“The Substance” (2024) è un film body horror diretto dalla regista francese Coralie Fargeat, già nota per il suo primo lungometraggio acclamato dalla critica e interpretato da Matilda Lutz, “Revenge” (2017). Se con questa prima opera Fargeat si era già spianata la strada per Hollywood e aveva ottenuto il riconoscimento meritato, con la regia di “The Substance” non solo non si smentisce, ma, anzi, si supera.
The Substance, l’ultima pellicola di Coralie Fargeat, non ha lasciato gli spettatori e la giuria indifferenti al 77° Festival di Cannes ed è stata dichiarata vincitrice nella categoria di Miglior sceneggiatura. In Italia, invece, è stata presentata in anteprima il 17 ottobre a Roma, in occasione della Festa del Cinema, e il 30 ottobre è uscita nelle sale dei cinema italiani.
Un nuovo caso cinematografico “in rosa”
Nel cast si annoverano nomi del cinema ben noti come Demi Moore, protagonista di diversi film cult degli anni Novanta, da Ghost (1990) a Codice d’onore (1992). Il secondo volto protagonista è quello di Margaret Qualley, attrice giovane e promettente ricordata in particolare per la sua interpretazione nel film di Tarantino C’era una volta a… Hollywood (2019) e nei film di Yorgos Lanthimos, tra cui Kinds of Kindness (2024), altra pellicola candidata al 77° Festival di Cannes.
“Più rosa di Barbie, più dark di Povere Creature!”: così è stato descritto da I Wonder Pictures, società di distribuzione cinematografica con sede a Bologna. Questo paragone, però, è debole: i tre film differiscono nettamente l’uno dall’altro, anche se in ciascuno di essi le questioni di genere sono centrali e affrontate sotto molteplici aspetti.
Come in Barbie (2023), osserviamo l’impronta inequivocabile di una regista donna; come in Povere creature! (2023), non manca un taglio più grottesco che suggestiona il pubblico in diversi modi: in The Substance, infatti, esso è portato all’estremo nel genere del body horror, dove paura, inquietudine e orrore sono infusi nello spettatore attraverso la rappresentazione delle deformità fisiche di un corpo.
Molti spettatori hanno lamentato, pur dichiarando allo stesso tempo il loro apprezzamento per il film, la presenza di diverse scene disturbanti – primi piani di siringhe usate per iniettare liquidi, inquadrature di corpi deformati in maniera raccapricciante, scene più pulp di violenza –, di un realismo vivido e impressionante grazie a una fotografia e un trucco magistrali, per i quali ci si potrebbe sicuramente aspettare qualche candidatura ai prossimi Oscar.
Ritornare la donna di un tempo
La protagonista di The Substance è Elisabeth Sparkle (Demi Moore), attrice con alle spalle una lunga carriera da Oscar che si trova a fare i conti con il peso dell’avanzare dell’età e con la crescente e sempre più angosciante consapevolezza di non essere più la donna di un tempo.
Tuttavia, può godere ancora dei rimasugli di quegli anni d’oro attraverso la longeva trasmissione di fitness che la vede protagonista. Ma fino a che punto il suo corpo da donna cinquantenne può continuare come una volta ad attirare l’attenzione e il gradimento del pubblico?
Questo è un problema che non sfugge ad Harvey, il produttore della trasmissione: lo show ha bisogno di una ragazza giovane e attraente e non più di una “vecchia” – come Elisabeth sente dire dall’uomo al telefono.
Harvey è mostrato fin dall’inizio del film in atteggiamenti ridicoli e grotteschi, come per esempio accade in una delle prime scene dove lo si vede ingozzarsi di un gambero dopo l’altro, con inquadrature in primo piano sulla sua bocca; ingordo di cibo quanto l’industria cinematografica, di cui lui è incarnazione, lo è di denaro.
Elizabeth arriva alla realizzazione del cambiamento del suo corpo, seguita da un momento di totale sconforto e desolazione. Tutto ciò finché la distrazione che ne segue non la porta a ferirsi in un incidente stradale.
