
La scrittrice Maria Grazia Calandrone, finalista al Premio Strega 2023 con il romanzo Dove non mi hai portata (qui la recensione di Diego Bottoni), lo scorso 4 ottobre, durante il Festival Eccentriche, ha portato sul palco del LabOratorio San Filippo Neri un ritratto estremamente orgoglioso della poetessa bolognese Nella Nobili. A margine dell’evento Chiara Celeste Nardoianni ha avuto l’occasione di intervistarla.
Nella Nobili, una poetessa ingiustamente dimenticata
Nella Nobili nacque a Bologna nel 1926 in un contesto sociale e familiare molto umile. Proprio per questo, alla sola età di quattordici anni, in piena epoca fascista, cominciò a lavorare in un laboratorio di ceramica, e successivamente in fabbrica.
Ma al lavoro pratico affiancò presto anche un’intensa attività di lettura e ricerca.
La sua curiosità la portò ad approfondire la letteratura: da quella italiana a quella europea, da Rilke a Dickinson.

A Bologna, negli anni ’40, grazie al poeta espressionista Aldo Borgonzoni e a Giorgio Morandi, entrò in contratto con esponenti letterari rilevanti per l’epoca quali Renata Viganò, Pier Paolo Pasolini e Sibilla Aleramo, e frequentò ritrovi intellettuali come il Caffè Galvani.
Successivamente, in virtù della sua affermazione poetica e letteraria, decise di trasferirsi a Roma nel 1949, anno anche della pubblicazione della sua prima raccolta dal titolo Poesie.
La denuncia sociale nella poesia di Nella Nobili
Nella scrittura Nobili affrontò la propria condizione di lavoratrice precaria priva di diritti, soggetta a ritmi di lavoro alienanti. Per questo le fu riservata l’etichetta di “poetessa proletaria”, di cui molto difficilmente riuscì a liberarsi, anche quando si affermò in ambito letterario.
È una prigione la fabbrica
È un inferno la fabbrica
Una punizione
Quando ci entri a quattordici anni.
Poesie, p. 185.
La necessità di essere apprezzata per la sua poesia e di non essere sempre ricondotta alla sua provenienza sociale la fece migrare da Roma verso Parigi. Infatti, nei suoi Diari Nobili ricorda il salotto della scrittrice Maria Bellonci, fondatrice del Premio Strega, così:
No, davvero, non mi vedevo al fianco della sultana delle lettere che mi aveva esibito come un piccolo fenomeno da baraccone vestito da poetessa operaia.
Nella capitale francese Nobili riuscì finalmente a svincolarsi dagli stereotipi e a vivere più liberamente anche la sua vita affettiva.
Tu l’hai amata quella ragazza dagli occhi grandi
Di cui ho scordato il nome ma potrei ancora
Districare uno a uno i fili castani dei suoi capelli
Sfiorare le sue labbra con un dito la sua pelle dorata
Imperlata di sudore. Potrei ancora
Bere quelle perle la mia libertà
Senza intralci. La mia libertà
Selvaggia.
Poesie, p. 216.
La poetessa, infatti, non nascose mai il proprio amore per il genere femminile e rese anche le sue relazioni lesbiche oggetto di poesia. A Parigi riuscì a vivere più liberamente anche la sua sfera sentimentale con la compagna Edith Zha. Di questo periodo ricordiamo le raccolte:
Il sonno della ragione genera mostri (Le Sommeil de la raison engendre des monstres, Théâtre, 1970), La ragazzina in fabbrica (La jeune fille à l’usine, 1978), Le donne e l’amore omosessuale (Les femmes et l’amour homosexuelle, 1979 con Edith zha), Storie d’amore (Histoire d’amour, Prose,1980).

Maria Grazia Calandrone, in breve
Maria Grazia Calandrone ha recentemente curato l’opera Ho camminato nel mondo con anima aperta (Solferino, 2018) di Nella Nobili per trasmettere il proprio amore per la poetessa a un pubblico che, probabilmente, non ha ancora avuto la possibilità di conoscerla.
Calandrone è un’affermata poetessa, scrittrice e autrice di testi teatrali.
Esordisce nel 1994 con una silloge dal titolo Illustrazione, che ha vinto il Premio Montale per l’inedito. Il suo primo romanzo è L’infinito mélo (Luca Sassella Editore, 2012). Alcune delle sue opere più recenti che ricordiamo sono: Splendi come vita (Ponte alle Grazie, 2021), candidato al premio Strega 2021, Dove non mi hai portata (Einaudi, 2022) finalista del Premio Strega 2023.

Recentemente ha pubblicato Magnifico e tremendo stava l’amore (Einaudi, 2024).
Nella sua opera Calandrone alterna racconti che si fondano sull’introspezione e l’intimità ad altri più civilmente impegnati che hanno come oggetto questioni sociali e politiche.
Tra quest’ultime ricordiamo Sulla bocca di tutti (Crocetti, 2010), vincitore del Premio Napoli nel 2010, che esamina il drammatico evento del crollo delle Torri Gemelle, ma anche La macchina responsabile (Crocetti, 2007), testo in cui l’autrice riflette sul fenomeno delle stragi di massa.
Nella Nobili al LabOratorio San Filippo Neri
Maria Grazia Calandrone lo scorso 4 ottobre è stata una delle protagoniste della seconda serata di Eccentriche, un festival tutto al femminile con la direzione artistica di Sara De Simone.
Il festival si pone l’obiettivo di far emergere storie di donne che si sono distinte per la loro eccezionalità, e che hanno infranto le norme sociali.
Nella Nobili ha intessuto la propria opera letteraria con le proprie esperienze di vita, non celando il proprio orientamento sessuale, ancora motivo di scandalo e pettegolezzo per l’epoca. Attraverso la propria poesia la scrittrice ha denunciato la propria condizione di lavoratrice sfruttata.

