
Scandali surreali, due procedure di impeachment e persino un attentato. Ma oggi, il presidente degli Stati Uniti d’America è ancora una volta lui: Donald Trump. E la rubrica sTrumpalate ne racconterà la presidenza tra gaffe, dichiarazioni esplosive e colpi di scena degni di un reality show. Perché capire Trump significa capire il presente – o almeno provarci, un errore alla volta.

20 gennaio 2025: bollettino meteo
C’è fermento a Washington DC. L’aria è fredda, pioviggina anche un po’. Ma, oltre all’umidità pungente, ciò che si respira nell’aria sono l’adrenalina ed il cambiamento. Nella tarda mattinata una berlina nera, scortata da polizia locale e servizi segreti, sfreccia verso il Campidoglio degli Stati Uniti d’America, fermandosi presso la facciata ovest del tempio della democrazia a stelle e strisce.
Dal sedile posteriore scende Lui. Tutto questo deve ancora succedere, ma sembra già di vederlo: la corporatura imponente, la cravatta scarlatta e lo sguardo compiaciuto di chi sa di essersi guadagnato la copertina del Time come “Persona dell’anno”. Per la seconda volta. Si guarda intorno: appena quattro anni prima, i rivoltosi da lui aizzati avevano preso d’assalto le aule del Congresso alla caccia del ‘traditore’ Mike Pence, tentando di interrompere, invano, la certificazione della vittoria di Joe Biden.


Da quel momento, sono venuti a galla una serie infinita di scandali, indagini, accuse, processi e persino condanne; un vortice che sembrava fungere da drammatica e violenta conclusione dell’èra MAGA (dal motto Make America Great Again ndr) e del suo fondatore. Eppure, eccolo là. Dà un’ultima occhiata e poi inizia a salire le scale, il sorriso spavaldo che proprio non vuole andarsene. Donald Trump sorride perché, ancora una volta, il protagonista a Capitol Hill è lui: dopo aver vinto da outsider nel 2016, dopo aver tentato un colpo di Stato in sèguito alla sconfitta del 2020, ha trionfato nuovamente nel 2024.
È rischioso e fortemente sconsigliato affidarsi alle previsioni meteo per un giorno ancora relativamente distante come il prossimo 20 gennaio. Si tratta pur sempre di un azzardo meno rischioso che provare a immaginarsi l’amministrazione Trump 2.0. Ed è appunto ciò che proveremo ad esplorare in questo articolo, tra intrighi a livello interno, rapporti di potere, politica estera, economia nazionale e nuovi sviluppi per l’ordine globale. E a chi non avesse tempo e si accontenterebbe anche di un semplice bollettino, ecco ciò che per ora possiamo offrire: nubi consistenti, possibili rovesci in arrivo.

5 novembre 2024: il giorno dopo, da entrambe le parti
Dal fatidico 5 novembre che ha visto assegnare a Donald Trump 312 grandi elettori su 538, superando vistosamente i 270 necessari per aggiudicarsi la presidenza, sono scaturiti una serie di eventi dalla portata notevole, a diversi livelli. Il primo e il più evidente, la disfatta di un Partito Democratico che, dopo il precipitoso ritiro di Joe Biden ad appena quattro mesi dal voto, sembrava aver trovato una direzione precisa sotto la leadership di Kamala Harris.
Il deludente risultato elettorale è per molti stato uno shock, mentre altri l’hanno interpretato come una dolorosa conferma: il Partito necessita di una riorganizzazione profonda, che sia in grado di chiarire quali siano le battaglie da combattere e i princìpi su cui basarsi. Molti, infatti, vedono ormai lontani i valori che erano stati la loro forza, quelli che avevano assicurato la presidenza e la supremazia in Congresso ai tempi delle due amministrazioni Obama. Non è ancora dato sapere chi dovrà prendersi carico di tale compito… e la posizione di Kamala Harris non appare affatto solida.
Dall’altra parte della barriera si trova un Partito Repubblicano rinvigorito, non solo dalla presidenza raggiunta dallo stesso leader che si era provato – invano – a sostituire ai tempi del secondo impeachment nel 2021, e che, poco alla volta, ha ripreso saldamente le redini. A far rumore è la contemporanea maggioranza in Camera e Senato, oltre che tra i giudici della Corte Suprema; se Joe Biden ha dovuto fare i conti sin dall’inizio con uno spazio di manovra legislativa estremamente risicato, Donald Trump sembra avere davanti a sé la famosa Route 66.
Allo stesso tempo, tuttavia, sarà interessante osservare come evolverà il rapporto, non sempre collaborativo ma spesso anzi conflittuale, tra gli elementi più radicati ai valori tradizionali del Grand Old Party, e quelli invece più vicini alla figura del Presidente.

