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Salvatore Schillaci – Storia dell’eroe di Italia ‘90


Il nome di Salvatore Schillaci riporta alla mente a tutti un ricordo indelebile: Italia90. Con il sottofondo di Un’estate italiana, l’attaccante palermitano fece sognare l’intero Paese a suon di gol. Totò ci lascia, all’età di 59 anni, sconfitto da una lunga battaglia contro un tumore. Come in quelle emozionanti Notti magiche, però, non ha smesso di lottare fino al ‘fischio finale’.


I primi passi di Salvatore Schillaci

Il suo nome era Salvatore Schillaci, ma per tutti lui era Totò. Nasce a Palermo, il primo dicembre 1964 in una famiglia modesta: papà Mimmo faceva il muratore, mamma Giovanna la casalinga, a completare il quadro c’erano tre fratelli e una sorella. Cresce nel quartiere San Giovanni Apostolo, meglio noto come CEP (Centro Espansione Periferica), ed è proprio lì che Totò inizia a dare i primi calci al pallone e a nutrire il sogno di diventare calciatore.

Una passione condivisa anche con i fratelli Giuseppe e Giovanni, che tentano, come lui, di sfondare in questo mondo: il primo ha militato nella Fermana nella stagione 1990-1991; l’altro, invece, ha sostenuto in tenera età un provino per la Juventus, squadra dove sarebbe finito a giocare lo stesso Totò.

La sua carriera parte dalle giovanili dell’AMAT Palermo, in cui resta dal 1980 al 1982. Qui Schillaci comincia a farsi notare e, nel giro di poco, diventa la punta di diamante del club. Il suo talento incanta anche papà Mimmo che, con non pochi sacrifici, lo supporta sempre.

Nell’ultima intervista alla Gazzetta dello Sport, Schillaci ha ricordato così la dedizione di suo padre: “Era il mio primo e più grande tifoso, mi ha accompagnato dappertutto pur di farmi giocare. Io ho cercato di aiutare: ho fatto il gommista, il garzone di pasticceria, l’ambulante… Ho smesso quando mi prese il Messina“.  

La famiglia, però, non è l’unica ad accorgersi del talento di Totò. Il Palermo mette gli occhi su di lui, e tenta di acquistarlo insieme al compagno di squadra Carmelo Mancuso. L’affare non va più in porto, nonostante il forte desiderio di Schillaci di giocare nella squadra della sua città.

“La società rosanero per entrambi offrì 28 milioni di lire; ma i dirigenti dell’AMAT sapevano che da noi due dovevano guadagnare il massimo per sopravvivere e giocarono al rialzo chiedendo 35 milioni. Così, per soli 7 milioni non andammo al Palermo“ raccontò Schillaci. 

Il trasferimento al Messina

Malgrado il mancato trasferimento al Palermo, Schillaci lascia comunque i campionati giovanili. Nel 1982 lo ingaggia il Messina, squadra in cui resta per ben 7 stagioni tra Serie C2, C1 e B collezionando 256 presenze e 77 gol: queste cifre lo rendono il giocatore con più presenze e il secondo cannoniere assoluto, preceduto solo da Renato Ferretti con 89 reti, con i peloritani.

I sette anni al Messina sono caratterizzati da due promozioni, due interventi ai menischi e repentini cambi di allenatore.

Schillaci mantiene un ricordo speciale di tutti gli uomini che si alternano alla guida tecnica.

Salvatore Schillaci
Salvatore Schillaci con la maglia del Messina (Foto: Comune di Messina).

Il primo è Ballarò: con lui al comando Totò comincia la stagione come panchinaro in C2, poi a suon di gol diventa titolare.

Segue Franco Scoglio che Totò ricorda così: “Mi diceva sempre un concetto base: fai quello che vuoi e gioca come ti senti […]. Ho imparato tantissimo dalla sua persona e non smetterò mai di ringraziarlo.

Con lui e i compagni di allora abbiamo reso ai messinesi anni fantastici”; infine Zeman, uno degli allenatori con cui Schillaci è stato più proficuo, segnando 23 gol nel suo ultimo anno a Messina.