Entrambi questi fattori hanno costretto Nobili in una posizione di marginalità letteraria per decenni, discriminata in quanto donna e in quanto povera, e per questo si merita, senza dubbio, il titolo di eccentrica.
Sul palco Calandrone non era sola. Con lei era presente l’attrice Laura Pizzirani che si è occupata della lettura delle poesie di Nobili.
Chiara Celeste Nardoianni: Perché eccentriche e perché Nella Nobili può essere definita una donna eccentrica?

Maria Grazia Calandrone: Per mille motivi. Lei è stata una consapevole rivoluzionaria.
In tempi in cui l’omosessualità femminile era riservata all’alta società lei da operaia qual era si è presa il lusso di scrivere poesie d’amore per le donne. È stata rivoluzionaria sì, ma è anche stata rivoluzionata lei stessa dalla poesia.
Ha conosciuto la poesia per caso, a scuola, come tutti.
Tutti noi passiamo attraverso la poesia ignorandola e invece lei ne è stata colpita al cuore. Da lì ha dedicato la sua vita a questo, a scrivere poesie, a tradurre. Ha imparato l’inglese e il tedesco per tradurre le poesie di Dickinson e di Rilke, che erano i suoi maestri spirituali.
Nella Nobili è una donna che a un certo punto si è presa anche il lusso di andarsene da Roma perché l’aveva stufata, per trasferirsi a Parigi. Nella capitale continuava a essere dipinta come la poetessa operaia, ma era un costume che le stava stretto. Quindi si è reinventata da zero.
È andata a Parigi senza niente, senza conoscenze, senza soldi, semplicemente col suo talento e la sua voglia di fare.
C.C.N.: Io sono una studentessa di Lettere, ma purtroppo non mi è mai capitato di studiare Nella Nobili. Perché, secondo lei, la sua figura non si studia?
M.G.C.: Ma perché se n’è andata. Lei aveva avuto un grande successo col primo libro Poesie nel ‘49, a cura di Tosi e Danzi. Poi era entrata nel giro di Maria Bellonci. A un certo punto, per i motivi che dicevo prima, perché non si sentiva a suo agio, se ne andò. Infatti, stasera leggerò un pezzo di diario dove lei racconta di come Maria Bellonci non la capisse.
Se ne andò e tentò, quando era a Parigi, di mandare questa bellissima raccolta La ragazzina in fabbrica (1948) a Simone de Beauvoir che non la apprezzò e non solo, le rispose anche in una maniera decisamente discutibile.
Le rispose proprio come un’alta borghese che non capiva niente della fatica che quella ragazza aveva fatto per scrivere quelle poesie, dicendo che la poesia deve essere una missione, un lavoro. Il libro invece andava pubblicato. Infatti, dopo, una piccola casa editrice ha deciso di pubblicarlo ma non è stata aiutata.
Anche Maria Luisa Spaziani era andata a Parigi per incontrarla e l’aveva descritta come una miserella con lo scialle che aveva fatto addirittura la colletta tra i compagni operai per pubblicare il libro. Non si è mai liberata da questa macchietta della poetessa operaia e quindi la sua poesia non è mai stata presa in considerazione, scindendola da chi l’aveva scritta. Le sue poesie sono estremamente moderne per i temi, come quelli legati all’omosessualità femminile e alla fabbrica.
Sono delle poesie ingenue da un punto di vista letterario, però non ci sono altre poesie coeve di grandi poetesse, se leggiamo quelle di Ada Nigri, ad esempio, non sono certo migliori. Quindi insomma, collocandola nel suo tempo storico, era una poesia che meritava di essere pubblicata.
Davide Lamandini: Secondo lei non è stata capita per l’ingenuità dei suoi testi da cui si capiva che non era una donna colta?
M.G.C.: Sì, non era una donna colta perché non aveva potuto studiare. Lei a quattordici anni era andata a fare la vetraia. Prima dei quattordici anni consegnava bottiglie di latte, solo perché non si poteva lavorare all’epoca. Per cui era una donna che scriveva come poteva.
Lei leggeva, studiava e scriveva durante la notte. Io questa cosa l’apprezzo immensamente. Secondo me vale di più una poesia scritta così, con questa passione, anche se poi il livello letterario non è quello che ci aspetteremmo da una scrittrice, piuttosto che una poesia di una persona che ha tutte le possibilità per poter scrivere.

C’è una necessità vitale, biologica di scrittura. Leggerò una poesia Da mezzogiorno alle due in cui si capisce che quel pezzettino di tempo che lei poteva dedicare alla scrittura era quello che le dava la possibilità di continuare a vivere perché sennò si ammazzava, come peraltro poi ha fatto.
Legge qualche pagina e sogna
Fra mezzogiorno e le due
Aggrappa quei pensieri a quei sogni
Per il resto del giorno
(da Poesie)
Intervista a cura di Chiara Celeste Nardoianni, con la collaborazione di Davide Lamandini
In copertina Nella Nobili (Foto: Someprefercake)
L’intervista a Maria Grazia Calandrone è stata organizzata in collaborazione con l’Oratorio San Filippo Neri e Mismaonda.

