
“M – Il figlio del secolo” (2025), la nuova serie TV diretta da Joe Wright e tratta dall’omonimo romanzo storico di Antonio Scurati, entra a gamba tesa negli schermi e nel dibattito pubblico, non solo italiano, ma internazionale. L’attesissima trasposizione sembra non deludere le aspettative, sebbene non sia sfuggita a qualche critica.
L’Italia del primo dopoguerra
M – Il figlio del secolo è uno spaccato su un’Italia stanca, ferita e ripiegata su sé stessa. Uscita più devastata che vincitrice dalla Prima guerra mondiale, e con il vento di una rivoluzione rossa che soffia da est, il caos è il vero regnante del bel Paese.
Ci si trova di fronte a uno Stato debole e a una monarchia che è diventata pura formalità, con un re inetto e politici da poltrona.
Atmosfera che la serie riesce a riportare in maniera magistrale, sebbene con qualche inesattezza storica e, forse, un’enfatizzazione eccessiva sul ruolo marginale dei socialisti: non solo Matteotti era un buon uomo di sinistra, e la rivoluzione non era solo canti e osterie.
Tuttavia, la sensazione di incapacità governativa, di insoddisfazione popolare e trasformismo generale si sente e si percepisce chiaramente, e aiuta a comprendere il terreno fertile su cui il fascismo ha potuto piantare le sue radici: in un Paese abituato alla brutalità della guerra ed esasperato per le condizioni da cui lo Stato non riesce a sfangarsi, la violenza e il pugno di ferro paiono una soluzione logica e razionale.
Gli espedienti cinematografici, con questi colori cupi, come a guardare una fotografia ingiallita dal tempo, le colonne sonore techno, così stridenti rispetto al periodo storico, e i cambi bruschi di immagine, non fanno che aumentare il senso di inadeguatezza e fastidio che anche lo spettatore si trova a provare.
Tra teatro del grottesco e metateatro
Sebbene si tratti di una serie televisiva studiata per lo schermo, la recitazione e la messa in scena ricordano più il teatro pirandelliano, fondendo grottesco e metateatro.
Da un lato l’umanità, con le sue follie e paradossi, viene rappresentata e smascherata; dall’altro la Storia si svolge nella società del palcoscenico, la politica, dove ogni apparizione pubblica è pura rappresentazione teatrale.
Un’unione perfettamente equilibrata di quotidianità, pura violenza di strada e vita politica, in un Paese dove ormai tutti questi elementi si confondono e dove il raziocinio ha lasciato il posto all’impulso.


La recitazione stressata, quasi caricaturale, dei personaggi, più tipica del teatro che del cinema, rende le scene surreali, così come le continue rotture della quarta parete da parte del Duce. Ed è proprio sulla dicotomia realtà-finzione che si sviluppa anche il personaggio di Benito Mussolini.
Di Mussolini, infatti, ce ne sono due…
Il personaggio del Duce è, ovviamente, il perno su cui ruota tutta la serie e il sistema a cui tutti gli altri personaggi gravitano attorno. Ciò che emerge è la presenza di due protagonisti che si danno il cambio a seconda delle situazioni, e che talvolta si incontrano anche.
Vi è il Mussolini che sfonda la quarta parete, quello che si rivolge direttamente al pubblico, che fa cadere la maschera e che si rivela esattamente per quello che è: il rozzo, l’assetato di potere, l’ipocrita, il giuda, l’affabulatore e lo stratega.
Poi vi è il politico, l’uomo forte, il leader, il fascista. Ogni qual volta si trova davanti ai fasci di combattimento o entra in parlamento, indossa in volto la maschera, sale sul palco e inizia il suo show. Lo show che, di fatto, ha incantato un’enorme fetta di Italia a suo tempo.
Perché sì, nella serie si evincono gli anni di terrore da manganello e olio di ricino che il fascismo ha comportato, ma anche l’esultanza e il clamore che ha scaturito inizialmente, dato e considerato che “C’è sempre un tempo in cui i popoli smarriti vanno verso le idee semplici”.

Mussolini: il figlio del secolo
M – Il figlio del secolo è decisamente una serie da vedere, soprattutto in un periodo storico come quello attuale.
Sebbene non si tratti di un documentario e la coerenza storica non sia rispettata alla perfezione – cosa che di per sé sarebbe impossibile in otto puntate, e forse nemmeno necessaria trattandosi di una fiction -, il messaggio arriva chiaro allo spettatore, e la follia di una dittatura fondata sulla violenza oltrepassa letteralmente lo schermo e ci viene raccontata dal protagonista stesso.
Le critiche relative al taglio caricaturale dei personaggi, Mussolini in particolare, sono facilmente smontabili in quanto non va ignorato che il Duce, oltre al terrificante fascista con il manganello in mano, è stato anche un uomo del popolo, che da quel popolo si è fatto apprezzare.
Se a qualcuno, invece, può aver infastidito la grottesca rappresentazione dei fasci di combattimento, va ricordato che i primi fascisti non sono mai stati, di fatto, un movimento di intellettuali o di politologi, e che la Storia racconta quei metodi brutali e fuori di senno – metodi che sono stati addirittura edulcorati nella serie, che altrimenti sarebbe risultata intollerabile da guardare.
Gaia Marcone
(In copertina, locandina della serie tv M – Il figlio del secolo; nell’articolo, immagini tratte dalla serie)
Mussolini, il figlio del secolo, è come le bestie: sente il tempo che viene è un articolo di Gaia Marcone. Clicca qui per altri articoli dell’autrice!