In occasione dei 50 anni dalla pubblicazione del romanzo La Storia di Elsa Morante (Einaudi, 1979), Tiziana De Rogatis e Chiara Lagani, rispettivamente professoressa universitaria e attrice, hanno portato in scena, sul palco del LabOratorio San Filippo Neri di Bologna, uno spettacolo a tema. A margine dell’evento, Chiara Celeste Nardoianni ha avuto l’occasione di intervistarle.
Tiziana De Rogatis e Chiara Lagani, in breve
Classe 1969, Tiziana De Rogatis insegna Letterature comparate presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 1996 inizia a lavorare come redattrice per la rivista di Teoria e Critica della Letteratura Allegoria.
È specializzata in Montale su cui ha scritto anche la propria tesi di laurea, oltre Mappe del tempo. Eugenio Montale e T. S. Eliot, (Pacini, 2013), un commento integrale alla raccolta di Montale Le Occasioni e Montale e il classicismo moderno (Ist. editoriali e poligrafici, 2002).
È la massima esperta del fenomeno letterario contemporaneo più dibattuto, Elena Ferrante, su cui ha pubblicato Elena Ferrante, parola chiave (edizioni e/o, 2018). Ha inoltre pubblicato Homing/Ritrovarsi. Traumi e translinguismi delle migrazioni in Morante, Hoffman, Kristof, Scego e Lahiri (edizioni UniStraSi, 2023).
Chiara Lagani, classe 1974, laureata in Filologia Classica, oggi è autrice e interprete di numerosi spettacoli. Nel 1992 ha fondato a Ravenna la compagnia teatrale Fanny & Alexander.
Inoltre partecipa a numerosi convegni internazionali su argomenti di carattere letterario con esperti di fama internazionale.
Ha pubblicato con Elio Germano l’opera La mia battaglia (Einaudi, 2021) da cui è stato tratto uno spettacolo dal titolo Segnale d’allarme. Inoltre, è autrice, insieme a Mara Cerri, della graphic novel del romanzo L’amica Geniale (Coconino, 2022), di cui esistono anche le versioni in spagnolo e tedesco.
Tra le due c’è un forte rapporto di amicizia, stima e complicità, in sintesi di sorellanza che è stata chiara sul palco del LabOratorio di San Filippo Neri lo scorso 19 ottobre in un reading su La Storia di Elsa Morante composto dalla lettura di brani tratti dal romanzo, a cura di Chiara Lagani e riflessioni, commenti al testo a cura di Tiziana De Rogatis.
La storia e la “Storia”
Il romanzo, pubblicato nel 1994, fu oggetto di un importante dibattito letterario che si pronunciò in modo negativo sull’opera. Infatti, la classe intellettuale di sinistra, tra cui Pier Paolo Pasolini, si disse sfavorevole ad un romanzo che appariva come l’epopea delle persone umili, come emerge fin dalla seconda epigrafe che apre il libro, tratta dal Vangelo secondo Luca:
…hai nascosto queste cose ai dotti e ai savi e le hai rivelate ai piccoli… perché così a te piacque.
Il tempo ha contraddetto lo sprezzo con cui questo romanzo fu accolto, rivelando la sua grandiosità.
Si tratta infatti di un capolavoro della letteratura italiana del Novecento perché come recitava la copertina ha come argomento principale “uno scandalo che dura da diecimila anni”, che è lo scandalo dell’umanità. Infatti, sono sempre gli ultimi a pagare il prezzo delle scelte nazionali e internazionali, come le guerre appunto.
Il romanzo, inoltre, si oppone all’ archivio patriarcale della storia in cui vi è un’assoluta mancanza di voci femminili. La voce narrante è infatti incarnata da una donna, che si mostra come un’etnografa sprezzante che alterna sentimenti opposti sulla condotta della protagonista Ida, da una parte colpevolizzandola per la sua mancanza di strumenti conoscitivi, ma dall’altra riconoscendola come una vittima.
