
Uscito alla fine dell’anno scorso, attesissimo agli Oscar e già premiato con numerosi altri riconoscimenti, l’ultimo film di Berger ci porta nelle oscure e impenetrabili stanze del Vaticano per assistere a un evento di portata storica: l’elezione del nuovo papa.
Requiem
Si sa, morto un papa se ne fa un altro. È così che inizia l’ultima pellicola di Edward Berger, che ci conduce alle soglie della Cappella Sistina dove i cardinali di tutto il mondo si riuniscono per eleggere un successore al pontefice deceduto. A guidare il rito, il decano Thomas Lawrence (Ralph Fiennes), che tutto vorrebbe meno che svolgere quel compito, vista anche la profonda crisi di fede in cui è caduto.
Tra i candidati papabili vi sono il liberale Bellini (Stanley Tucci), i conservatori Tremblay (John Lithgow) e Adeyemi (Lucian Msamati) e il tradizionalista Tedesco (Sergio Castellitto).
Ma quella che dovrebbe essere una procedura formale e solenne, atta a concretizzare la volontà di Dio, si rivela una torbida spirale di inganni e tradimenti in cui ognuno punta solo al proprio interesse.
L’inaspettato arrivo di un ulteriore cardinale, Benitez (Carlos Diez), creato in segreto dal papa, diventa un ulteriore motivo di preoccupazione per Lawrence, il quale si accorge ben presto che, più che una chiamata divina, il conclave è una guerra terrena.

Angeli e demoni
Il protagonista della pellicola è proprio Thomas Lawrence, suo malgrado chiamato a guidare il conclave in quanto cardinale decano, uomo di fiducia del precedente pontefice, ora afflitto da dubbi e incertezze riguardo la propria fede. Però, quando una voce dissemina dubbi riguardo la fedeltà di alcuni cardinali, Lawrence si vede costretto a essere non solo una semplice guida, ma un vero e proprio investigatore.
Addossandosi la responsabilità del conclave, Lawrence decide anche di indagare cosa si nasconde dietro i volti serafici e benigni dei porporati, perché nelle oscure stanze dello stato più piccolo del mondo si formano e si disgregano le alleanze, si vendono futuri incarichi in cambio di voti, si rimpiazzano candidati e si tenta di convincere gli indecisi.
I cardinali sono presentati come esseri umani come tutti gli altri, e prima ancora come peccatori. Non c’è nulla di quella santità e infallibilità che dovrebbe contraddistinguere chi succede al soglio di Pietro. Lussuria, avidità, ambizione, intolleranza sono solo alcune delle macchie nella loro carriera cristallina… anche un semplice dettaglio come quello del vizio continuo del fumo diventa sintomo del marciume che pervade l’istituzione.

Extra omnes
“Conclave” deriva dal latino cumclave, letteralmente chiuso a chiave. Il nome trae origine dall’elezione di Gregorio X nel 1270 che, essendo durata quasi 2 anni, spinse il popolo a segregare i cardinali in una stanza e a scoperchiare parte del tetto in modo da accelerare le votazioni. Da allora, ogni qualvolta si debba scegliere il successore al soglio di Pietro, i cardinali elettori vengono rinchiusi nella Cappella Sistina in modo da non venire influenzati dall’esterno.
Non era facile trasmettere accuratamente allo spettatore questa stessa sensazione di claustrofobia e ansia, ma Berger ne è stato all’altezza. In un attimo lo spettatore passa dalle poltroncine del cinema agli scranni dei palazzi vaticani. Ciò che risalta è il buio degli ambienti, la loro freddezza rispetto alle ricche stanze che siamo abituati a vedere e immaginare.
Persino la Cappella Sistina diventa uno spazio quasi anonimo, una sala stretta e poco illuminata che, da luogo di culto, finisce con il diventare un tribunale in cui ognuno è costretto a fare i conti con la propria coscienza.
Fondamentale, per questo motivo, è la colonna sonora di Volker Bertelmann: un tema cupo e grave che si ripete con inquietante insistenza senza arrivare mai ad un apice effettivo, ma lasciando sempre lo spettatore con il fiato sospeso, chiuso con i porporati nelle stanze vaticane.

Il rosso e il nero
In mezzo ad un cast quasi esclusivamente maschile, spicca l’interpretazione memorabile di Isabella Rossellini nel ruolo di Suor Agnes: direttrice degli appartamenti in cui risiedono i cardinali, ha il compito di aiutare Lawrence a scoprire chi sta complottando per ottenere il trono.
Netto è il contrasto fra le figure maschili e femminili: in un film in cui risaltano gli uomini, ossessionati dal potere e dall’ambizione, le donne sono poste in secondo piano, relegate ai soli meri compiti di servizio o, ancora peggio, causa di dissidi e scandali.
Solo Suor Agnes riesce a emergere dall’ombra in cui è costretta dal suo ruolo, ricordando agli spettatori che anche se dovrebbe essere invisibile, Dio le ha comunque dato occhi e orecchie.
E, a proposito di occhi, la differenza tra le controparti maschili e femminili si evidenzia anche nella fotografia: i cardinali sono perennemente al buio, chiusi nelle loro stanze o nella Cappella Sistina; le suore invece appaiono solo negli spazi comuni, ambienti luminosi e conviviali, a sottolineare ancora di più la distanza tra i due gruppi religiosi, seppur accomunati dalla stessa fede.

Forma e sostanza
Quello di Berger è prima di tutto un film didascalico: è evidente l’attenzione del regista per le inquadrature ricercate e ben costruite, oltre che per l’attenzione quasi maniacale ai dettagli. I tessuti dei paramenti cardinalizi, i soffitti affrescati delle sale, persino le pietanze preparate in cucina o le tapparelle che si abbassano e alzano all’inizio e al termine del Conclave.
Lo spettatore non è mai annoiato da questi particolari: ognuno di essi racconta una storia, approfondisce le vicende passate di un co-protagonista, e compone parte dell’immenso puzzle che la pellicola vuole costruire.
Ma, per l’appunto, questo puzzle risulta troppo esteso, troppi spunti non vengono portati a termine, troppi personaggi introdotti e poi dimenticati, in primis quelli interpretati da Isabella Rossellini e Sergio Castellitto, che per gran parte del film sono in disparte.
Alla fine il tutto si riduce a un duello tra una manciata di cardinali che si scontrano, volenti o no, per il trono papale, fino alla conclusione, in parte abbastanza prevedibile, ma che introduce comunque un elemento del tutto sorprendente.
Si esce quindi dal cinema con la sensazione di aver visto un film visivamente eccezionale, ben curato dal punto di vista della fotografia e della musica, e con attori di grandissimo calibro, che però solo in parte riescono ad esprimere il proprio potenziale, mentre altri sono una mera presenza scenica, seppur di grande impatto.
È un thriller di tutto rispetto, che alterna momenti di alta tensione a lunghe sequenze di riflessione, ma che sta in piedi principalmente grazie ad un’ottima messa in scena; mentre la storia, proprio sul finale, lascia a desiderare, spingendo lo spettatore a chiedersi se non si poteva, e forse doveva, tentare di più. Un film per certi versi coraggioso, che ammalia e stupisce, ma che, svelata la forma, rivela una sostanza debole, al di sotto delle aspettative che ognuno poteva essersi creato.
Alessandro Palmanti
(In copertina e nell’articolo, immagini tratte dal film Conclave di Edward Berger)
“Conclave” di Edward Berger: un film claustrofobico, ammaliante e forse un po’ sprecato è un articolo di Alessandro Palmanti. Clicca qui per altri articoli dell’autore.