E sarà proprio in ospedale che verrà a conoscenza, grazie a un medico molto giovane, dell’esistenza della sostanza, un liquido che, una volta iniettato nel sangue, può generare da una persona una sorta di doppio, un secondo corpo più giovane: la versione migliore di sé stessi.
L’uso della sostanza richiede che si segua una sola regola principale, senza possibilità di eccezione: l’alternanza tra Elisabeth e la sua versione più giovane deve avvenire ogni sette giorni.
Così, la protagonista ne approfitta: al momento dei casting richiesti da Harvey per sostituire la donna con una più attraente e atletica, lascia che la propria versione più giovane, nei sette giorni a sua disposizione, si candidi al casting sotto il nome di Sue (Margaret Qualley).
Una versione migliore di sé stessi?
Sue, grazie alla sua bellezza – sorriso smagliante, sedere e seni sodi, gambe snelle e prestanti – non mancherà di conquistare una giuria composta da soli uomini libidinosi, alla ricerca famelica di una preda da offrire a un pubblico più carnivoro di loro.
Le due donne, tuttavia, dovrebbero costituire un tutt’uno, due facce della stessa medaglia che devono controbilanciarsi e rispettarsi a vicenda se non intendono deperire entrambe.
Però, quando la fama comincia ad arridere a Sue e la ragazza viene persino selezionata come conduttrice per la trasmissione di Capodanno, al termine dei sette giorni a sua disposizione si rifiuta di rispettare le regole e di lasciare il posto a Elisabeth.
Così, decide di iniettarsi nel sangue una quantità maggiore della sostanza che la tiene in vita e che circola nel corpo di Elisabeth, la quale giace sul pavimento del bagno in attesa di riacquistare coscienza.
Come esito di tutto ciò, non tarderanno a manifestarsi conseguenze spiacevoli per il corpo di Elisabeth, la quale a ogni suo risveglio troverà sempre più parti del suo corpo consumate dai segni del tempo.
A quel punto, sconvolto l’equilibrio, l’unica condizione da rispettare affinché sia Elisabeth che il suo doppio beneficiassero della sostanza, ha inizio uno scontro di fuoco velenosissimo tra Elisabeth e Sue. Due nomi e corpi diversi che fungono da involucri della medesima anima.
Elisabeth, sempre più tormentata e rassegnata per la crescita della fama di Sue, invece di sentire la giovane sé rifiorire come aveva sperato, vede nel suo doppio un’entità a parte, che le ricorda chi era stata e non potrà più essere.
Ed è così che le due, invece di agire in modo collaborativo, si schierano su fronti avversari. Da una parte, Elisabeth invecchia fisicamente a causa di Sue e si fa divorare dalla cieca invidia per il corpo osannato della ragazza; dall’altra parte, Sue, godendo di sempre più stima e privilegi da celebrità, capisce di doversi liberare di ogni impedimento che osteggia la sua ascesa, e il rispetto della regola dei sette giorni ne rappresenta uno.
Corpi diversi, stessa anima
Eppure, è proprio questo conflitto di cui si rendono protagoniste a confermare l’idea di unicum che costituiscono e a cui non possono ribellarsi.
Nutrendo astio l’una verso l’altra, sembra che l’oggetto del proprio odio sia esterno a loro quando invece sono tormentate dalla stessa paura, indice dell’esistenza di un’unica anima.
Entrambe, infatti, non sono immuni al terrore del ‘brutto’ e del ‘vecchio’. Elisabeth per un momento sembra amare Sue: vedere i fiori sul tavolo che i fan le hanno regalato con il biglietto “Ti adoreranno tutti” la riporta con la mente ai tempi gloriosi che le paiono ormai perduti.
Tuttavia, una furia cieca la assale e si incrementa man mano che sofferma lo sguardo sui tratti del viso di Sue intervistata in televisione: le labbra carnose, la pelle di luna ancora immune alle rughe della vecchiaia, il sorriso di chi gode dell’apprezzamento di un intero pubblico maschile e allo stesso tempo della stima di quello femminile.
