Cultura

“Noi vogliamo tutto” di Flavia Carlini – La politica nei social e nelle piazze

Flavia Carlini

Flavia Carlini, classe 1996, è un’attivista e divulgatrice con molto seguito sui social, che si occupa di temi di attualità, diritti e politica. Nel suo libro Noi vogliamo tutto(Feltrinelli 2024) l’autrice esplora i concetti di oppressione e soprattutto di rabbia come motore di una trasformazione politica e civile.


Il linguaggio semplice nello spiegare concetti spesso spinosi riguardanti politica ed attualità è il tratto distintivo di Flavia Carlini, attivista e autrice molto seguita sui social.

Carlini ha spesso dichiarato di non voler entrare a far parte delle file della politica ufficiale, nonostante l’aiuto dato ai suoi followers durante il periodo di campagna elettorale in cui ha deciso di analizzare i programmi politici di ogni partito tramite dei video ad hoc.

L’obiettivo della pagina dell’attivista è anche quello di creare una comunità al fine di generare connessioni tra persone con vissuti simili. Infatti, organizza spesso ritrovi per permettere a tutti di recarsi alle manifestazioni in gruppo, soprattutto adesso che abitare le piazze sta diventando sempre più pericoloso.

Recentemente ha pubblicato il saggio Noi vogliamo tutto (Feltrinelli, 2024). Il titolo nasce proprio dal testo di un cartello osservato in una piazza di protesta, che ha colpito l’autrice per la sua capacità di esprimere la frustrazione di una pluralità stanca dei compromessi e che comincia a pretendere.

Coltivare la rabbia per contrastare le oppressioni

Carlini, in questo testo, invita il lettore all’indignazione, alla rabbia per le storie di violenza quotidiana raccontate.

Alcuni degli episodi contenuti nel libro sono tratti dalla sua storia personale. L’autrice, infatti, fonda il proprio modo di fare politica anche sulle proprie vicende autobiografiche e sulle lotte che lei stessa, con il proprio corpo, ha dovuto affrontare e affronta.

All’attivista si addice proprio la formula “il personale è politico”. La potenza della sua comunicazione sta nella vicinanza al suo pubblico, del quale è capace di amplificare pensieri e istanze.

Flavia Carlini

Carlini dimostra così di essere una di noi e di vivere le nostre stesse oppressioni e violenze. Ed è proprio dal racconto di queste ultime che nasce il suo libro, composto da esperienze di vita che i nostri corpi, esclusi quelli degli uomini cisessuali e bianchi, affrontano ogni giorno.

Tali storie mirano a coltivare la rabbia delle persone che già la provano, ma soprattutto a generarla nelle persone “che ancora devono scoprire la propria voce”, come recita il libro in epigrafe.

Inoltre, l’espressione della sofferenza dell’autrice e quella di persone di cui Carlini ha custodito e riportato la voce con estrema delicatezza sono supportate da statistiche e dati. A dimostrare che certi fenomeni non sono “l’esagerazione delle femministe”, ma problemi reali analizzati scientificamente.

Questo modus operandi avvalora la tesi per cui le violenze narrate non sono casi isolati, ma l’espressione individuale di problemi sistemici che non riguardano solo donne cisessuali, ma intere categorie di persone discriminate e silenziate per il loro orientamento sessuale e identità di genere, oltre che per la propria etnia, sul luogo di lavoro e in ambito medico.

Noi vogliamo tutto, storie di ordinaria oppressione

Carlini, all’interno del saggio, invita il lettore a coltivare la propria coscienza civica e a trasformarla in rabbia. Per ognuno, tale realizzazione avviene in un momento diverso della propria vita e per motivazioni differenti, ma in generale potremmo affermare che si tratta dell’esatto istante in cui decidiamo di non tollerare più i compromessi, i ricatti che ci tengono in ostaggio, e che minano la nostra libertà.

Certamente, ciò risulta più facile per chi queste oppressioni le vive che per chi, nella nostra società, ne beneficia.

Per alcune persone questo momento potrebbe corrispondere alla realizzazione del fatto che aver paura di tornare a casa da sole non dipende dalla propria insicurezza, ma da una realtà che ci invita a normalizzare che tale timore diventi motivo di grande ansia e stress.

Noi vogliamo tutto
Copertina di Noi vogliamo tutto di Flavia Carlini (Feltrinelli, 2024).

In altre soggettività marginalizzate, la consapevolezza può nascere nell’apprendere che la medicina, come molte altri saperi, non è neutra. Al contrario, è un prodotto sociale e in quanto tale non è avulso dalle sue contraddizioni e violenze. È una medicina scritta da uomini bianchi per i corpi di uomini bianchi, escludendo tutti gli altri corpi.

A questo proposito, Carlini accende una luce anche sull’assenza di ricerca su alcune malattie che colpiscono solo persone con un utero. Ancora una volta, l’autrice espone al lettore la propria storia personale, che diventa collettiva.

Lei, come molte altre donne – con esattezza una su dieci –, soffre di endometriosi e ha aspettato anni per ottenere una diagnosi, esponendosi, oltre che ad un’ingente perdita di denaro, all’invalidazione di una classe medica troppo spesso non preparata su tutto quello che non riguarda il prototipo del corpo maschile.

