“La stanza accanto” (in originale, ”The room next door”) è il nuovo capolavoro estetico filosofico di Pedro Almodóvar, disponibile in Italia sui grandi schermi dal 5 dicembre 2024. Una storia toccante che tratta il tema della morte attraverso metafore di pura vita, l’ultimo film del regista e produttore spagnolo è ispirato al romanzo “Attraverso la vita” (2022) di Sigrid Nunez ed è già vincitore del Leone d’oro all’81esima Mostra del cinema di Venezia.
La stanza accanto si tratta del primo lungometraggio americano dell’amato Almodóvar, all’interno del quale si ritrova la magistrale interpretazione di molteplici volti noti del cinema internazionale. In particolare, Tilda Swinton e Julianne Moore, ma anche John Torturro e Alessandro Nivola, sebbene con ruoli minori. Le due attrici protagoniste vestono rispettivamente i panni di Martha ed Ingrid, due amiche di vecchia data che si sono perse negli anni a causa degli impegni della vita.
Nel realizzare i loro personaggi, il regista afferma di aver voluto narrare la vicenda di due donne di New York appartenenti a una generazione che conosce bene: quella della metà degli anni ‘80. Ed è proprio questa l’ambientazione in cui veniamo catapultati fin dalla prima scena: una gelida Grande Mela che sembra quasi essere oscurata dalla “storia d’amore tra Ingrid e Martha”, come riportato da Swinton nell’intervista in occasione della première del film al festival di Venezia.
Fa più paura morire o vivere soli?
La stanza accanto racconta dei risvolti della grande amicizia tra Ingrid e Martha quando la seconda scopre di starsi avvicinando alla fine della sua vita.
Ingrid è una scrittrice autobiografica di successo intenta, all’inizio del film, a promuovere il suo ultimo libro sulla paura di morire: paradossalmente, il tema su cui vertirà poi l’intera storia. La sua quotidianità viene interrotta dalla notizia della grave malattia da cui è affetta Martha, amica con cui aveva ormai perso i contatti.
Abile reporter di guerra del New York Times che ha passato la vita a girare il mondo, Martha ha ormai parecchia familiarità con la morte. Tranne che con la sua. Di fronte al progredire del cancro, si accorge infatti di non essere in grado di affrontare tutto da sola. La sua sembra così essere una paura schiacciante nei confronti della solitudine, più che della morte stessa.
Per questo, quando Ingrid bussa alla sua porta per farle visita, Martha cercherà di tenerla stretta a sé il più possibile. Così stretta da domandarle perfino di aspettare “nella stanza accanto” la sua morte. Attraverso una pillola dell’eutanasia rimediata nel dark web, sarà infatti la stessa Martha a decidere il luogo e il momento della sua fine, convinta di meritare una morte dignitosa e indolore e determinata a battere sul tempo l’avanzata della malattia.
Martha e Ingrid: un’amicizia rafforzata dalla fine
La differenza caratteriale fra le due protagoniste è evidente: da un lato si vede Martha, esausta dai numerosi cicli di cure che non sembrano mai funzionare e desiderosa di essere artefice della propria morte, come lo è stata della propria vita. Personaggio ironico e sicuro di sé, le sue idee sono chiare fin dall’inizio: non si lascerà piegare da nessuna influenza altrui.
Dall’altro lato si trova il personaggio di Ingrid, più riluttante e indeciso. Non è convinta delle sue scelte e spera fino all’ultimo di riuscire a far cambiare idea a Martha. Nonostante ciò, quello interpretato da Julianne Moore è forse il personaggio più interessante.
Ingrid, infatti, attraversa una versa e propria evoluzione nel corso del film: dal non comprendere come qualcosa che sembra così vivo possa voler morire, arriva a immedesimarsi perfettamente nella condizione della sua amica, da sempre abituata a viaggiare in giro per il mondo e ora confinata a letto, incapace perfino di scrivere o leggere.
La crescita del suo personaggio risulta evidente soprattutto nella scena in cui si ritrova ad affrontare con cautela e fermezza il poliziotto fondamentalista che accusa l’eutanasia di essere un crimine.
Il film parla di una donna che è agonizzante in un mondo che è agonizzante anch’esso.
Pedro Almodóvar.
Vivere e morire con dignità: la potenza della scelta
Nel film viene affrontato un tema ancora molto discusso in tutto il mondo: l’eutanasia. Martha decide infatti di interrompere la sua vita prima che lo faccia il cancro, così da non lasciare alcuna vittoria alla malattia.
A questa sua ferma decisione si contrappone invece quella dell’amica Ingrid, che trova la sua scelta assurda. Almodóvar si schiera apertamente sul tema affrontato, confidando di essere a favore dell’eutanasia, così come mostra ne La stanza accanto.
