“La Milonga del Fútbol” (Rizzoli, 2024) è l’ultimo libro di Federico Buffa che, con l’aiuto di Fabrizio Gabrielli, racconta oltre un secolo di calcio argentino. Descriverlo come una storia sportiva è riduttivo. Il ‘fútbol’ in Argentina si lega infatti a temi che vanno al di là dello sport: il colonialismo, la ricerca di un’identità nazionale e la politica.
La storia raccontata da La Milonga del Fútbol inizia idealmente il 20 giugno 1867, el día de la bandera, il giorno della prima partita di calcio disputata sul suolo argentino.
In occasione della loro colonizzazione (mai veramente completata) in terra argentina, gli inglesi importano, così come in tutti i territori invasi, the beautiful game, the game of football. Quel giorno, nel parco Tres de Febrero, otto ragazzi per ogni squadra iniziano a calciare un pallone, senza sapere bene il perché.
In poco tempo il calcio, soprannominato fútbol, diventa qualcosa che va oltre lo sport. Si trasforma in un forte strumento di affermazione identitaria, di indipendenza, contro quegli inglesi che continuano a farli sentire una colonia mancata; rappresenta un modo di illustrare il loro senso di rivalsa, un intermediario che può farli uscire dall’ombra britannica.
Gli inglesi hanno inventato il calcio, ma gli argentini hanno fatto qualcosa di molto più importante: hanno inventato l’amore per il calcio.
Federico Buffa e Fabrizio Gabrielli, “La Milonga del Fútbol”.
I campioni argentini in “La Milonga del Fútbol”
Buffa e Gabrielli raccontano un secolo di calcio argentino soffermandosi sui più grandi campioni albicelesti: da Libonatti, il primo oriundo italoargentino a spopolare in Italia, al Mumo Orsi, un “funambolo segaligno” che ha mostrato il suo talento con la maglia dell’Independiente e della Juventus.
A seguire Renato Cesarini, il primo fenomeno su cui si concentrano gli autori. Originario di Senigallia, arriva in Argentina a soli nove mesi tramite il piroscafo Mendoza, che ad inizio Novecento salpava dal porto di Genova pieno di italiani in cerca di fortuna.
Da lui nasce l’espressione “Zona Cesarini”, per la capacità di El Tano di risolvere le partite nei minuti finali di gioco.
Un altro campione è Alfredo Di Stefano, considerato da molti come uno dei giocatori più forti della storia del calcio. Ha fatto la fortuna di club come il River Plate e i Millonarios, prima di approdare al Real Madrid e di legarsi alla nazionale delle Furie Rosse.
Omar Sivori, il secondo fuoriclasse, soprannominato El Cabezón per la folta capigliatura che spiccava sul corpo minuto. Ha militato nel River Plate, dove è stato uno dei protagonisti de La Maquinita, nella Juventus e nel Napoli, vincendo 6 campionati e 2 coppe nazionali.
I due autori continuano a raccontare la storia dei protagonisti del calcio argentino, concentrandosi sulla storia del Diez per eccellenza, Diego Armando Maradona. Dalla nascita calcistica, alla doppietta siglata ai danni dell’odiata Inghilterra nel Mondiale di Messico ‘86, la vittoria di due scudetti con il Napoli e le dipendenze date dalla droga che hanno messo fine alla sua carriera.
Infine, Lionel Messi, l’erede di Maradona. È con lui che termina questo libro, quando il 17 novembre 2000, la domenica in cui a 13 anni si imbarca alla volta dell’Europa con destinazione Barcellona per iniziare a scrivere una nuova ed emozionante storia di calcio albiceleste.
La Nuestra
Come abbiamo già visto, gli inglesi hanno importato il calcio in Argentina nella seconda metà del Novecento, ma solo nella terra del sol de mayo questo sport è diventato un’ossessione.
Il calcio è penetrato attraverso tutte le fasce della popolazione, giunto fino a quelle disagiate, che trovano nella rincorsa a un pallone, […] non solo uno svago ma anche e soprattutto un apparato metaforico ben capace di illustrare il loro senso di emancipazione in un contesto duro.
P. 21.
In Argentina nasce un nuovo modello di gioco, considerato addirittura ‘fastidioso’ rispetto agli standard inglesi, chiamato La Nuestra.