Le vittime della storia
Nel romanzo i personaggi che più subiscono i colpi inferti dal corso della storia, sono i bambini, ma allo stesso tempo essi incarnano una risorsa, un’ancora di salvezza, come recita il titolo di una raccolta di poesie proprio di Elsa Morante Il mondo salvato dai ragazzini (Einaudi, 1968).
Useppe, il figlio più piccolo di Ida, personifica il trauma della guerra che si manifesta nell’incapacità di tradurla in parole. Il bambino osserva tutto, assiste alla devastazione, alla sofferenza, alla morte ma non ne sa niente perché gli adulti non gli forniscono nessun dato oggettivo.
Questo illude di proteggerlo, ma non basta a salvarlo perché un malessere, si fa strada dentro di lui, traducendosi anche in manifestazioni fisiche improvvise.
Useppe si rapporta spesso con gli animali, che nell’opera sono molto presenti. Un cane, un gatto, un uccellino, un coniglio: rimandano tutti una dimensione altra, a cui il romanzo ricorre quando vuole interrompere il corso traumatico della storia. Infatti, Morante e questo romanzo possono essere considerati precursori degli studi sul trauma.
Chiara Celeste Nardoianni: Quest’anno La Storia di Elsa Morante compie il suo cinquantesimo anno. Quali sono le ragioni del titolo di questa serata, Le storie della storia? Quali sono queste storie che stasera ci narrerete?
Tiziana De Rogatis: La prima storia che racconteremo è quella di Ida, la protagonista del romanzo, che cerca disperatamente e inutilmente di salvare il figlio Useppe e, in parallelo, la storia di suo fratello Nino.
Con questo titolo, con questo gioco di minuscola e maiuscola, Chiara e io volevamo parafrasare e omaggiare il pensiero di Morante, che emerge dal titolo La Storia. Romanzo. Infatti, le storie, anche quelle generate dalla fantasia, dall’immaginazione narrativa, sono più vere della testimonianza storica del grande archivio patriarcale della storia. Morante desiderava creare una controstoria fatta dalle vite minime, che diventa una narrazione, seppur immaginata, tuttavia più vera della oggettività degli archivi della storia con la S maiuscola. Questo è stato un po’ il nostro pensiero.
C.C.N.: Quali riflessioni può suscitare questo romanzo sull’epoca presente?
Chiara Lagani: Sì, è un romanzo che oggi ha un forte attrito col presente. Penso che non ci sia un’epoca che non si possa riconoscere in romanzi così forti, così importanti, perché quello di cui parlano è universale e tocca degli archetipi della storia umana.
Però, in effetti, queste pagine potrebbero veramente essere state scritte oggi perché la nostra epoca di distruzioni, di guerre, sembra definitiva, finale, per l’umanità.
T.D.R.: Io mi riconosco molto in quello che ha detto Chiara e anche Elsa Morante vi si riconoscerebbe perché una sua fonte di ispirazione fondamentale nella scrittura di questo romanzo è stato un grande archetipo, cioè l’Iliade.
Lei è partita dall’Iliade, in particolare da un commento dell’opera a cura della filosofa francese Simone Weil che conteneva l’idea che la realtà fosse attraversata da un campo di forze spietato che sfugge al controllo degli uomini e li distrugge. Questo romanzo porta quindi a leggere il Novecento come un’Iliade contemporanea in cui, come dice Chiara, un grande fantasma della violenza umana può tornare in quella forma universale che diede così fastidio, soprattutto agli intellettuali di sinistra nel ‘74.
Al tempo stesso purtroppo il nostro momento storico in particolare, così estremo, così segnato dal trauma e da un senso catastrofico di fine del mondo, è l’inveramento più urgente del romanzo. A cominciare dalla prima epigrafe, quella sulla cavia di Hiroshima che si chiede il perché del suo dolore. Il sopravvissuto di Hiroshima, infatti, dice che nessuna cavia è in grado di spiegare il perché del dolore a cui viene sottoposta. Credo che il trauma odierno sia l’inveramento de La storia e che Morante sia stata una grande profeta.