La cosa insopportabile è che debbano (ndr. Martha ed Ingrid) comportarsi come se fossero delinquenti. L’appoggio ed il sostegno in questo momento sono molto importanti. Ma se non si hanno aiuti diventa complicato. Devi essere il padrone della tua propria esistenza. Il film parla della legge in vigore in Spagna sull’eutanasia, ma questo dovrebbe esistere in tutto il mondo: il medico dovrebbe aiutare il paziente.
Rompere con il passato è sempre un errore?
Almodóvar è apprezzato e ricordato soprattutto per la sua propensione a trattare, fin dagli esordi della sua carriera, temi grotteschi ed eccentrici. L’amore per gli eccessi è considerato infatti il suo biglietto da visita. I suoi film, realizzati con l’intento di mettere a fuoco al meglio il fervore culturale tipico del periodo post-franchista, fanno sì che il suo stile venga definito sfacciato e quasi volgare; e proprio questa caratteristica ha da sempre fatto impazzire il pubblico.
Al contrario, ne La stanza accanto, Almodóvar adotta un approccio stilistico diverso rispetto alle opere precedenti. C’è chi ha amato questo inaspettato cambio di rotta e chi l’ha odiato: non sono infatti tardate ad arrivare le critiche sul contenuto ‘troppo sobrio’ della vicenda, ritenuto fuori dalle sue corde.
Personalmente, io ho trovato invece consona la scelta di affrontare con parsimonia e moderazione temi di questo calibro: morte e vita, evoluzione e accettazione. Una vera battaglia contro la paura e la solitudine narrata attraverso un registro freddo e distaccato. Un tono contenuto e diretto, ma mai melodrammatico: i numerosi drammi della vicenda vengono infatti affrontati attraverso una miscela omogenea di umorismo e solidarietà.
Almodóvar: un regista dalle mille sfumature oltre che dai mille talenti
A livello scenografico, salta subito all’occhio la contrapposizione tra la drammaticità degli eventi e gli arredamenti delle stanze. Si può notare, infatti, un’attenta selezione di cromi accesi che sembrano voler scaldare la tragicità della trama.
I colori si esprimono anche attraverso la scelta dei costumi e sembrano raccontare un’ulteriore storia che va oltre i dialoghi: dal rossetto rosso ciliegia di Ingrid ai maglioni dalle tinte sature di Martha, nessun dettaglio è stato trascurato.
Sicuramente si tratta di un’impronta distintiva che caratterizza tutte le opere di Almodóvar, da sempre fan di stampe vivaci e colori sgargianti riversati spesso in costumi kitsch: per esempio, in Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988), in cui si può trovare la massima espressione di questo suo lato creativo.
Le tonalità delle scenografie contribuiscono infatti in modo decisivo a catturare l’attenzione dello spettatore e a immergerlo completamente nella trama.
L’obiettivo della sua telecamera è inoltre interamente occupato da arredi di alta architettura d’interni che sembrano evidenziare i contesti iper-borghesi in cui si svolge la vicenda.
Il colore preferito di Almodóvar è il rosa
Come nella maggior parte delle sue commedie, anche qui Almodóvar decide di descrivere il tema della morte e dell’eternità attraverso una visione interamente al femminile. Le donne sembrano infatti essere i soggetti preferiti del suo obiettivo: dal già menzionato Donne sull’orlo di una crisi di nervi a Julieta (2016), solo per citarne alcuni.
È lo stesso cineasta a confessare il suo amore incondizionato per i ruoli femminili che rompono gli schemi ed escono dai personaggi ordinari tipici dell’industria hollywoodiana. Donne forti, carismatiche e libere, ognuna con una storia distinta ma tutte desiderose di cambiare la propria condizione, migliorandola.
Sì, le donne sono più forti di noi. Loro affrontano i propri problemi in maniera più diretta, e per questa ragione è molto più spettacolare parlare di loro. Non so perché sono così interessato alle donne, e non voglio nemmeno sapere perché.
Pedro Almodóvar.
Empatia e ascolto: valori da coltivare
In La stanza accanto Almodóvar racconta una storia di empatia e di grande amicizia che racconta quanto sia fondamentale poter scegliere liberamente sul proprio destino. In un mondo che, come Ingrid all’inizio della vicenda, sembra non concepire come si possa voler ’uccidere’ qualcosa che vive, la capacità di mettersi nei panni dell’altro insegna che spesso l’atto più umano è quello di rispettare le scelte di chi sta soffrendo.
Parliamo tanto di vita, non parliamo mai di morte. Cosa si può dire della morte? Si può parlare di morire. Quello che descrive questo film è l’autodeterminazione: qualcuno che sceglie di prendere la propria vita nelle proprie mani e renderla quello che lei vuole per quanto può. È un trionfo.
Tilda Swinton.
Elena Menghi
(In copertina e nell’articolo, foto tratte dal film La stanza accanto di Pedro Almodóvar)