Il passaggio alla Juventus e la convocazione a Italia ’90

Le ottime prestazioni di Totò in Sicilia attirano l’attenzione di importanti club di Serie A: “Mi volevano Napoli, Bologna, Cagliari, Torino, dellaJuve non avevo sentito parlare. Sapevo solo che sarei andato via. Fino a quella mia ultima stagione in B, il presidente del Messina aveva tenuto duro:

«Se cedo Schillaci ne devo prendere quattro al suo posto. Preferisco tenermi Schillaci». Ma quella estate del 1989 si arrese. Andai alla Juventus per 6 miliardi di lire”.

Nella sua prima stagione in bianconero realizza 15 gol in 30 partite di campionato, conquistando il soprannome di Totò-Gol e contribuendo in maniera decisiva alla vittoria della Coppa Italia e della Coppa UEFA. L’annata da grande centravanti convince Azeglio Vicini, allenatore dell’Italia, a convocarlo al Campionato del Mondo 1990 giocato in casa.

Alla Juventus rimane per altre due stagioni, in cui gioca in maniera poco brillante, trovando poche volte la via del gol.

Inoltre, si rende protagonista di un paio di episodi spiacevoli: l’11 novembre 1990, al termine di Bologna-Juventus, minaccia il giocatore rossoblù Fabio Poli al momento dell’uscita dal campo, dicendogli: “Ti faccio sparare”.

Totò viene duramente sommerso dalle critiche. A ciò si aggiunge una lite con Roberto Baggio, suo compagno di reparto alla Juventus in quegli anni, a causa di uno scherzo finito male.

Al termine della stagione 1991-92, complice l’arrivo di Gianluca Vialli, Schillaci trova sempre meno spazio e decide di lasciare il club bianconero.

Salvatore Schillaci
Fotografia di Salvatore Schillaci e Roberto Baggio alla Juventus (Foto: Wikimedia).

Un trasferimento, a parere di Schillaci, dettato anche dal recente divorzio con la moglie. Ed è così che il giocatore si trasferisce all’Inter per 8,5 miliardi di lire.

Il Mondiale 1990

Le buone prestazioni offerte nella sua prima stagione alla Juventus, come abbiamo detto, lo portano, nel 1990, a esser convocato per la prima volta nella nazionale maggiore, nella rosa per il Mondiale casalingo. In precedenza, Schillaci aveva già indossato la maglia azzurra, ma solo nell’Under-21.

L’Italia si presenta come una delle grandi favorite, in primis per il fattore campo, ma soprattutto per la rosa molto giovane con talenti pronti ad esplodere. In quella squadra spiccano i nomi di Zenga e Tacconi tra i pali; Baresi, Bergomi, Ferri e dei giovanissimi Ferrara e Maldini a difendere gli assalti avversari; Ancelotti, Giannini, Donadoni e De Napoli a centrocampo; Carnevale, Mancini, Serena, Vialli, Schillaci e Baggio a far sognare i tifosi a suon di gol.

Schillaci non è considerato un titolare dal mister Vicini, che, il 9 giugno, lancia la coppia Carnevale-Vialli nella partita inaugurale contro l’Austria. Il match è complicato, e nella seconda metà del secondo tempo il punteggio è ancora bloccato sullo 0-0.

In quel momento, arriva la sostituzione che trasformerà la carriera di Schillaci e lo farà entrare nella storia. Totò subentra dunque a Carnevale e, dopo appena quattro minuti dal suo ingresso in campo, l’attaccante siciliano segna di testa il gol decisivo, che permette agli azzurri di vincere la partita.

Le gerarchie cambiano e, ad eccezione della seguente gara contro gli Stati Uniti (vinta dagli azzurri per 1-0), Schillaci diventa titolare dell’attacco italiano, insieme a Roberto Baggio.

Totò segna in tutte le successive gare giocate dagli azzurri: apre le marcature contro la Cecoslovacchia nel terzo e ultimo incontro del girone, vinto dall’Italia per 2-0 con rete di Baggio; trova il gol anche negli ottavi di finale contro l’Uruguay, in una vittoria tonda per 2-0, con la seconda marcatura timbrata da Serena; e nei quarti di finale contro Irlanda, con l’unico gol della partita che termina 1-0.

Schillaci trova la via del gol anche nella semifinale contro l’Argentina di Maradona, ma questa volta, purtroppo, non basta. L’Italia esce sconfitta ai calci di rigore, a causa degli errori di Donadoni e Serena.