L’istituzionalizzazione del movimento Make America Great Again è un fenomeno che, a partire dal 2016, non si è mai del tutto interrotto, neppure quando il destino dell’attuale Presidente eletto sembrava segnato: sono state proprio figure vicine al Tycoon come Ted Cruz e Matt Gaetz a tenere in linea la maggioranza del Partito nei momenti più complessi, per poi radunare progressivamente gli elementi fedeli a Trump. Questa transizione è culminata con la nomina a vicepresidente del giovane senatore dell’Ohio JD Vance, già definito il futuro del movimento MAGA.
Le prime “sTrumpalate”
Forte dunque di un Congresso e di una Corte Suprema ormai completamente nelle proprie mani, Donald Trump è sembrato fin da subito desideroso di adottare un atteggiamento estremamente aggressivo, sia in àmbito interno, annunciando una serie di nomine quantomeno controverse, sia in politica estera, lanciandosi in proclami provocatori e bellicisti, in una versione persino più sfrontata di quello che il mondo aveva imparato a conoscere tra il 2016 ed il 2020.
E proprio le nomine annunciate da Donald Trump sin dai primi giorni successivi al cinque novembre hanno suscitato sgomento e polemiche, anche tra le file dei sostenitori del Presidente.
Tra i più controversi spicca sicuramente la nomina a Segretario della Difesa di Pete Hegseth, volto noto dell’emittente conservatrice Fox News e privo di passate esperienze politiche. Ha destato polemiche anche la nomina di Tulsi Gabbard, ex democratica unitasi al Partito Repbblicano e diventata fedelissima del Tycoon. La veterana hawaiana dovrebbe assumere la carica di direttrice del Dipartimento di Intelligence statunitense, e preoccupano non poco le sue passate dichiarazioni in séguito all’aggressione russa dell’Ucraina. Il livello più estremo è stato probabilmente raggiunto con il tentativo di Trump di proporre Matt Gaetz come Procuratore Generale.
L’ex deputato della Florida ha poi declinato l’offerta a causa dei numerosi scandali emersi che lo vedevano protagonista, tra cui un’indagine su presunti traffici sessuali risalenti al suo periodo nel Congresso.
Nomine come quella di Gaetz sono state considerate più che altro dei tentativi di Trump per saggiare l’ampiezza dello spazio di manovra in Senato e alla Camera, non nel confronto tra Democratici e Repubblicani, ma proprio tra quei rappresentanti più conservatori all’interno del GOP (acronimo di Gran Old Party ndr)e quelli invece disposti a seguirlo fino in fondo.

Un nuovo sguardo all’economia (?)
L’annuncio di altre nomine era invece nell’aria da ben prima della vittoria elettorale: sarebbe impensabile non citare l’ingresso nella nuova amministrazione del multimiliardario Elon Musk alla guida del Department Of Government Efficiency, sigla che richiama il nome Doge, la criptovaluta comparsa nel 2013 e sponsorizzata negli ultimi anni proprio da Musk, fino a raggiungere un valore prima impensabile.
Proprio attraverso il mondo delle criptovalute e della tecnologia blockchain è possibile osservare un aspetto particolarmente curioso: sin dai primi istanti successivi alla vittoria di Donald Trump il valore delle criptovalute più influenti (Bitcoin, Ethereum, Ripple, il già citato Dogecoin…) ha subito un’impennata senza precedenti.

Oltre a portare nuova luce sul mondo crypto e sullo sviluppo della tecnologia blockchain (il complesso e rivoluzionario sistema su cui poggia l’esistenza stessa delle criptovalute, e non solo) l’elezione di Donald Trump apre a nuovi scenari sull’impiego di queste nuove, controverse risorse anche a livello statale ed internazionale. Un forte segnale a testimonianza di questa direzione è stato l’annuncio delle dimissioni di Gary Gensler da direttore della SEC (Security and Exchange Commission), da sempre estremamente critico riguardo alla proliferazione delle criptovalute, evento a cui i titoli di questo mercato hanno reagito con un’ulteriore impennata.
Trump dopo il 20 gennaio 2025: uno sguardo oltre il palco di Capitol Hill
Si tratta davvero di tanta carne al fuoco per un presidente che non si è ancora insediato. Il tutto senza contare le pesantissime ripercussioni a livello internazionale, sui molteplici fronti di politica estera (alcuni delicatissimi) in cui gli Stati Uniti si trovano attualmente impegnati. È proprio per questo che abbiamo deciso che un’amministrazione così peculiare e dagli sviluppi così incerti, anche per noi europei, necessita di un’analisi costante, variegata, possibilmente dissacrante. Pensiamo sia l’unico modo per tenere il passo di un nuovo capitolo di storia americana che promette di essere, rimanendo ottimisti, quantomeno sTrampalata.
Chissà se anche questi pensieri affolleranno la mente del nuovo, vecchio Presidente, nel momento in cui poggerà la mano sinistra sulla Bibbia sorretta dalla amata moglie Melania (che probabilmente non si era mai ritrovata fisicamente così vicina al marito negli ultimi quattro anni). Tutto questo deve ancora succedere, ma sembra già di vederlo: sulla facciata ovest di Capitol Hill, dove quattro anni fa la democrazia statunitense ha ricevuto il suo sfregio più grande, Donald Trump trionfa ancora, premiato proprio da quella democrazia che aveva tentato di soffocare.

Davanti a lui, oltre il palco, una folla che festeggia, proiettata in un futuro che ancora non conosce e che difficilmente sarà possibile anticipare. Per quanto ci riguarda, manteniamo cautamente la nostra previsione: nubi consistenti, possibili rovesci in arrivo.
Seguiranno aggiornamenti.
Matteo Minafra
(In copertina, il ritratto ufficiale di Donald Trump)
Che aria tira a Washington DC? – La sTrumpalata di gennaio 2025 è il nuovo articolo di Matteo Minafra della rubrica sTrumpalate, che raccoglie ori ed orrori dell’aministrazione Trump.