La tattica utilizzata dai britannici richiama un po’ la loro mentalità dell’epoca, basata sulla conquista del territorio, così come faceva con i Paesi colonizzati. Gli inglesi lanciavano la palla, nel tentativo di avvicinarsi il più possibile alla porta.
Questo metodo non era ammesso nella terra dei pibes, che giocavano a calcio così come nella vita: con fantasia e creatività, usate per sfuggire alla realtà opprimente.
Questi inglesi calciano la palla al vento, noi no, cos’è questo pelotazo… Noialtri con la palla ci faremo l’amore. Noi siamo diversi, siamo un’altra cosa, giochiamo in un altro modo.
P. 22.
Il calcio diventa ciò che nella danza è il tango: uno strumento di rottura, una sfida al passato. Entrambi vengono visti come dei prodotti illegittimi, ma per gli argentini sono ciò che li rende loro stessi.
Parricidio
Il rapporto tra Argentina e Inghilterra viene definito “parricidio” dagli autori del libro.
Gli argentini non hanno mai particolarmente sofferto l’invasione britannica fino al ventesimo secolo, in cui è cominciata a insorgere quella volontà di identità nazionale di cui abbiamo parlato prima. I sudamericani hanno sempre cercato ‘vendetta’ contro gli inglesi, ma si è trattato di una questione di orgoglio, per dimostrare di non essere inferiori. Quale modo migliore per farlo se non nel calcio, lo sport nazionale inglese?
La prima volta avviene il 14 maggio 1953, a Buenos Aires, dove gli argentini riescono a vincere per 3-1 grazie alla doppietta di Ernesto Grillo. Questo giorno verrà ricordato come el día de la pelota, il giorno in cui si celebra la passione per il fulbo.
Ma il vero parricidio deve ancora avvenire: il 22 giugno 1986, al Mondiale di Messico ’86, l’Argentina supera l’Inghilterra ai quarti di finale con una doppietta di Maradona. Diego in quattro minuti realizza due gol che resteranno nella storia del calcio.
Il calcio è l’intreccio di improvvisazione, spontaneità, immaginazione. La maniera con cui l’uomo inganna l’uomo, e a volte finisce per ingannare l’Eterno.
P. 401.
Prima segna con la Mano de Dios, un pugno in aria che anticipa e batte il portiere. Non c’è niente di più patriottico di un pugno chiuso che si fa simbolo della rivalsa. Poi ‘il gol del secolo’: Maradona percorre una cinquantina di metri superando la pressione di metà squadra inglese, portiere compreso, e fa impazzire lo stadio. La ‘vendetta’ argentina è adesso compiuta.
Fratricidio e Figliolanza
Se con l’Inghilterra l’Argentina commette un parricidio, con l’Italia si macchia di un altro delitto: il fratricidio. Il legame fra i due Paesi nasce nei primi anni del Novecento, quando molti italiani salpavano verso le coste sudamericane con la speranza di una vita migliore.
Non c’è Paese che assomigli all’Italia più dell’Argentina, e viceversa. È una relazione odi et amo ma, nonostante ciò, è ancora forte e resiste tuttora.
Dal punto di vista sportivo, le due compagini si sono sfidate spesso, soprattutto nei Mondiali, dove l’incrocio tra le due è stata una vera e propria ricorrenza, tra l’evento del 1974 e quello del 1990. Ed è proprio in quest’ultima occasione che si è concretizzato il fratricidio.
Italia ’90: le due squadre si affrontano in semifinale. È il Mondiale dell’Argentina campione in carica che cerca di confermarsi tale. Per gli albicelesti l’opportunità è ghiotta: giocano nella loro ‘seconda casa’, a Napoli, la città di Maradona.
Il match – e non solo – è sofferto. Anche i Napolitanos sono tesi. Uno striscione allo stadio rivolto a Diego recita così:
Napoli ti ama, ma l’Italia è la nostra patria.
P. 449.
La partita termina ai rigori, assegnando ai sudamericani le chiavi della finale, grazie alle parate di un gran Sergio Goycoechea.
La figliolanza indica invece un legame, tutt’altro che d’amore, con l’Uruguay. Questa è una storia molto più antica rispetto alla precedente ed ha origine, in ambito sportivo, nel 1930.
Nella prima edizione dei Mondiali, i rioplatensi ottengono la possibilità di giocarli in casa, vista la vittoria calcistica ottenuta nelle Olimpiadi di Parigi e Amsterdam degli anni precedenti. Molte nazionali, per la maggior parte europee, si rifiutano di partecipare, scoraggiate dal lungo viaggio.
