
Per il secondo anno consecutivo, la prima economia del continente europeo – quella tedesca – ha mostrato segnali di rallentamento. E domenica le difficoltà economiche si intrecceranno alla sfida politica. I risultati delle elezioni del prossimo 23 febbraio saranno determinanti non solo per la stabilità interna del Paese, ma per l’Europa intera.
Un breve passo indietro: la politica tedesca negli ultimi mesi
Il governo dimissionario di Olaf Scholz, dall’8 dicembre 2021 fino al 7 novembre 2024, si è basato su un’alleanza tra tre partiti: SPD (socialdemocratici), Verdi e FDP (liberal-democratici), nota anche come Coalizione semaforo a causa dei colori dei partiti che la componevano.
Pur rappresentando un ampio spettro politico, la ventesima legislatura del Bundestag tedesco ha affrontato numerose difficoltà e frizioni interne sin dal suo insediamento, avvenuto quattro anni fa.
L’aumento del costo dell’energia, la gestione dell’economia post-Covid, le politiche migratorie e, infine, le divergenze politiche sulla guerra in Ucraina all’interno dello stesso governo hanno portato l’esecutivo Scholz a registrare, a settembre 2023, un indice di gradimento inferiore al 20%.

Infine, i consensi crescenti per forze politiche tradizionalmente lontane dall’arco costituzionale, come AfD (Alternative für Deutschland) a destra e BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht, letteralmente ‘Alleanza Sahra Wagenknecht’) a sinistra, hanno contribuito a destabilizzare il panorama politico tedesco. I partiti che storicamente hanno avuto maggiore peso politico sembrano essere sempre più vulnerabili agli spostamenti di voti verso posizioni estreme.
Il malcontento nei confronti del governo e le sostanziali differenze tra i partiti della maggioranza hanno fatto sì che l’FDP uscisse dalla coalizione di governo il 7 novembre scorso. A questa decisione è seguita, il 16 dicembre 2024, la mozione di sfiducia verso il governo, che ha portato ad indire nuove elezioni.
La Germania torna alle urne: alcuni dati
Gli ultimi sondaggi danno i Democristiani della CDU al 30%, l’AfD al 21%, i Socialdemocratici della SPD al 15%. Seguono i Verdi con il 13% e i Liberali di FDP con il 4%. Il nuovo movimento della sinistra radicale (BSW), capeggiato da Sahra Wagenknecht, si attesta al 5%, mentre il partito di sinistra Die Linke attorno al 6%.
Il prossimo governo potrebbe essere di nuovo una Große Koalition, composta da un’alleanza tra CDU e SPD o, in alternativa, anche se è meno probabile, da CDU e i Verdi.
Le differenze tra i partiti che dovrebbero formare il futuro governo sono però tutt’altro che trascurabili. Nel lungo termine, l’FDP è l’unico partito a dirsi favorevole a un esercito comune europeo. Sull’Ucraina, CDU, i Liberali (FDP) e i Verdi affermano di voler appoggiare Kiev a tutti i costi, mentre i Socialdemocratici di SPD sono assai più cauti.
Quando è toccato a lui esprimere una posizione sul sostegno a Kiev durante un dibattito televisivo, Friedrich Merz, leader della CDU, ha dichiarato: “Non siamo neutrali. Non stiamo nel mezzo. Noi siamo dalla parte dell’Ucraina”.
Altri partiti sono invece molto più prudenti nelle loro posizioni riguardo al sostegno a Kiev, mentre alcuni sono apertamente contrari a ogni forma di aiuto economico o militare.
Una pericolosa intesa tra CDU e AfD?
Di recente, CDU ha cercato di far passare al Bundestag (anche con i voti dell’AfD) una proposta di legge per applicare misure più restrittive sulla gestione dell’immigrazione, con l’obiettivo di aumentare i controlli e ridurre l’accoglienza dei rifugiati.
La proposta ha cercato di rispondere alla crescente pressione dell’opinione pubblica in seguito agli attacchi di matrice terroristica degli ultimi mesi. I due attentati più recenti hanno infatti contribuito ad esasperare l’opinione pubblica e a intensificare il dibattito sul controllo dei flussi migratori.
Nel primo, quello del 22 gennaio 2025 ad Aschaffenburg, hanno perso la vita un uomo e un bambino di due anni nel parco Schöntal, per mano di un cittadino afghano di 27 anni armato di coltello. nel secondo, avvenuto il 13 febbraio 2025 a Monaco di Baviera, un cittadino afghano di 24 anni ha investito con la sua auto alcune persone che partecipavano a una manifestazione sindacale, ferendone gravemente almeno 28.

