
Manuela Nicolosi, una delle arbitre italiane più conosciute al mondo, ha da poco pubblicato il libro “Decido io” (ROI Edizioni, 2024), in cui racconta la propria carriera tra sogni, sacrifici e ingiustizie. La sua, è una storia di emancipazione femminile in uno sport considerato ancora ‘da maschi’. L’autrice però ci dimostra che l’impegno e la determinazione superano persino le discriminazioni.
L’arbitro è colui o colei che dirige una competizione sportiva, occupandosi di garantire il regolare svolgimento della stessa, attraverso l’applicazione dei regolamenti della disciplina sportiva.
Atlante delle professioni
In Decido io, l’autrice racconta la sua vita, privata e lavorativa, ‘decidendo’ sempre la strada che l’ha portata a soddisfare il suo desiderio più grande: arbitrare una finale di Coppa del Mondo.
Manuela Nicolosi è l’arbitra italiana di maggior successo: ha fatto parte della prima terna arbitrale femminile ad arbitrare una finale europea maschile, la Supercoppa tra Liverpool e Chelsea nel 2019; è stata la prima italiana in una finale del Mondiale femminile nello stesso anno; ha preso parte alla squadra arbitrale anche nelle Olimpiadi di Rio 2016 e Tokyo 2020, e in altre innumerevoli competizioni FIFA.

Dalla prima volta allo stadio al sogno di diventare una calciatrice
Il sogno di Manuela inizia da bambina, quando frequenta lo Stadio Olimpico con la sua famiglia per seguire le partite della Lazio. Non conosce le regole, ma vede le persone urlare, esultare e piangere, tutte infiammate da una passione travolgente, e capisce che, per lei, il calcio è molto più di 22 giocatori che inseguono un pallone.
Voglio farlo anch’io. Voglio suscitare le stesse emozioni nelle persone!
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 17)
Manuela ha ormai deciso: vuole diventare una calciatrice e non intende fare un passo indietro. Eppure deve scontrarsi con il pensiero contrastante del padre e con un mondo che, oggi come allora, non apre le porte al genere femminile.
Mio fratello giocava. Perché io non potevo? La risposta […] si riassumeva in tre parole chiave: «Sei una femmina».
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 20)
La sua strada, però, è tracciata. Forse il destino, o semplicemente la fortuna, interviene. Suo zio, Pino, era un arbitro e di conseguenza il figlio, Stefano, aveva ereditato la passione per il fischietto e i cartellini. È proprio quest’ultimo a far conoscere il mondo dell’arbitraggio a Manuela.
Gettare la spugna?
Nel 1995, all’età di 15 anni, Nicolosi si iscrive al corso organizzato dall’AIA (Associazione Italiana Arbitri) presso la sezione Roma 1e inizia la sua carriera da arbitra, prima con i ragazzini, poi a livello regionale. Nonostante i timori iniziali, il talento di Nicolosi viene fuori: lo studio meticoloso le consente di applicare il regolamento alla lettera, e una vista da falco in aggiunta a una condizione fisica adeguata le permettono di eccellere nella direzione di gara.
Ho imparato che se il tuo sogno non è abbastanza grande da spaventarti, ti stai accontentando di standard troppo bassi. Il potenziale che ognuno di noi ha dentro di sé è molto più grande di quanto pensiamo!
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 37)
La vita da arbitro è dura. La foga – spesso maleducazione o pazzia – dei tifosi è esagerata, tanto da arrivare a pesanti insulti o addirittura alla violenza fisica. Nicolosi stessa, in un’intervista a Radio Deejay, ha raccontato: “Io tre volte ho dovuto chiamare i Carabinieri per uscire dallo stadio. Una volta perché era una finale di Juniores provinciali, e i genitori mi hanno minacciata di morte […]. Altre due volte non mi hanno fatto uscire perché mi battevano contro lo spogliatoio dicendo: «Esci che ti ammazziamo»”.
Nonostante scali velocemente le gerarchie, Nicolosi si ritrova ben presto ad affrontare un periodo molto difficile: la morte del padre e un ambiente calcistico troppo ostico nei confronti del genere femminile la portano così ad allontanarsi dal mondo del calcio.
