
Dopo un’estate caratterizzata dall’espletamento delle prove orali del concorso PNRR 2023, le scuole di tutt’Italia si apprestano a riaprire i battenti tra mille incertezze. La bocciatura delle linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, il ritardo nell’assegnazione delle cattedre sia per i vincitori del concorso che per i supplenti e i dubbi sui percorsi abilitanti sono solo alcune delle ombre che stanno offuscando l’avvio dell’anno scolastico.
Gestire il mondo della scuola da un punto di vista organizzativo e burocratico non è mai stata un’impresa facile. La Riforma Bianchi del 2022, relativa al reclutamento docenti, non ha fatto altro che complicare ulteriormente le cose, vista anche la lentezza con la quale sono stati emanati i decreti attuativi.
Come se non bastasse, negli ultimi mesi sono state svolte le prove del concorso bandito lo scorso dicembre. Purtroppo, in molte regioni e per svariate classi di concorso, le prove continueranno nei prossimi mesi ritardando le assunzioni a tempo indeterminato inizialmente previste a partire dal primo settembre.
Di conseguenza, i turni di nomina per le supplenze sono stati posticipati a causa anche del complicato avvio dell’algoritmo relativo alle 150 preferenze per le GPS. Tutte queste criticità rischiano di minare ulteriormente un sistema scuola già in difficoltà.
Le ultime novità sul concorso PNRR 2023
Bandito con il decreto dipartimentale 2575 dello scorso 6 dicembre, il concorso PNRR 2023 è il primo dei due previsti per la fase transitoria terminerà alla fine del 2024. La prima prova scritta, su base nazionale, si è svolta a metà marzo.
L’obiettivo iniziale era quello di completare tutte le prove entro luglio e ufficializzare le assunzioni entro il 31 agosto. Purtroppo, in molte regioni e in svariate classi di concorso, i calendari sono slittati in avanti. Allo stato attuale solo le graduatorie di merito pubblicate entro il 31 agosto scorso hanno previsto assunzioni per l’inizio dell’anno scolastico. Il termine ultimo per la pubblicazione delle graduatorie è slittato al 10 dicembre in modo tale da completare le assunzioni entro l’anno.
Queste posticipazioni rappresentano un serio problema sia per i docenti precari che per gli studenti di molte scuole. Infatti i posti momentaneamente vacanti riservati all’attuale concorso dovranno essere ricoperti da supplenti brevi. Quindi, da un lato, molti supplenti saranno assegnati a cattedre momentanee di pochi mesi, dall’altro, gli studenti che subiranno tale staffetta non avranno garantita un’adeguata continuità didattica.
Chiaramente è auspicabile che nel prossimo concorso si proceda con maggiore efficienza. A tal proposito l’emendamento al DL n. 71, promulgato lo scorso luglio, ha disposto che il numero degli ammessi alle prove orali non potrà essere superiore al triplo dei posti banditi nella specifica classe di concorso per ogni regione. In questo modo il numero di ammessi agli orali dovrebbe ridursi in modo tale da facilitare e velocizzare il lavoro delle commissioni.
La spinosa questione dell’educazione civica
La legge 92 del 2019 ha introdotto l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole del primo e del secondo ciclo. Le nuove linee guida proposte dal ministro Giuseppe Valditara prevedono di sfruttare le 33 ore annuali della materia per parlare di valori costituzionali e di promuovere la cultura dell’impresa.
Lo scopo sarebbe quello di rafforzare una comune identità italiana, in contrasto con ogni forma di criminalità, illegalità e mafia. Altro punto fondamentale riguarda la prevenzione contro l’uso di droghe, alcool e fumo per promuovere uno stile di vita sano.
Tuttavia, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha bocciato senza appello la proposta di Valditara. Innanzi tutto, secondo il Cspi, il testo delle linee guida è eccessivamente ampolloso e appesantito da tecnicismi inutili. Inoltre, espressioni come “si dovrà”, “occorre”, ecc. sembrano scontrarsi con il principio di autonomia didattica riconosciuto alle scuole.
Il Consiglio ha evidenziato anche la totale assenza di un riferimento diretto al tema delle discriminazioni e alla violenza di genere. Infine, per quanto riguarda la sezione relativa alla Costituzione, è evidente l’approccio individualista delle linee guida che non fanno alcun riferimento alla relazione sociale tra individuo e collettività.
Anche il discorso inerente l’educazione finanziaria e la cultura d’impresa è di carattere eccessivamente privatistico; non si parla in nessun modo di una cittadinanza economica finalizzata ad una crescita generalizzata della società.
Anche l’idea di proibire l’uso dei dispositivi come smartphone e tablet a scopo didattico, nelle scuole primarie e nelle secondarie di primo grado, non ha riscosso un grande successo. Secondo il Cspi, infatti, tale decisione è evidentemente in contrasto con i principi di un’educazione digitale efficace che dovrebbe favorire l’uso consapevole delle tecnologie, peraltro estremamente utili per una didattica inclusiva.