Tuttavia, quest’alleanza politica tra il partito di Merz e l’AfD, anche circoscritta ad una sola proposta di legge, ha suscitato la ferma opposizione di moltissimi politici e cittadini tedeschi, tra cui l’ex Primo Ministro Angela Merkel.
Dopo un iniziale voto favorevole, il 31 gennaio la proposta non è passata, con 349 voti contrari, dando una boccata d’ossigeno alla parte più europeista e democratica del Paese.
“Il firewall è caduto!”
Anche se la proposta di legge non è passata, l’apertura di Merz agli estremisti di AfD ha rappresentato per il partito di Alice Weidel un’enorme vittoria. Weidel, candidata cancelliera dell’AfD, ora al secondo posto nei sondaggi, ha esultato. “Il firewall è caduto!” ha scritto su X. “È una buona notizia per il nostro Paese!”.
Per ‘firewall‘ si intende la barriera politica e sociale che ha tradizionalmente isolato i partiti più estremisti (come l’AfD) da alleanze con le principali forze politiche tedesche.
La risposta di tutta quella parte di Germania che si oppone ai neonazisti dell’AfD non si è fatta attendere: lo scorso 8 febbraio sono scesi a manifestare contro l’estrema destra più di trecentomila cittadini tedeschi.

Tra le ragioni della manifestazione nazionale vi è la richiesta fatta ai partiti di non approvare alcuna risoluzione o legge in Parlamento con il sostegno dei partiti di estrema destra, quale l’AfD. Matthias Miersch, segretario generale del Partito socialdemocratico (SPD), ha dichiarato: “L’argine contro l’AfD è sul punto di crollare”.
Tutti sembrano riconoscere che il ‘muro di fuoco‘ dei partiti tedeschi nei confronti dell’AfD sia più fragile che mai. Dopo decenni di sistematica esclusione da ogni alleanza con l’AfD, ora anche i partiti storici tedeschi iniziano ad aprirsi all’estrema destra. D’altronde, è difficile ignorare una forza parlamentare che detiene stabilmente il 22% dei voti nel Bundestag. La presenza stabile del partito di Weidel è, ormai, un dato di fatto.
CDU, Verdi, SPD e Die Linke temono l’emorragia di voti verso i due partiti più estremisti: il BSW e l’AfD. A raccogliere i voti della sinistra più radicale è il BSW, partito fondato da Sahra Wagenknecht, nato poco più di un anno fa da una costola del partito di sinistra Die Linke, che ad oggi ha perso parti sostanziose del proprio elettorato a favore del neo-partito.
Fondato l’8 gennaio 2024, il BSW si propone come una risposta alla crescente insoddisfazione di ampi settori della popolazione verso la globalizzazione e le politiche economiche neoliberiste.
Uno sguardo agli estremi: BSW e AfD
BSW promuove l’idea di un’architettura di sicurezza che inglobi sia l’Unione Europea che la Russia, si dice contrario all’allargamento dell’UE, si oppone alla NATO e al dispiegamento di missili americani e si è distinto per la sua posizione anti-immigrazione. Riguardo al sostegno a Kiev e alla gestione dei migranti ucraini, un ulteriore terreno di scontro tra i partiti, BSW si dichiara contraria all’export di armi all’Ucraina. Dall’inizio dell’invasione russa, sono stati oltre 1,2 milioni i rifugiati ucraini che hanno trovato asilo in Germania.
Per quanto concerne la politica estera, anche AfD è contraria all’allargamento della NATO, non vuole che la Germania ospiti missili americani, ritiene che l’Ucraina debba essere un Paese neutro e sostiene la partecipazione della Repubblica federale alla Belt and Road Initiative cinese. In politica estera, AfD e BSW convergono, quindi, sui temi più importanti.


Sia Wagenknecht che Weidel soffiano sul fuoco del risentimento popolare nei confronti dei profughi, dipinti, come sempre accade con i partiti nazionalisti, come persone ‘giunte per rubare il lavoro ai tedeschi’, o nel peggiore dei casi, come pericolosi terroristi.
Oltre agli attacchi nei confronti di minoranze e rifugiati, sul piano economico Alternative für Deutschland rifiuta la transizione green e promette la tanto agognata ripresa economica, che dal 2019 non sembra mai arrivare. La crisi industriale che ha investito la Germania ha favorito proprio partiti come il BSW e l’AfD, che nutrono l’insoddisfazione popolare e ne sono, a loro volta, nutriti.
Il muro tra le due Germanie che c’è ancora
Nonostante la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva unificazione del Paese nel 1990, le differenze economiche, culturali e politiche tra le due Germanie sono ancora evidenti e si riflettono anche nei voti espressi dagli elettori nelle varie elezioni.
Le forti disparità economiche e l’insufficiente rappresentanza politica dei cittadini dell’ex-DDR continuano a influenzare le dinamiche politiche odierne, quasi trent’anni dopo la riunificazione.
In Sassonia e in Turingia, entrambi due Stati dell’ex Germania dell’Est, l’AfD ha ottenuto rispettivamente il 30,7% e il 32,8 % dei voti alle ultime regionali. Invece, il partito di estrema sinistra di Sahra Wagenknecht ha ottenuto il consenso maggiore in Turingia, con il 15,8% dei voti.

