È stato un pomeriggio di scontri e violenze quello che ha infiammato il centro di Bologna nella giornata del 9 novembre 2024: tre distinte manifestazioni, di cui solo aveva dato il preavviso alla questura, hanno sfilato per le vie della città a pochi giorni dalla chiusura di una deludente campagna per le regionali.
L’unica partenza prevista era quella di un corteo di estrema destra organizzato da CasaPound e dalla Rete dei Patrioti: la presenza di queste organizzazioni aveva allarmato i più, ragion per cui erano partite numerose richieste di chiarimenti al Comune, che però non sono state sufficienti a respingere un’iniziativa del genere.
Meta finale del corteo? Piazza XX Settembre, mai raggiunta a causa di un’iniziativa nata nel cuore dei centri sociali, che hanno organizzato una contro-manifestazione anti-fascista con quasi 1200 adesioni. La stessa idea è sorta anche da un gruppo di circa 200 anarchici che, partendo in corteo dal quartiere della Bolognina, ha tentato di raggiungere il ponte di Galliera.
L’effettiva possibilità di uno scontro diretto è stata evitata dalle forze dell’ordine che, in tenuta antisommossa, hanno bloccato i due gruppi antagonisti prima che entrassero in contatto con quelli di CasaPound. Non sono mancati però gli scontri tra i manifestanti di sinistra e la polizia: il bilancio finale conta 3 agenti e 10 militanti feriti.
Il botta e risposta tra la Premier e il sindaco
Una volta riportata la calma in città è partito il consueto ping pong di responsabilità tra il Comune e il Ministero dell’Interno, che però in questo caso si è allargato fino alla Presidenza del Consiglio. Il sindaco Matteo Lepore ha per primo criticato il via libera dato dal Governo alla manifestazione dei gruppi di estrema destra, accusando la maggioranza di aver portato in città “300 camice nere”.
Il primo cittadino ha riferito che alla riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza tutti si erano detti contrari allo svolgimento della manifestazione in centro a causa dei rischi per l’incolumità delle persone. Poi però le cose sono andate diversamente:
Evidentemente è intervenuto qualcosa a livello nazionale, forse dal Viminale. Tutto il governo, Meloni e Salvini in testa, hanno passato le ultime 24 ore a fare ramanzine alla città. Ma qui il tema è su come si è gestito l’ordine pubblico. Chi ha deciso di fare la manifestazione in centro a Bologna? L’hanno deciso i Patrioti e Casapound.
Immediata la replica dei vertici dell’esecutivo: Meloni, Salvini e Tajani hanno difeso a spada tratta l’operato del governo, ponendo invece l’accento sulla contro-manifestazione non autorizzata dei collettivi studenteschi che hanno portato agli scontri con la polizia da parte dei “delinquenti rossi”, così definiti da Salvini, che riporta come anche a Milano nella stessa giornata si sia svolta una “caccia all’ebreo” per mano dei manifestanti pro-Palestina.
Il Presidente del Consiglio ha invece criticato l’atteggiamento di Lepore, a suo dire incoerente nei suoi confronti, aggiungendo che la Sinistra vuole trascinare la maggioranza in uno scontro ideologico evocando lo spettro del fascismo, che invece è proprio ciò che il governo vuole evitare:
Diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una faccia in privato. Perché io diffido di chi in privato mi chiede cortesemente collaborazione e invece a favore di telecamera mi accusa di essere una picchiatrice fascista. Perché se io fossi la fascista che il sindaco Lepore dice non dovrebbe chiedermi collaborazione, perché non dovrebbe voler collaborare con me.
La questura, tra responsabilità e ordini eseguiti
Al termine della giornata di scontri, il questore Antonio Sbordone ha ringraziato i membri delle forze dell’ordine in loco per aver garantito a tutti il diritto di manifestare e aver impedito che i due cortei entrassero in contatto e ha espresso la propria solidarietà agli agenti feriti, ribadendo che essi non devono essere considerati carne da macello.
Tuttavia, non è stato possibile evitare la guerriglia che si è scatenata con i manifestanti antifascisti, mentre gli esponenti di Casapound e della Rete dei Patrioti hanno rivendicato, a detta loro, di aver agito con responsabilità e senso civico senza cadere nelle provocazioni degli antagonisti.
Eppure, proprio uno dei capi del corteo di estrema destra sarebbe stato visto dare ordini alla polizia, fatto che poi è stato condannato dai sindacati stessi in un comunicato:
La concessione di spazi di manifestazione a movimenti con forti connotazioni fasciste, specialmente in luoghi simbolici come piazza XX Settembre a Bologna […], appare non solo inopportuna, ma anche irresponsabile […]. Tuttavia, riteniamo inaccettabile quanto abbiamo potuto osservare in alcune immagini che mostrano uno dei leader dei movimenti di estrema destra dare ordini ai funzionari responsabili dell’ordine pubblico…
Nonostante ciò, la questura ha smentito che gli agenti abbiano preso ordini dai membri di CasaPound, sostenendo che si sia trattata di una normale interlocuzione coi manifestanti al fine di garantire la sicurezza dei cittadini. Sempre secondo la questura, proprio grazie a queste interlocuzioni è stata ridotta la durata del corteo, che si è concluso prima dell’arrivo previsto in piazza XX settembre.
Chi ha aperto le porte della città?
Al centro del dibattito vi è proprio la prefettura, che avrebbe autorizzato i manifestanti di CasaPound di propria sponte e in contrasto rispetto a quanto stabilito congiuntamente, facendo fede alle parole del sindaco.
Lepore ha infatti sostenuto che i vertici del Comitato per l’ordine pubblico fossero favorevoli a far convergere il corteo in altri spazi, ma che in seguito a pressioni ricevute dai piani alti del Viminale, abbiano ribaltato quanto già deciso.
Non si è fatta attendere la smentita del prefetto stesso, Attilio Visconti che ha invece riportato che la manifestazione era stata sì oggetto di approfondito esame in Comitato (a cui era presente anche il sindaco), ma che si era constatato che non c’era motivo di vietarla.
L’opinione comune era che si sarebbe potuta svolgere fuori dal centro, ma la mediazione con gli organizzatori ha portato solo alla riduzione del percorso e della durata del corteo. Dalla prefettura quindi arrivano queste parole:
Si smentisce categoricamente che indicazioni sullo svolgimento dell’evento o sulla sua gestione siano pervenute dal ministero dell’Interno o da chiunque altro. Certe affermazioni sono al limite del diffamatorio.
Istantanea anche la controbattuta del capo di Gabinetto del Comune, Matilde Madrid, che ha minacciato di pubblicare i verbali della riunione in cui si attesta all’unanimità che la manifestazione avrebbe dovuto svolgersi fuori dal centro.
Decisione che, però, non è stata rispettata, tanto che ci si chiede se le cose sarebbero potute andare diversamente se fossero state seguite tutte le direttive. Intanto, in seguito ai fatti di Bologna del 9 novembre, i collettivi di sinistra hanno già annunciato nuove manifestazioni contro il Governo Meloni.
Anche questa volta la polizia userà i guanti bianchi come con i Patrioti? Il dubbio è ormai legittimo in un’ Italia che, sempre più radicalizzata, stende il tappeto rosso a chi canta “Faccetta nera” (o addirittura conserva gelosamente busti del Duce) e prende a manganellate chi intona “Bella Ciao”.
Michela Marchesini e Alessandro Palmanti
(In copertina, immagine da Il Resto del Carlino)