Quanto è profondamente ingiusto un sistema in cui curarsi diventa elitario […]. Chi ce li ha tutti questi soldi per una diagnosi? Quante persone non ne avranno mai una? Penso a tutte quelle donne nei video che raccontano di decenni di agonia invisibile e mi assale una rabbia che non riesco a contenere. Per loro. Per me.

Flavia Carlini, Noi vogliamo tutto, p. 66.

Un vulnus sociale: le violenze sul luogo di lavoro

Un altro fenomeno di violenza centrale nella narrazione di Flavia Carlini, sui social e nel saggio, è quello che riguarda le molestie sul luogo di lavoro. L’autrice, infatti, spiega che sono 1.404.000 le donne che nel corso della vita subiscono molestie, ricatti sessuali e commenti indesiderati sul luogo di lavoro.

Questa è una delle tantissime forme in cui il potere patriarcale si declina e a cui molte donne non si ribellano perché non possono permettersi di perdere il posto.

A tale proposito, Carlini riporta la propria esperienza all’interno dell’ufficio in cui lavorava, popolato per lo più da uomini pronti a lanciarle commenti inappropriati e a rimetterla al suo posto ogni volta che avesse osato superare il confine che loro avevano delimitato per lei; come fosse un trofeo aziendale da esporre e non una persona con dei progetti e delle ambizioni.

Flavia Carlini

Così, il suo datore di lavoro l’aveva additata come “presuntuosa“, quando lo stesso comportamento in un uomo sarebbe stato valutato come positivo, come di chi sa quello che vuole. D’altronde, non è una novità che il mercato del lavoro si basi su logiche capitalistiche e patriarcali, fondate sulla meritocrazia, sullo sfruttamento e sulla compravendita del tempo del proprio dipendente.

In questi contesti, gli apici sono sempre ricoperti da uomini, e, anche quando sono le donne a occuparli, le logiche fondanti non vengono certo rovesciate.

Più ci includono, più ci pagano, più potere ci danno, più pretendono che la contropartita sia un silenzio diffuso. Più guardiamo al passato e meno motivate siamo a ribellarci, considerandoci fortunate anziché vittime di un sistema ancora più subdolo.

Flavia Carlini, Noi vogliamo tutto, p. 21.

L’inesistente qualità dell’informazione pubblica odierna

Un altro tema molto caro a Flavia Carlini di cui ha modo di parlare nel suo libro è la qualità dell’informazione odierna. Infatti, l’attivista osserva come ad oggi le notizie giungano alle nostre orecchie e ai nostri occhi profondamente fallate.

La narrazione pubblica, che in quanto tale dovrebbe essere scevra da personalismi, non mira a creare una coscienza critica nello spettatore, tramite una narrazione veritiera e puntale, bensì a riportare le notizie in maniera tendenziosa.

Queste ultime, infatti, più che formare un’opinione mirano a creare consenso e a rendere gli spettatori proseliti.

L’informazione ad oggi non è veramente libera e indipendente, ma serva del potere.

Flavia Carlini
Immagine di Silvio Berlusconi (fonte: Dire).

Tale meccanismo lo ritroviamo nei media televisivi, che ci forniscono una visione della realtà anestetizzata che si concentra sui fatti scottanti del momento, polarizzando completamente l’informazione pubblica. Un esempio recente di questa dinamica è senza dubbio il Boccia-gate che ha trasformato la narrazione mediatica in gossip a puntate.

Una nuova sinistra è possibile?

L’obiettivo di Carlini, però, non è quello di delineare i buoni e i cattivi. In un panorama desolato come quello attuale, non esiste più questa dicotomia. Se speriamo che la soluzione sia nelle mani dei politici che ancora si definiscono “di sinistra” dopo aver contribuito a privare di significato questo termine, ci sbagliamo.

La risoluzione non è in alcun partito di sinistra che dir si voglia, ma nella collettività. Nella responsabilizzazione di una comunità che non è più disposta a tollerare, ma alza la voce e si arrabbia. Solo questa rabbia, collettiva, personale, potrà portare al cambiamento di cui abbiamo disperatamente bisogno.

È necessario, in termini semplici, che ognuno di noi si guardi allo specchio e si chieda se è parte della trasformazione che inevitabilmente avverrà, o se, invece, sta scegliendo la sponda del silenzio, e quindi della connivenza. Si tratta di un percorso conoscitivo di sé stessi, della propria oppressione, del proprio privilegio, della propria responsabilità.

Flavia Carlini, Noi vogliamo tutto, p. 16.

La collettività è la nuova sinistra. La “nuova sinistra” che si riunisce nelle piazze, nelle assemblee e che si scambia pareri e consigli su letture, ma che usa anche i social per informare e creare una coscienza critica.

Ma soprattutto una “nuova sinistra” che ha smesso di pensarsi in modo gerarchico e di eleggere una persona, quasi sempre un uomo, a capo politico. E Carlini, di questa “nuova sinistra”, ne fa sicuramente parte.

Chiara Celeste Nardoianni


Stasera alle 20:30 non perdere l’evento all’Oratorio San Filippo Neri tra Flavia Carlini e la nostra redattrice Clarice Agostini!

Flavia Carlini locandina dissenso.
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