La battuta d’arresto dell’economia tedesca
Il presidente francese Emmanuel Macron, in un’intervista rilasciata al Financial Times il 13 febbraio scorso, ha riassunto molto bene la situazione che l’Europa, ma soprattutto la Germania, si trova ad affrontare oggi. Il Presidente ha affermato che le parole di Trump sono
un elettroshock per gli europei, che pensano ancora di poter vivere con il mercato cinese come sbocco, l’ombrello americano per la sicurezza, e il gas russo a basso costo per poter produrre. Potete scordarvi tutte e tre le cose.
Tra il 2019 e il 2023 la Germania è stata il secondo Paese dell’Unione Europea con la più bassa crescita del PIL.
Le stime del governo tedesco per quest’anno indicano un calo dello 0,2%. La crisi del settore automobilistico e le incertezze sulla transizione all’elettrico rendono più vulnerabile l’industria tedesca. In Germania, l’auto rappresenta il 15,4% del valore della produzione manifatturiera, il doppio della media europea, e impiega circa 569.000 lavoratori, più della metà degli occupati dell’intero settore nell’UE.
La sfida per il prossimo esecutivo sarà, prima di tutto, garantire un futuro all’industria automobilistica tedesca.
L’occhio di Elon Musk sulla Germania (e sull’Europa)
L’appoggio internazionale all’AfD, in primis da Elon Musk, ha preoccupato molti. Il miliardario ha definito l’AfD “l’ultima scintilla di speranza” per la Germania. Musk ha rotto un tabù della politica tedesca postbellica, sostenendo pubblicamente una forza che viene considerata dai suoi oppositori come una minaccia per i principi democratici e per i valori antinazionalisti.
Le parole di Musk hanno sollevato interrogativi sulla futura direzione della Germania e sull’impatto di un simile supporto internazionale al partito tedesco. L’ascendente di Musk sulla politica sembra crescere in modo inarrestabile. Tramite i suoi ingenti finanziamenti ed i suoi tweet è oramai divenuto una forza esterna in grado di muovere gli equilibri di molti Paesi europei.
Forse un motivo fondamentale che può aiutarci a capire la crescita elettorale continua dell’AfD è proprio da rintracciarsi nelle tattiche politiche non convenzionali prese in prestito anche dal partito di Alice Weidel. Come affermato dallo storico tedesco Ilko-Sasha Kowalczuk in un’intervista a Mara Gergolet per il settimanale 7: “Vogliono solo seminare insicurezza e raccogliere consensi”. Sembra che, per ora, ci stiano riuscendo benissimo.
Le fake news circolate sul web e la disinformazione creata ad arte hanno caratterizzato queste ultime settimane pre-elezioni in Germania. In un video falso che ha fatto milioni di visualizzazioni viene mostrata un’ipotetica villa da milioni di dollari di proprietà di Olaf Scholz in California, bruciata a causa degli incendi recenti; le scritte nel video accusano Scholz di tradire gli interessi della gente comune.
Il Primo Ministro Scholz non ha nessuna villa negli USA, ma le conseguenze di questa disinformazione mirata non sono cosa da poco. E recentemente Elon Musk ha ufficialmente lanciato sui social il nuovo movimento Mega, acronimo di Make Europe Great Again.
La fine della Repubblica?
Le provocazioni e gli attacchi di Musk a politici e attivisti europei minano i fondamenti delle democrazie europee e minacciano le rispettive sovranità nazionali. L’uomo più ricco del mondo, nonché membro del governo Trump, sta guardando verso di noi, verso l’Europa. Il potere del mondo si va lentamente accentrando nelle mani di pochi potenti individui.
Il triumvirato del XXI secolo è composto da Trump, Musk e, a seconda del Paese europeo, un politico euroscettico e sovranista (Orbán, Le Pen, Fico, Salvini…), sostenuto via social dall’amico Musk. Resta da chiedersi se anche i triumviri contemporanei non finiranno per farsi la guerra tra loro, una volta ottenuto il potere.
Il futuro della Germania alla vigilia delle elezioni
Agli altri partiti che entreranno al Bundestag toccherà una sfida non da poco: far funzionare la democrazia, dare nuova linfa all’economia e, possibilmente, far funzionare un’opposizione democratica per non lasciare che lo scontento rafforzi l’AfD.
Infine, fare i conti con la guerra a Est scatenata dalla Russia e riequilibrare il rapporto con gli Stati Uniti di Donald Trump, convinto che l’Europa e la Germania non siano più alleati ma competitor, non sarà facile.

La Germania, pilastro dell’UE, avrebbe dovuto svolgere un ruolo decisivo nel direzionare la strategia politica comune europea in Ucraina, specialmente in vista della probabile pace imminente, pace che vedrà l’Europa messa da parte nello scacchiere internazionale, in un ruolo marginale rispetto a USA e Russia.
L’instabilità della politica tedesca arriva in un momento cruciale per l’Europa: proprio ora che avevamo l’occasione di ritagliarci un ruolo di mediatori nel conflitto russo-ucraino, abbiamo dimostrato invece di essere una realtà troppo frammentata.
Ancora una volta siamo stati poco efficaci nell’adottare una linea di azione comune, nonostante il tema ci riguardi così da vicino: l’indipendenza di una nazione sovrana in Europa dalle mire imperialistiche di Putin.
Alessandro Donati
Elezioni in Germania 2025: da locomotiva d’Europa a un treno fermo? è un articolo di Alessandro Donati.