Nella scorsa primavera il fumettista Zerocalcare, ospite nella trasmissione televisiva Che tempo che fa, annuncia che, dal suo punto di vista, in Italia è presente un problema con la critica, poiché la maggioranza non è in grado di affrontare il dissenso. Per comprendere a pieno la sua frase bisogna ripartire dalle basi: che cos’è il dissenso? Qual è lo spazio che occupa nella società contemporanea? Giovani politicamente impegnati, come Flavia Carlini, sono liberi di andare controcorrente?
Dissenso. Ovvero la capacità di pensare altrimenti
La manifestazione del dissenso è una dinamica complessa e radicata nella storia del pensiero umano.
Essa si configura non solo come espressione del libero arbitrio, ma anche come forza dialettica capace di rimodellare il tessuto politico, sociale e culturale.
Nei secoli, le voci che si sono contrapposte al pensiero dominante hanno generato rivoluzioni intellettuali, sconvolto assetti di potere e inaugurato nuovi orizzonti di libertà.
Dissentire costituisce una presa di posizione critica e radicale, poiché vuole dire distanziarsi dal pensiero maggioritario e generalizzato che si impone in un determinato tempo storico. Friedrich Nietzsche, in Così parlò Zarathustra (1883), sottolinea la stonatura che provoca la voce fuori dal coro di chi decide di divergere:
Nessun pastore e un solo gregge! Tutti vogliono le stesse cose,
tutti sono uguali: chi sente diversamente,
va di sua volontà in manicomio.
Friedrich Nietzsche, Così Parlò Zarathustra.
Tuttavia, il dissenso non è esente da ambiguità: se da un lato si concretizza nell’esercizio della libertà individuale, dall’altro è spesso considerato una minaccia all’ordine costituito e alla stabilità sociale. In un contesto storico e politico in cui il conformismo spesso prevale, il dissenso si erge come un atto di coraggio, ma anche come potenziale fonte di disgregazione.
Dunque, la sua ambivalenza lo rende oggetto di analisi e dibattito: la resistenza alle regole è solo una forma di protesta sterile o un motore essenziale di trasformazione e progresso?
L’uomo: animale dissenziente
Il termine ‘dissentire’ è formato dal prefisso di separazione dis– e dal verbo ‘sentire’. Esaminando l’etimologia del termine risulta chiaro che il dissenso allude a una dimensione prerazionale, al di fuori di regole prestabilite, in quanto legata allo spettro delle sensazioni e delle percezioni. Si dissente poiché si ha l’impressione che le cose siano diverse da come moralmente dovrebbero essere.
È il ‘forte sentire’ dell’uomo che lo ha spinto, nella Storia, a contestare la maggioranza e prendere posizioni per necessità differenti, non sempre causate da una carenza di soddisfacimento dei bisogni primari. Spesso, i più grandi dissensi storici sono avvenuti proprio perché, una volta consolidati i bisogni più basilari, la lotta appariva su un livello superiore, nel tentativo di vivere una vita percepita come più dignitosa.
Nel corso del tempo il dissenso si è espresso in svariati modi e in contesti socioculturali eterogenei. In questo orizzonte di esperienze ricadono individui ed eventi molto diversi tra loro. A tal proposito, basti pensare a Giordano Bruno, condannato per eresia a causa delle sue affermazioni; o a Copernico, che, introducendo il sistema eliocentrico, ha stravolto il sapere scientifico; o ancora, a forme meno violente di protesta, come nel caso della disobbedienza civile di Gandhi.
Tornando a tempi più recenti, sono emblematiche le rivolte studentesche del Sessant’otto, Pasolini ed il suo “fascismo dei consumi”, la denuncia al potere economico che aliena e depersonalizza le masse. Ulteriormente, possiamo ricordare l’opposizione al fenomeno mafioso da parte di giornalisti come Peppino Impastato e magistrati come Falcone e Borsellino, o le manifestazioni degli attivisti del G8 a Genova nel 2001, in cui Carlo Giuliani ha perso la vita. Ma ad oggi, nel 2024, siamo ancora in grado di esprimere il nostro dissenso?