L’arbitra abbandona il suo sogno e va in Erasmus in Francia, ottenendo una doppia laurea in economia aziendale. Inizia così una nuova vita, con un ruolo di rilievo in importanti aziende di caratura mondiale.
Calcio… Nostalgia canaglia
Dopo un intero anno ferma, Manuela non può più resistere senza il calcio. Si sente spenta, appesantita e soprattutto triste.
Il calcio mi mancava: la sensazione di correre sull’erba, la passione e la grinta che ogni partita evocava in me […]. Dovevo tornare a prendere le mie decisioni e non mi importava quanto mi sarebbero costate. Mi ero trascurata per troppo tempo.
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 58s.)
Torna ad arbitrare in Francia, prima in Promozione, poi in Eccellenza. Ha tutte le carte in regola per diventare una professionista, ma per accedere al livello successivo (Serie D maschile e Serie A femminile) è necessario un test, che Manuela non riesce a superare.
La sua amica Stéphanie Frappart, invece, è promossa, ma per l’autrice è solo un motivo in più per riprovarci.
Il ruolo di assistente arbitro
Nicolosi inizia a viaggiare per tutta la Francia, ogni domenica ‘fischia’ in un angolo diverso del Paese, mentre il resto della settimana lavora in azienda. Dopo due anni, viene eletta come miglior arbitro della lega.
Poi, arriva la grande occasione: viene contattata in una competizione internazionale nel ruolo di assistente arbitro – il cosiddetto ‘guardalinee’ – e la sua vita cambia completamente.
Il ruolo di assistente era complicato. Dovevo correre lunga la linea laterale mantenendo sempre lo sguardo fisso sul campo pronta ad alzare la bandierina […]. Nonostante tutto, arbitrare era la mia passione. E quando segui la tua passione sei felice. Io lo ero.
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 86s.)
Il ‘difetto’ di essere donna in un mondo maschilista
“L’ossessione batte il talento, lo batterà sempre” dice l’attore Adam Sandler nei panni di un talent scout nel film Hustle. Nicolosi ne è forse l’esempio più eclatante. Il suo talento è grande, ma sembra non bastare per il mondo del calcio. Allora? Allora serve l’ossessione.

Manuela riceve il tesserino da assistente internazionale, è felice come una bambina il giorno di Natale, ma una frase del responsabile della Federazione la gela: “Ok, adesso niente figli per cinque anni” (p. 89).
Manuela è incredula: non accetta che una decisione così importante e personale debba essere imposta da qualcuno che non sia lei. Il suo desiderio di maternità è grande, e nel giro di poco rimane incinta.
La gravidanza blocca la sua carriera, la Federazione francese la abbandona. Manuela deve iniziare tutto da capo. Dopo un anno intero tenta i test per accedere alla Serie C maschile, ma fallisce. Ci riprova due, tre, quattro volte, ma l’esito è sempre lo stesso. Il motivo del suo fallimento? Essere donna.
Un osservatore ha deciso di bocciarla solo in quanto donna; un altro per via della coda bionda, a sua detta ‘troppo visibile’; l’ultimo ha ammesso che non aveva apprezzato il suo carattere. Sembra la fine.
La svolta
Quando Nicolosi sta per perdere ogni speranza di successo, arriva la svolta: la FIFA ha bisogno di un assistente arbitro per una competizione internazionale in Portogallo. Manuela non esita un istante.
Le sue ottime prestazioni internazionali la portano a ottenere un posto nel Campionato del Mondo U20 nel 2014, e poi nelle Olimpiadi giovanili in Cina nello stesso anno. Il suo talento è visibile a tutti. La sua notorietà aumenta, e riesce a farsi selezionare per il Mondiale femminile del 2015.
A questo punto la Federazione francese non può più far finta di nulla. Nicolosi merita di arbitrare in Serie C maschile e al quinto tentativo viene promossa senza nemmeno svolgere il test scritto, ma solo quello atletico. L’ossessione batte il talento, e Manuela li ha entrambi.
Decido io – Il sogno nel cassetto
Nicolosi si toglie grandi soddisfazioni: oltre alle esperienze appena citate, prende parte alle Olimpiadi di Rio 2016, agli Europei femminili dell’anno successivo e sfiora più volte la Serie B maschile.
