Cultura

Akrasía ecologica – Il conflitto fra etica ed estetica nel nostro comportamento ecologico

akrasia ecologica

Mentre la scienza ci avverte dell’imminente pericolo dei cambiamenti climatici e delle devastanti conseguenze dell’inquinamento, ci ritroviamo costantemente a compiere azioni che vanno contro queste conoscenze. Questo fenomeno, noto come “akrasía” nella filosofia antica, mette in evidenza un conflitto interiore tra ciò che sappiamo essere giusto per l’ambiente e ciò che ci procura piacere.


Da Socrate ad Aristotele: il rapporto tra conoscenza e morale

Nel panorama filosofico greco, Socrate ha sostenuto l’identità di virtù e conoscenza: chi conosce il bene agisce necessariamente di conseguenza, mentre le azioni immorali derivano dall’ignoranza. Secondo Aristotele, però, non è impossibile agire contro la ‘scienza’ del bene.

Come leggiamo nella sua Etica Nicomachea, Aristotele crede che l’akratés (il soggetto caratterizzato da akrasía) comprende ciò che è giusto, ma lo dimentica temporaneamente sotto l’influsso delle sue passioni.

Questo non lo rende necessariamente una persona ingiusta o malvagia, ma un individuo che, momentaneamente, agisce seguendo i propri istinti. Consideriamo il classico esempio del fumatore, che sa perfettamente che smettere di fumare sarebbe un bene per la sua salute, eppure, nonostante questa consapevolezza, non abbandona il vizio.

Insomma, la prospettiva socratica abolisce dall’orizzonte delle possibilità quella dell’akrasía, termine solitamente tradotto con incontinenza o debolezza morale, mentre quella aristotelica riconosce la complessità della natura umana, accettando che la conoscenza del bene non sempre si traduce automaticamente in azioni moralmente rette.

Applicando questi concetti nati in epoca antica all’attuale riflessione ecologica, se Socrate avesse ragione, gli innumerevoli e allarmanti dati diffusi dalla comunità scientifica sugli effetti e le cause dell’imperversare dei cambiamenti climatici sarebbero sufficienti a convincere ciascuna persona a modificare radicalmente il proprio stile di vita, eppure non è così.

Il dilemma della generazione eco-ansiosa

La cosiddetta ‘Generazione Z’ è cresciuta con una consapevolezza sempre crescente dei cambiamenti climatici e delle minacce ambientali. Tuttavia, nonostante questa convinzione, molti giovani continuano a compiere azioni che contribuiscono al degrado ambientale. Mi piace chiamare questa condizione akrasía ecologica.

Sarebbe ingiusto incolpare il singolo cittadino dell’aggravamento dell’attuale situazione ecologica, quando solo l’approvazione di urgenti politiche ecologiche nazionali e internazionali potrebbe comportare rilevanti rivolgimenti a proposito.

Eppure, pur sapendo che nella quotidianità possiamo implementare uno stile di vita più sostenibile al fine di circoscrivere la nostra impronta ambientale e il nostro supporto ai grandi colossi responsabili della crisi climatica, pochissimi di noi lo fanno. È dunque vero che è impossibile agire contro il bene – per sé ma anche per tutti, in questo caso – una volta che lo si è conosciuto, come ritiene Socrate?

Il potere dell’estetica

Un aspetto spesso trascurato di questo conflitto è il ruolo dell’estetica nel determinare le nostre azioni. Il giudizio estetico potrebbe facilmente assecondare quei piaceri capaci di sviare le persone dall’agire nel modo giusto: oggigiorno la maggior parte di ciò che è trendy e appagante per il gusto estetico egemonico è anche dannoso per l’ambiente.

Questo conflitto interiore tra etica ed estetica è alimentato dall’influenza della cultura consumistica. Basti pensare ai prodotti del fast fashion che, anche secondo il Parlamento europeo, sono responsabili di un consumo eccessivo di risorse idriche, inquinamento globale delle acque potabili, emissioni di gas a effetto serra e produzione di tonnellate di rifiuti tessili inceneriti o portati in discarica.

Come risolvere il conflitto?

Fortunatamente, una branca della filosofia sviluppatasi di recente, l’estetica ambientale, si sta interrogando su possibili soluzioni al problema. Questa sotto-disciplina ritiene che una caratteristica fondamentale dell’ambiente sia il suo valore estetico: ecco perché impegnarsi nella sua protezione in modo adeguato significa anche tenere conto di considerazioni di quest’ordine. Infatti, puntare sulla qualità estetica e sensibile dell’ambiente rafforza la motivazione alla sua preservazione.

A proposito delle soluzioni pratiche all’akrasía ecologica, la filosofa Yuriko Saito propone, per esempio, di rendere il design dei prodotti sostenibili più accattivante, in modo da attirare le persone verso opzioni eco-friendly senza sacrificare il valore estetico.

Addirittura, Saito propone una lista di valori che, se applicati ai beni di consumo, può contribuire a generare un’estetica più green (e quindi anche un comportamento più sostenibile). Alcuni di questi valori sono il minimalismo, la longevità e l’appropriatezza al luogo.

Aesthetics of the familiar di Yuriko Saito.
Aesthetics of the familiar di Yuriko Saito (2017).

In conclusione, il conflitto tra estetica ed etica nel comportamento ecologico è una sfida che molti di noi affrontano quotidianamente. Tuttavia, riconoscendo l’importanza di bilanciare il nostro desiderio estetico con la nostra responsabilità etica verso il pianeta possiamo lavorare insieme per creare un mondo più sostenibile per le generazioni future.

È solo attraverso una riflessione critica sulle nostre azioni e una consapevolezza dei loro impatti che possiamo superare questa lotta e costruire un futuro migliore per tutti.

Federica Pasquali

(In copertina, statua di Atlante, Palazzo Ducale, Venezia)

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