Come è facile immaginare, le due squadre che arrivano alla finale del torneo sono proprio Argentina e Uruguay. La voglia di affermarsi non solo come prima potenza mondiale ma, ancor di più, come la più importante autorità locale, rende questa partita una questione di orgoglio.
Il match termina 4-2 in favore dei rioplatensi, che sono riusciti a ribaltare il risultato nel secondo tempo. C’è però un mistero legato a quest’incontro: si scopre in seguito che Luis Monti, attaccante albiceleste, ha ricevuto delle minacce di morte. Il responsabile di quelle lettere è Mussolini che ha inviato questi messaggi per convincere Monti a trasferirsi in Italia e a giocare per la nazionale azzurra. Ma questa è un’altra storia.
Il legame tra Fútbol e politica
All’inizio del secolo, l’Argentina è politicamente stabile e in crescita, grazie all’esportazione di cereali. Si tratta, però, di una nazione con una scarsa identità: c’è una forte influenza britannica e un terzo della popolazione proviene dall’Italia. L’Argentina è essenzialmente una nazione italoamericana.
Nel 1930, un colpo di stato porta al potere una giunta militare, dando inizio a un periodo di instabilità e colpi di stato. Negli anni ’40, Juan Domingo Perón emerge come figura centrale, diventando presidente nel 1946. La sua amministrazione – sostenuta da María Eva Duarte, la prima ‘primera dama’ dell’Argentina – è caratterizzata da un forte autoritarismo.
La politica di Perón influenza molto il calcio: c’è stato uno sciopero, durato più di un anno, con i calciatori che chiedevano di essere considerati professionisti, e di conseguenza, uno stipendio minimo e libertà di contrattazione. La risposta peronista?
Il fulbo non si esporta, chi abbandona il Paese per giocare all’estero è un traditore della patria, e nessuna selezione deve partecipare a competizioni internazionali.
P. 128.
Negli anni ’50 gli argentini, stanchi della dittatura, cominciano a ribellarsi a Perón, che è costretto all’esilio in Paraguay. Dopo la sua destituzione nel 1955, l’Argentina vive un’alternanza di governi civili e militari, con crisi economiche e politiche ricorrenti.
Negli anni ’70 Videla è finalmente in grado di ottenere i Mondiali in casa. Il torneo resta in bilico fino all’ultimo. In Argentina la situazione economica è pessima, ma soprattutto è esploso il fenomeno dei desaparecidos. Durante tutto l’evento il Paese è diviso in due: chi va allo stadio e le Madres de plaza de Mayo che occupano le piazze per chiedere giustizia.
Nel 1982, l’Argentina porta avanti la guerra delle Falkland contro il Regno Unito. La sconfitta ha portato a una perdita di legittimità per la giunta militare, accelerando il processo di transizione verso la democrazia. L’anno successivo il Paese torna a un governo civile.
Da quel momento in poi il rapporto tra calcio e politica è decisamente più tranquillo, nonostante il fulbo resti il centro della vita degli argentini.
Ma quindi, vale la pena leggere “La Milonga del Fútbol”?
La Milonga del Fútbol celebra la profonda connessione tra il calcio e la cultura argentina. Il libro esplora il calcio non solo come sport, ma come fenomeno sociale, evidenziando come le partite siano momenti di comunità e identità. Buffa racconta le storie di leggende del calcio argentino, ma si sofferma anche sugli aspetti più umani, le passioni e le delusioni che circondano questo sport.
La scrittura di Buffa e Gabrielli è caratterizzata da un linguaggio ricco e poetico. Per chi conosce gli autori sarà facile riconoscere gli aneddoti personali del primo, che aggiungono un tocco autentico, e le descrizioni evocative del secondo, che ci permettono di immaginare ciò che leggiamo.
La Milonga del Fútbol è una lettura imprescindibile per gli appassionati di calcio e per chi desidera conoscere la cultura argentina, in quanto invita a riflettere sul valore del calcio in modo poetico e significativo.
Mattia Pallotta
(In copertina Federico Buffa e Fabrizio Gabrielli da Civonline)
“La Milonga del Fútbol” di Buffa e Gabrielli – Quando il calcio è una cosa seria è un articolo di Mattia Pallotta. Clicca qui per leggere l’articolo sulla presentazione del libro al San Filippo Neri!