Non c’è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte
C.C.N.: In riferimento al reading di stasera, ho pensato anche ad altri prodotti culturali che sono stati tratti da questo romanzo, ad esempio, l’anno scorso la serie televisiva. Perché quest’opera è così adattabile a forme artistiche differenti rispetto a quella letteraria?
C.L.: È un romanzo stratificato, complicatissimo, forse le serie, il cinema, la tv, riescono ad abbracciarlo. La forma serie in particolare credo sia molto adatta perché ha questo dipanarsi nel tempo. È un bellissimo lavoro quello che hanno fatto.
Sarebbe molto interessante per me anche vederlo a teatro. Peccato che quest’anno non ci sia uno stabile, un grosso teatro che l’abbia proposto. Questo probabilmente ha a che fare con la difficoltà estrema di ridurre un romanzo che sembra così irriducibile, forse è anche una questione di diritti che non sono semplici da avere, però è un peccato.
Davide Lamandini: Sì, forse e più che ridurre tutto il romanzo, bisognerebbe prenderne alcune parti. Visto che abbiamo parlato dell’Iliade, potrebbe essere un’idea estrapolare singole parti come fosse un canto dell’Iliade e portare quello, come si faceva con i poemi omerici.
C.L.: Certo, è una idea molto bella questa, sicuramente.
C.C.N.: Come è nata la vostra collaborazione e come è nato questo spettacolo? È la prima volta che lo portate in scena o l’avete già portato?
C.L.: Il progetto e il rapporto con Tiziana non nasce qui, siamo amiche prima di tutto.
Ma collaboriamo dai tempi in cui io per la prima volta misi in scena Ferrante, perché lei è la sua studiosa più importante in Italia e ha scritto un libro meraviglioso che ho letto subito quando ho cominciato a lavorare su Ferrante e ho detto chissà se è una persona abbordabile. Non sapevo che sarebbe nata una grande amicizia.
Sentiamo una grande sintonia in tanti progetti e quindi quando Tiziana mi ha proposto di creare un reading che fosse fatto di storie raccontate e storie lette tratte da La Storia e di una parte bellissima invece che lei ha scelto curato, ho subito accettato.
Sono una decina di cartelle che ti danno la sensazione di aver letto il libro che è lunghissimo, però esci dallo spettacolo con la voglia di leggere il romanzo.
Sentire le persone che, o avevano letto il romanzo in passato o non l’avevano letto dire: “Esco di qui, voglio subito andarmelo a leggere” penso che rappresenti il complimento più forte e anche una grande soddisfazione per noi.
Molte persone hanno già visto questo lavoro perché non debutta qui a Bologna, ma ha avuto due differenti versioni a Roma e ne avrà probabilmente altre. È bello che muti nel tempo e che si stratifichino delle forme anche diverse. Abbiamo anche progettualità future stratificate, complesse con Tiziana; per me è una delle amicizie più stimolanti che ho dal punto di vista intellettuale, perché condividiamo moltissime cose.
T.D.R.: Sì, davvero un legame sotto il segno di Ferrante per il fatto che lei, anche se in modo ambivalente, ha raccontato anche l’alleanza tra le donne.
Infatti, i primi due reading che abbiamo portato a Roma sono stati nella Libreria Tuba, la libreria lesbo-femminista del Pigneto di Roma, e poi nella Casa Internazionale della Lungara, rivendicando l’eredità di un osservatorio Morante che, secondo me, influisce profondamente sulle scrittrici contemporanee, anche se in modi oscillanti, intermittenti.
La capacità di ancorare le vite minime a grandi svolte traumatiche della grande storia oggi è incarnata dalle scrittrici contemporanee italiane molto più che dagli scrittori che hanno tendenze più alla frammentazione sperimentale o al cinismo, o a tutte e due, per la maggior parte, ma ci sono delle eccezioni. Quindi rivendichiamo anche questo tema del genere, della specificità delle donne, questo perché per molte è stato importante.
Chiara Celeste Nardoianni in collaborazione con Davide Lamandini
L’intervista a Tiziana De Rogatis e Chiara Lagani è stata organizzata in collaborazione con l’Oratorio San Filippo Neri e Mismaonda.