Dopo giorni di incertezze, lo scorso 7 settembre si è arrivati alla definitiva approvazione delle nuove linee guida. Per fortuna il MIUR ha accolto molte delle critiche ricevute dal Cspi, modificando positivamente il testo.
E i percorsi abilitanti?
Altra questione estremamente delicata è quella dei famigerati percorsi abilitanti da 30 e 60 CFU, introdotti con la Riforma Bianchi. Tale provvedimento dell’allora governo Draghi è sembrato sin da subito di dubbia fattibilità nell’immediato; i decreti attuativi sono, infatti, arrivati solo lo scorso aprile.
I primi bandi pubblicati dalle università sono usciti tra maggio e giungo mentre i primi corsi sono partiti in estate. Purtroppo, viste le tempistiche ristrette, molte università si sono organizzate solo dopo la pausa estiva riducendo i tempi di completamento di questo primo ciclo di corsi, destinati a concludersi entro dicembre 2024.
Nonostante le lunghe attese sull’attivazione dei percorsi abilitanti, molti dei dubbi che erano sorti nel momento della loro creazione non sono stati sciolti. Sicuramente una delle questioni più complesse da gestire restano i 15 CFU di tirocinio diretto rivolti ai candidati iscritti. Tali tirocini equivalgono a 180 ore di attività da svolgere in presenza in una scuola accreditata individuata dall’aspirante e sotto la guida di un docente tutor di ruolo nella medesima istituzione scolastica.
Purtroppo, però, non è prevista nessuna retribuzione aggiuntiva per i tutor individuati, cosa che rende molto difficile la ricerca di tali figure. Inoltre tutti i docenti che accetteranno supplenze e gli eventuali vincitori del concorso PNRR immessi in ruolo dovranno affiancare queste ore aggiuntive alle normali attività didattiche. Risulta evidente come, procedere con questo enorme gioco di incastri, sia estremamente difficile sia per le scuole che per gli insegnanti coinvolti.
Il tutto è coronato da una notevole spesa in termini economici, completamente a carico dei partecipanti. A nulla sono serviti gli appelli dei sindacati per una rimodulazione dei canoni previsti; i prezzi si aggirano intorno ai 2000 euro per i percorsi da 30 CFU e 2500 euro per quelli da 60 senza alcuna possibilità di una riduzione su base ISEE.
La scuola del precariato
Anche per questo nuovo anno scolastico i sindacati hanno stimato che il numero di supplenti assegnati alle scuole di ogni ordine e grado si aggira intorno alle 250mila unità. Se si considera che, orientativamente, in Italia ci sono in totale circa 900mila insegnanti è facile dedurre che un docente su quattro è precario.
Il precariato è ormai la nuova normalità della scuola da molti anni e non sembra avere una fine. Basti pensare al fatto che con l’ultimo concorso PNRR 2023 verranno stabilizzati “solo” 45mila docenti in attesa della prossima procedura di selezione che riguarderà altri 19mila posti. Questi numeri però non bastano a sanare una ferita aperta che nel corso degli anni ha destabilizzato moltissimi docenti, molti dei quali giovani.
Il precariato porta con sé anche numerosi ritardi nella distribuzione degli stipendi. Sono moltissimi, infatti, i docenti a tempo determinato che ancora stanno aspettando l’erogazione di alcune mensilità di stipendio. Una situazione alquanto ridicola e avvilente che non dà speranza ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo della scuola.
Secondo il ministro Valditara, questi ritardi sarebbero causati da alcune variazioni di tipo giuridico correlate alla presa in carico delle supplenze brevi. Quindi siamo, ancora una volta, davanti ad una pessima gestione della burocrazia che continua a complicare e minare la stabilità economica di migliaia di insegnanti.
Le ultime novità sul nuovo anno scolastico
Per l’anno scolastico 2024/2025 sembrano però esserci anche delle novità positive. Sembrerebbe infatti che nei prossimi mesi ci sia un aumento in busta paga di 160 euro al mese per i docenti. Inoltre, a partire da quest’anno scolastico sono previsti dei corsi di sostegno per gli studenti stranieri che ne abbiano bisogno.
Con il Decreto Legge n. 71 del 31 maggio 2024 si vuole garantire un miglioramento effettivo delle condizioni e dell’integrazione degli studenti stranieri. Ad esempio si punta a piani didattici personalizzati e ad attività di potenziamento da svolgere in orari extra scolastici finalizzati, quanto meno, al miglioramento della lingua italiana.
Restano ancora ulteriori problematiche legate al personale non docente di non facile gestione. Infatti c’è una carenza di circa 6mila collaboratori scolastici e, a causa dell’annullamento del concorso straordinario per il reclutamento dei dirigenti, è probabile che più di 800 istituti saranno guidati da reggenti per tutto l’anno scolastico.
Infine, anche il calo demografico in atto da tempo nel nostro Paese va a colpire in modo diretto la scuola. Si stima che, in questo questo anno scolastico, ci saranno ben 110mila studenti in meno. Tutto ciò, sul lungo termine, può portare alla scomparsa o all’accorpamento di interi istituti scolastici, gravando ulteriormente sul sistema burocratico.
Diego Bottoni
(In copertina Scott Webb da Unsplash)