Alla lotteria dei rigori Schillaci non partecipa, solo molti anni dopo ha rivelato il perché:

“Non sono un grande tiratore di rigori: a volte li segno, a volte li sbaglio. Quando prendi la rincorsa, pensi a un sacco di cose e in un momento simile non puoi rischiare. È una grande responsabilità. Avrei voluto calciare, ma non ero al meglio”.

Un gol di Schillaci non poteva mancare nell’ultima partita del Mondiale, la finalina contro l’Inghilterra vinta dall’Italia per 2-1, conquistando dunque il terzo posto. In quest’ultimo incontro, Baggio lascia tirare a Schillaci un calcio di rigore, così da fargli vincere il premio di capocannoniere del torneo con 6 firme.

Il perfetto Mondiale giocato gli permette inoltre di vincere il premio come miglior giocatore della manifestazione, e diventare un forte candidato al Pallone d’oro. Purtroppo, però, dovrà arrendersi al tedesco Lothar Matthäus, fresco trionfatore proprio di quel Mondiale.

Schillaci ricorda la sua avventura in quella folle estate: “Nemmeno un folle avrebbe mai potuto immaginare cosa mi stava per accadere […]. Da lassù, qualcuno ha deciso che Totò Schillaci dovesse diventare l’eroe di Italia ’90”.

Salvatore Schillaci
Salvatore Schillaci durante la partita contro l’Inghilterra (Foto: Guerin Sportivo).

Il trascorso all’Inter, il Giappone e il ritiro

La sua avventura a Milano, sponda nerazzurra, dura due stagioni, in cui colleziona 11 gol in 30 presenze. Non lascia mai definitivamente il segno a causa di continui problemi fisici che lo portano ai margini della squadra. Schillaci partecipa al cammino vittorioso nella Coppa UEFA nella stagione 1993-1994, senza però essere presente nella doppia finale contro il Salisburgo.

Infatti, già ad aprile del ‘94, ancor prima del termine della stagione, Totò decide di accettare la ricca proposta giapponese del Júbilo Iwata, diventando il primo calciatore italiano a militare nel campionato nipponico.

In tre anni sigla 56 gol in 78 partite che risultano determinanti, nel 1997, per la vittoria della J. League. Un serio infortunio però, lo allontana lentamente dal campo, fino al ritiro ufficiale nel ‘99. 

Dagli scarpini al chiodo alla malattia

Schillaci, dopo il ritiro, resta a lungo nel mondo del calcio: dal 2000 gestisce un centro sportivo a Palermo, in cui crescono diversi calciatori professionisti come Francesco Di Mariano e Antonio di Gaudio.

Prende parte a diversi programmi televisivi come Quelli che il calcio, L’isola dei famosi o più di recente Pechino Express. Quest’ultima avventura affrontata a seguito della scoperta e della prima cura contro il tumore, è stata vissuta come una rivincita sulla malattia e su quello che si era portata dietro: depressione e pensieri di morte.

Salvatore Schillaci si è spento nella sua amata Palermo, all’età di 59 anni. Una cosa è certa: come in quelle Notti magiche, Totò non ha mai smesso di lottare. Il suo più grande desiderio, come ha affermato il fratello in occasione del funerale, era di “vivere, aveva voglia di vivere”.

Tutto il mondo dello sport ha salutato per l’ultima volta Totò attraverso post e messaggi sui social. In Italia, e non solo, è stato disposto un minuto di raccoglimento in tutte le partite del fine settimana.

Totò lascia la moglie Barbara e tre figli. Mattia, il primogenito, lo saluta attraverso un post Instagram:

“Tutti ti hanno conosciuto come l’eroe delle notti magiche, ma purtroppo per loro nessuno ti ha conosciuto come padre […]. Ti amo infinitamente, e la tua eredità continuerà a vivere nei nostri cuori. Grazie per quello che sei stato, grazie per quello che ci hai dato. Grazie di tutto, papà. Prima o poi ci rivedremo. Ti amo“.

Salvatore Schillaci
Allo stadio Santiago Bernabeu minuto di silenzio in ricordo di Salvatore Schillaci (Foto: GettyImages/SkySport).

Mattia Pallotta

(In copertina, immagine di Salvatore Schillaci ai Mondiali di calcio del 1990)


Salvatore Schillaci – Storia dell’eroe di Italia ‘90 è un articolo di Mattia Pallotta. Clicca qui per altri articoli di sport!

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