseguenza, prevede una serie di aggravanti, delle maggiori tutele per le vittime e la formazione obbligatoria per i magistrati. Si tratta di un primo passo necessario per cambiare le cose: riconoscere legislativamente il fenomeno, affermarne l’esistenza e, soprattutto, agire in maniera mirata per punirlo. 

Il passo successivo per favorire un cambiamento è la prevenzione, che trova nell’educazione il suo strumento principale: che si parli di educazione all’affettività, al consenso o alla sessualità, ciò che conta è aiutare i più giovani a informarsi correttamente e a prendere atto della cultura patriarcale in cui siamo immersi, così da poterla decostruire e sostituire con una paritaria. 

Il nostro ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sceglie di chiamarla ‘educazione civica’ – forse per paura di pronunciare la parola ‘sessuale’? – e sostiene che tra gli obiettivi di apprendimento di questa materia ci sia anche “l’educazione al rispetto verso le donne”.

Inoltre, le nuove Indicazioni nazionali del 2025 promettono lo sviluppo “sani anticorpi di contrasto di quella triste patologia che è la violenza di genere” e puntano alla “costruzione di un nuovo patto fra i sessi”.

Giuseppe Valditara educazione sessuale scuola.
Giuseppe Valditara (fonte: ANSA).

In realtà, leggendo le nuove linee guida, non ritroviamo delle precise indicazioni a riguardo: sembra che la questione sia talmente trasversale a tutti i curricula da non apparire mai in modo tangibile, se non in minimi richiami.

Un’iniziativa concreta e interessante, proposta dall’esponente di +Europa Riccardo Magi, era stata approvata a dicembre 2024 e prevedeva l’investimento di mezzo milione di euro per finanziare interventi educativi relativi a questioni di salute sessuale ed educazione all’affettività, rivolti agli studenti e alle studentesse della scuola secondaria

È bastato poco più di un mese per ribaltare totalmente lo scopo dell’investimento: a causa della dura opposizione della ONLUS Pro-vita & Famiglia, quei fondi saranno destinati a istruire gli insegnanti delle scuole in materia di infertilità femminile e maschile, in particolare per quanto riguarda la sua prevenzione.

Mentre l’Europa educa…

Per trovare validi esempi da seguire, basterebbe gettare uno sguardo al contesto europeo, dove, già dal 2013, l’Unione Europea ha individuato politiche per l’educazione sessuale a scuola da realizzare in tutti i Paesi membri. 

Lo standard da seguire è definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e da altre agenzie delle Nazioni Unite, ma le scelte pratiche sono affidate ai singoli Stati, dando così vita a un panorama molto variegato. Vediamo, infatti, che solo in 19 Paesi su 27 l’educazione sessuale è obbligatoria e non per tutti sono uguali l’età in cui ha inizio, i contenuti del corso e le modalità con cui si affrontano i vari argomenti. 

L’esempio considerato migliore dall’UE è quello dell’Austria, Paese in cui l’educazione sessuale a scuola è obbligatoria dal 1970 e dove le linee guida della materia sono stabilite dal Ministero dell’Istruzione.

Educazione sessuale scuole Will Media
Fonte: Will Media.

Un punto di forza dell’educazione sessuale austriaca è il suo carattere ‘olistico’, cioè totalizzante, che abbraccia non solo la sfera biologica, ma anche quella sentimentale, emotiva e relazionale. 

Questo dovrebbe essere l’obiettivo – o, meglio, lo strumento – che ci permetterebbe di raggiungere traguardi importanti nella lotta all’eliminazione della violenza di genere: un corso di educazione sessualeaffettiva e soprattutto al consenso tenuto da personale specializzato, coordinato dallo Stato, che si espanda su tutto il territorio italiano e che rispetti obblighi e linee guida istituite direttamente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. 

Il corso deve, per avere effetto, essere ‘olistico’: trattare le questioni biologiche legate alla sessualità, alle malattie sessualmente trasmissibili e alla gravidanza, ma anche coprire la sfera dell’affettività e delle relazioni, insegnando fin dalla prima infanzia il concetto di consenso, di coscienza di sé e di relazione con l’altro, per poi svilupparlo in maniera sempre più complessa, integrando le questioni riguardanti l’orientamento sessuale, l’identità e le disparità di genere e quindi anche la violenza

…intanto l’Italia tace

Dal momento che in Italia non è presente un intervento coordinato dallo Stato, quello che si verifica è un’informazione tramite canali secondari. In primo luogo i social media, dove si espongono esperti in materia ma anche persone che non hanno sufficienti competenze. In secondo luogo i collettivi, femministi ma non solo, che propongono iniziative all’insegna dell’educazione e della consapevolezza.

Infine, è fondamentale il ruolo dei centri antiviolenza, degli sportelli di ascolto, dei consultori e di altre istituzioni simili. Tutte queste realtà sono assolutamente necessarie, ma non potranno mai avere la stessa autorevolezza che avrebbe un intervento statale. 

In questa dinamica si riflette un elemento ricorrente della società contemporanea: a parlare con maggiore determinazione delle disuguaglianze sociali – siano esse legate al genere, all’orientamento sessuale, alla razza o alla disabilità – sono spesso le persone direttamente coinvolte

È per questo motivo che, nei casi di femminicidio, a prendere posizione in modo deciso contro la violenza di genere sono spesso familiari o amici delle vittime

Un esempio è quanto accaduto nel novembre del 2023, in seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin quando sua sorella Elena e suo padre Gino sono stati costretti a esporsi pubblicamente, per colmare il silenzio delle istituzioni riguardo l’urgenza di contrastare la violenza di genere. 

Gino Cecchettin nello studio di Che tempo che fa; educazione sessuale scuola
Gino Cecchettin nello studio di Che tempo che fa (fonte: Claudio Furlan/La Presse).

Non possiamo continuare a pretendere che i familiari delle vittime, mentre affrontano un lutto, spendano parole per educare le persone: è un compito che spetta a chi ne ha le competenze, che si tratti di pedagogisti, psicoterapeuti, giuristi o altre figure professionali, a seconda del contesto. 

Ancora una volta, l’Italia si dimostra un Paese culturalmente arretrato rispetto al resto d’Europa, frenato da tabù sociali e da una radicata resistenza al cambiamento. La speranza risiede nelle generazioni più giovani: a loro il compito di rivendicare il diritto all’educazione, alla conoscenza e, soprattutto, a una società paritaria. 

Per approfondire il tema, il dialogo tra Maura Gancitano a Sara Nizza, a partire dal libro Erotica dei sentimenti (Einaudi, 2024).

Irene Iovine

(In copertina Asa Butterfield ed Emma Mackey nella serie TV Sex Education; foto: Eleven Film/Netflix)


Per approfondire: leggi gli altri articoli della sezione Quello che sappiamo sull’amore di Giovani Reporter.

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