Eppure, ancora una volta, qualcuno tenta di mettersi tra lei e il suo sogno. Il capo della sua azienda la mette davanti a una scelta: il lavoro o l’arbitraggio.
Se ora avessi abbandonato, avrei tradito due persone in una volta sola: la donna di oggi e la bambina di ieri […]. Ero rimasta l’unica a credere nei miei sogni.
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 136)
L’occasione per non rimpiangere questa decisione si presenta subito: il Mondiale U20 2018, in Francia. In queste competizioni, il cammino degli arbitri, per chi non lo sapesse, è sempre legato, oltre che alle proprie prestazioni, a quello della nazionale rappresentata.
Manuela, con la sua terna arbitrale composta da Stéphanie Frappart e Michelle O’Neill, non avrebbe potuto mai presenziare la finale nel caso in cui ci fosse stata la Francia.
Questa sfortunata ipotesi sembra concretizzarsi sempre di più. Les Blues arrivano in semifinale contro una meno quotata Spagna, tutto dipende da questo match. La tensione per Manuela è alle stelle. È ad un passo dal realizzare il sogno di arbitrare una finale di Coppa del Mondo. Contro tutti i pronostici le Furie Rosse hanno la meglio, e la Francia è eliminata. Il trio Frappart, Nicolosi e O’Neill dirige così l’atto conclusivo di un Mondiale.
Mia madre mi fissava dagli spalti con il cuore in gola. C’ero. Ero lì dove avevo sperato così tanto di arrivare. Era così fiera di me.
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 141)
Il meglio deve ancora venire
Il sogno si era realizzato, ma il destino prevede ancora ‘grandi cose’ per lei. Quando la carriera di Manuela sembra indirizzata verso il successo, nel calcio viene introdotto il VAR, e l’arbitraggio subisce una vera e propria rivoluzione.
Con la nuova tecnologia, anche Nicolosi deve ben presto adeguarsi per essere pronta al Mondiale femminile, ma non è un problema. Accompagnata dal pianto di gioia della madre e del fratello, conduce un’altra finale insieme alla sua terna arbitrale.
Solamente dieci giorni più tardi, una videochiamata da Stéphanie interrompe la sua vacanza. “Non prendere impegni per agosto, abbiamo una partita” (p. 161). Ad agosto non si gioca, l’unica competizione è la Supercoppa europea maschile. Sembra impossibile, eppure è vero.

“Liverpool-Chelsea, che primato: finale diretta da un arbitro donna” titola la Gazzetta; “Supercoppa europea, rivoluzione Uefa: dirige arbitro donna” scrive il Corriere dello Sport. Manuela, Stéphanie e Michelle sono le prime arbitre di una finale internazionale maschile.
Stiamo aprendo la strada alle colleghe che ci seguiranno in futuro. Stiamo scrivendo la storia del calcio. L’impossibile è diventato realtà.
Manuela Nicolosi, Decido io (p. 15)
Il futuro di Manuela

La Supercoppa ha rappresentato l’apice della carriera di Nicolosi, che in seguito ha arbitrato anche in Ligue 1– la prima lega francese – e alle Olimpiadi di Tokyo.
Da questa stagione è diventata talent arbitrale per DAZN e analizza i casi più importanti da moviola nel live e post-partita.
In un’intervista a SpsItalia dà alcuni consigli alle donne che vogliono intraprendere questa strada: “Credete in voi stesse, preparatevi adeguatamente e siate perseveranti”.
Manuela lascia il lettore con un messaggio chiaro, che si evince già dal titolo del libro: ognuno è artefice del proprio destino. Anche io voglio lanciarne uno e sfrutto proprio le parole dell’autrice, scritte in occasione della fatidica decisione tra lavoro e arbitraggio, per farlo.
“Tirai fuori dal portafoglio una foto di me piccolina, allo stadio con i miei, papà, mamma e fratello, sorridenti a condividere la stessa passione. Questa è la mia passione, questo è il mio sogno.” (pag. 102). Cari lettori, inseguite sempre i vostri sogni.
Mattia Pallotta
(In copertina foto da Repubblica)
“Decido io” – la vita di un’arbitra raccontata da Manuela Nicolosi è un articolo di Mattia Pallotta. Clicca qui per altri articoli dell’autore!