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L’amore secondo Guadagnino: storie di eroi e di antieroi

Amore Guadagnino Challengers

Salito alle luci della ribalta grazie al film cult “Chiamami col tuo nome” (2017), Luca Guadagnino è passato dall’essere un regista italiano di nicchia a un vero e proprio fenomeno internazionale. Effettivamente, come poteva il sodalizio artistico con le star Tilda Swinton e Timothée Chalamet preludere altro se non un successo inarrestabile e globale? Eppure, anche attribuendo a casting brillanti – sia poiché perfettamente azzeccati, sia poiché costellati da vere e proprie star del firmamento hollywoodiano – parte del suo successo, è impossibile parlare della cinematografia guadagniniana senza menzionarne un’affascinante peculiarità: la narrazione dell’amore – e l’ultimo film uscito quest’anno, “Queer”, ne è il culmine.


La trilogia del desiderio

Premiamo play e partiamo dai classici, quelli che Guadagnino ha definito la sua “trilogia del desiderio”. In ordine: Io sono l’amore (2009), A Bigger Splash (2015), e Chiamami col tuo nome.

I più famosi critici cinematografici l’hanno definito “il cinema dei sensi”, e la visione di anche solo uno dei tre film spiega perfettamente il motivo di questa metafora. Ambientati in un’Italia a tratti idilliaca, dove la pace dei sensi sembrerebbe governare completamente l’ambiente circostante, ognuna di queste opere segue le vicende di protagonisti tormentati da un amore impossibile e totalizzante.

Scena del film "Chiamami col tuo nome" di Luca Guadagnino.
Elio Perlman (Timothée Chalamet), protagonista di Chiamami col tuo nome (foto: MYmovies).

Una madre innamorata del migliore amico del figlio, una coppia sposata intrigata dalla presenza di un ex-amante e sua figlia, e un adolescente catturato dal fascino di un assistente universitario ben più adulto di lui.

Sentimenti paralizzanti e storie che creerebbero scandalo e imbarazzo nel mondo reale, ma che diventano l’emblema del romanticismo grazie alla poetica di Guadagnino. Ogni sospiro, ogni tocco, ogni fotogramma esonda di una passione travolgente, che il nostro regista trasforma in arte delicata, priva di qualsivoglia volgarità.

Perfino le scene esplicite perdono ogni connotazione terrena, diventando eteree rappresentazioni di un amore che, pur essendo fisico, non è altro che un sospiro. Il potere di queste sequenze è tale che lo spettatore non solo non può evitare di simpatizzare per il protagonista, ma arriva anche a tifare per lui a cuore aperto affinché i suoi desideri apparentemente ‘sbagliati’ si tramutino in realtà.

E allora, anche se le differenze d’età possono farci storcere il naso e gli atti di infedeltà non si conformano proprio alla morale impeccabile che vorremmo possedere, tutto quello che ci resta da fare è immedesimarci per due ore in questi personaggi capricciosi, che desiderano tutto, subito, e senza alcun costo.

Una filmografia innovativa

Mandiamo avanti veloce e passiamo ai film che Guadagnino ha diretto dopo aver raggiunto fama internazionale, quelli che tutti, volenti o nolenti, abbiamo almeno sentito nominare: Bones and All (2022), Challengers (2024), e Queer (2024). In un decennio caratterizzato da sequel e remake, Guadagnino decide di innovarsi e rendersi ancor più stravagante – questo dopo aver ricreato Suspiria di Dario Argento con una Dakota Johnson esaltata e inebriante, ma era il 2018.

Ricordo ancora quando ho visto Bones and All al cinema, completamente ignara del fatto che il film trattasse di cannibalismo (anche se forse il titolo avrebbe dovuto esserne un indizio). Ma, nonostante la crudezza del tema e la brutalità con cui deve essere trattato, anche qui l’amore tra i protagonisti Taylor Russell e Timothée Chalamet non è che suprema delicatezza, un fiore che nasce dal cemento.

E come dimenticare lo scalpore creato da Challengers l’anno scorso, quando il tennis è tornato ad essere lo sport competitivo più attraente al mondo e chiunque su internet ripubblicava costantemente l’iconica scena del bacio tra Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist? Una rivisitazione del classico triangolo amoroso in cui due amici inseguono la stessa ragazza, perché forse, sotto sotto, non sanno dove canalizzare la passione che invece provano l’uno per l’altro.

Scena del film "Challengers" di Luca Guadagnino.
Art (Mike Faist), Tashi (Zendaya) e Patrick (Josh O’Connor) ovvero i tre protagonisti del film Challengers (foto: Expresso).