In un contesto sociale in continua evoluzione, la coscienza individuale rappresenta il fondamento del dissenso: ogni pensiero dovrebbe, in potenza, essere libero.
Per ‘pensiero libero’ si intende svincolato da preconcetti o da ragionamenti comunemente accettati, sta quindi alla singola persona il dovere di affinare la propria capacità critica, di rimanere vigile ed evitare di uniformarsi. Bisogna trovare il coraggio di alzare la testa e tenere fede alla propria moralità. La coscienza dell’Io è l’algoritmo segreto che, avvertendo la mancanza di qualcosa, si mobilita e porta alla luce le sue istanze. Eppure, cosa succede oggi in Italia a coloro che fanno sentire la propria voce?
Flavia Carlini: Noi vogliamo tutto
Flavia Carlini, classe ’96, è una giovanissima attivista politica e divulgatrice. Nel suo libro Noi vogliamo tutto: cronache da una società indifferente, pubblicato quest’anno da Feltrinelli, porta in luce le contraddizioni della società italiana. La scrittrice ha il coraggio di dissentire rispetto alla visione del Governo di maggioranza, smontando ogni singolo tassello di propaganda, mostrando come la realtà venga sentita dai cittadini in modo radicalmente differente.
Il libro comincia con un’accusa rivolta ai giornali e ai telegiornali, che spesso danno informazioni parziali, manipolatorie e dissociate dalla realtà. Inoltre, questi mezzi di comunicazione vengono usati con fine propagandistico e censurano le notizie che vogliono trattenere dal pubblico.
È giusto chiedersi quanto il Governo capitanato da Giorgia Meloni, non potendo reprimere il dissenso nella sua totalità, stia mettendo in atto una tattica di filtraggio informativo per minimizzarlo, andando così a rivelare il suo autoritarismo.
Il filosofo Thomas Hobbes, nel suo Leviatano (1651) sottolinea come perdere il consenso della popolazione sia una minaccia per lo Stato. Siamo sicuri che il Governo attualmente in carica non sia così spaventato da un potenziale dissenso da censurare una corretta e trasparente informazione? Forse è bene interrogarsi, forse è bene continuare a leggere; in fondo, siamo solo al primo capitolo.
Nelle pagine seguenti troviamo una serie di denunce di molestie sessuali, sia sul lavoro che in ambito privato, subite da una percentuale troppo alta di donne. Nonostante siano eclatanti e sotto gli occhi di tutti, c’è ancora troppo poco dissenso.
Le donne vengono minimizzate, sminuite e ridicolizzate. Quasi come se non fosse un loro diritto poter vivere con la sicurezza che il loro corpo non verrà oggettificato o violato da tocchi, mani, sguardi, organi genitali di sconosciuti, colleghi di lavoro, medici o perfino amici.
Se il pensiero maggioritario è l’omertà, il dissentire corrisponde all’unico salvagente in mezzo a un mare di onde altissime.
Il libro prosegue denunciando le falle nel sistema sanitario nazionale, il problema della libertà di religione, evidenziando il fenomeno delle morti sul lavoro e la violenza sui manifestanti. Ognuna di queste situazioni rivela un sistema nel quale c’è bisogno di dissentire, per far soffiare un vento di cambiamento, per tutelare il proprio diritto alla libertà.
Questo è un invito a fare della rabbia e della resistenza
un progetto democratico, perché, se c’è una cosa da capire,
è che il silenzio non ci ha mai davvero protetti.
Flavia Carlini, Noi Vogliamo Tutto.
Il libro di Flavia Carlini, Noi vogliamo tutto, rappresenta l’espressione contemporanea di un dissenso coraggioso e necessario. La scrittrice, grazie all’attenta analisi dei malfunzionamenti del sistema, si erge come portabandiera di coloro che scelgono di divergere, rompendo il silenzio omertoso. È attraverso voci come la sua che il dissenso non solo sopravvive, ma diventa il motore di un cambiamento reale, fondamentale per la difesa della libertà e della democrazia.
Isabella Merli
(In copertina, immagine di Ansa via Studenti)
Il dissenso: voce di libertà o minaccia all’ordine? è un articolo di Parole Chiave, una rubrica a cura di Francesco Faccioli.