L’invidia che nutre per Sue è motivata da tutto il disprezzo che nutre anche per se stessa: Sue, alla fine, è solo una parte di sé che già esisteva, che già detestava. Adesso, però, non si tratta più solo di un ideale nella sua mente, ma di un essere umano e concreto davanti ai suoi occhi.
D’altra parte, Sue odia Elisabeth per la stessa ragione: quest’ultima non è solo un ostacolo, è l’altra faccia di un incubo, è tutto ciò da cui sta scappando e che non può tornare ad essere.
Proprio in questo senso, Sue è un tutt’uno con Elisabeth: in lei si riverbera il medesimo odio che Elisabeth prova per se stessa.
L‘ossessione per la bellezza
La trama di The Substance affronta in una veste nuova e intrigante, secondo le regole del genere del body horror, quel famoso tema del doppio già familiare a una consistente parte di letteratura.
Basti pensare a Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde (1886) di Louis Stevenson, in cui il protagonista, nell’intento di creare una versione migliore di sé, genera un doppio dalla natura spietata e irrazionale, un mostro che finisce con il prendere il sopravvento sulla sua natura umana eterogenea.
Le tematiche di questo film richiamano un altro classico della letteratura inglese, Il ritratto di Dorian Gray (1890) di Oscar Wilde. Elisabeth è paragonabile a Dorian Gray, il protagonista disposto a cedere persino la propria anima pur di ottenere la garanzia di una bellezza e giovinezza imperitura.
E Sue, proprio come Dorian, a costo di difendere la sua bellezza e tutto il successo che ne deriva, diviene un mostro dal volto angelico capace di abbandonarsi alla furia più cieca e violenta.
The Substance non si tratta, perciò, solo di un body horror, ma anche di un film che mette a fuoco il tema dell’ossessione per la bellezza e la giovinezza. Infatti, nell’industria cinematografica odierna – centrale nella pellicola – la bellezza non è solo un ideale basato su rigidi canoni sociali, ma anche un capitale su cui investire per fare leva su uno sguardo maschile che ha creato un immaginario univoco di perfezione fisica, sulla base di criteri totalmente arbitrari.
Geniale è la scelta della regista di esagerare, soprattutto nella prima parte del film, con inquadrature sugli stessi caratteri femminili da sempre ipersessualizzati nel mondo dello spettacolo, del cinema e della musica.
La presenza di queste è però controbilanciata dalle scene sempre più pulp che si susseguiranno nel corso del film, costringendo gli spettatori più sensibili a guardare certe scene attraverso le dita della mano.
L’orrore del corpo
Al ‘bello sociale’ si alterna un brutto che mira a provocare nello spettatore una reazione di disgusto e disagio. In questo modo, la regista sembra voler mettere in parallelo il bello oggettificato con la rappresentazione repellente di corpi deformati: un’accozzaglia informe di organi che con violenza si impongono sul campo visivo dello spettatore e lo turbano.
Questo a indicare che il bel corpo osannato dalla società come qualcosa di etereo e immateriale è in realtà solo immagine su uno schermo, velo superficiale di un corpo come altri, un sistema di organi.
Coralie Fargeat non poteva scegliere un genere cinematografico migliore del body horror in The Substance per rappresentare queste tendenze sociali.
Nonostante in un primo momento Sue, che dovrebbe essere la versione migliore di Elisabeth, sia più privilegiata per il proprio aspetto fisico, in realtà la giovane dipende quanto il suo doppio da ideali specifici, impostati e sfruttati da un insaziabile mercato cinematografico che fa di corpi perfetti, ammirati e allo stesso tempo invidiati, la propria fonte di guadagno.
Così come Elisabeth è schiava di questo sistema, tanto da pensare di poter ridare senso alla propria vita solo attraverso la creazione di una versione migliore di se stessa, anche Sue non potrà salvarsi dalle tragiche conseguenze di queste dinamiche malate.
Giulia De Filippis