L’amore in Queer

Ora, nonostante Queer abbia creato forse un minor boato mediatico rispetto ai suoi predecessori – probabilmente anche a causa dell’incertezza sulla sua effettiva uscita nelle sale cinematografiche -, in questo film Guadagnino si supera, raccontando in chiave surrealista la psicologia che si cela dietro un amore non ricambiato e una marea di parole non dette.

Il protagonista Lee (Daniel Craig) arriva perfino a trascinare il soggetto dei propri sentimenti in un’escursione nella foresta amazzonica alla ricerca di una pianta che induca la telepatia – un mezzo forse un po’ estremo per comprendere i veri sentimenti dell’altro. Così, non si tratta più solo della rappresentazione di un cuore spezzato, ma di un viaggio all’interno della mente del protagonista.

A partire da un’infatuazione irrazionale (i due a stento si conoscono!) per un giovane sfuggente, passando per le teorie complottistiche sull’utilizzo da parte del governo di erbe volte al ‘lavaggio del cervello’, per poi arrivare alla solitudine causata da una vita trascorsa all’inseguimento dell’eccitazione, travolgente ma peritura, la cui perdita viene risolta puntualmente a suon di alcol e oppiacei.

Scena del film "Queer" di Luca Guadagnino.
I due protagonisti Eugene Allerton(Drew Starkey) e William Lee (Daniel Craig) in una scena di Queer (foto: Martin Wullich).

L’antologia degli antieroi

Se l’amore è la colonna portante della filmografia di Guadagnino, questa non avrebbe lo stesso effetto se non fosse per i personaggi che ne fanno da portavoce. Che si tratti di donne sposate, adolescenti capricciosi, o padri di famiglia, il nostro regista rifugge dal dipingere personalità nere o bianche, preferendo invece le sfumature più disparate.

È impossibile innamorarsi di un suo personaggio senza provare alcun risentimento nei suoi confronti, ed è altrettanto impossibile odiarne un altro senza comprenderne le ragioni. La maggior parte delle volte, a dire il vero, si tratta di veri e propri antieroi, personaggi che agiscono al di fuori delle leggi morali che la società imporrebbe. Eppure, Guadagnino ha un modo accattivante, ed estremamente caratteristico, di convincere gli spettatori a tifare per i suoi protagonisti svagati. Saranno i primi piani e i sospiri inattesi che costeggiano ogni sua creazione, in un’atmosfera in cui aleggia solo delicatezza. Oppure sarà che, alla fine, si tratta sempre di inguaribili romantici che inseguono l’amore come se fosse la loro ultima speranza per vivere.

Amore e autosabotaggio

Nonostante il protagonista guadagniniano non sia mai morale o razionale, questa è stata forse la prima volta che, proprio perché immedesimarmi in Lee mi è sorto spontaneo, non sono riuscita a tifare per lui. E non perché si tratti di un narcisista o di un eroinomane, ma semplicemente perché Guadagnino ha creato un personaggio talmente autodistruttivo da portarmi a sperare che, in un’ultima scena nascosta, magari dopo i titoli di coda, questo decida di cambiare. Ma cambiare cosa, e perché? O meglio, per chi?

Chi non ha mai tentato di cambiare se stesso nel vano (e disperato) tentativo di piacere a un’altra persona? E chi non si è reso conto che, nonostante tutti i nostri sforzi, a volte i nostri amati semplicemente non ci contraccambiano?

Lee sperpera denaro e risorse affinché Allerton si innamori di lui, ma non riesce mai ad impadronirsi del suo cuore. Allora tutto quello che ci resta è strazio allo stato puro, come se la sua delusione ci appartenesse, e tutto ciò che desideriamo è che Lee smetta di autodistruggersi in nome di un’infatuazione insensata. Perché, mentre ogni altro antieroe guadagniniano inseguiva qualcosa di tangibile, anche se illusorio, in Queer l’unica certezza che viene inseguita è sofferenza inestinguibile. Sembra così che l’ultimo prodotto del nostro regista preluda un’epoca di disillusione, ma non ci resta che attendere l’uscita del suo prossimo film After the Hunt, con protagonisti, tra gli altri, Julia Roberts e Andrew Garfield.

Krystal Anne Estrella

(in copertina Luca Guadagnino sul set di Bones and All, foto: Corriere della Sera)


L’amore secondo Guadagnino – Un’analisi del desiderio nei film del regista è un articolo di Krystal Anne Estrella. Clicca qui per altri articoli dell’autrice.

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