Con un annuncio sul suo profilo X, Joe Biden ha dichiarato che non accetterà una seconda candidatura per le presidenziali di questo autunno, impegnandosi solo a portare a termine gli incarichi del mandato in corso. Ma quali scenari si aprono ora che i democratici hanno perso il loro leader?
A una settimana dallo sconvolgente attentato a Donald Trump che sarebbe potuto sfociare in una guerra civile, un’altra notizia ha calamitato l’attenzione globale: Biden non intende più correre alle elezioni presidenziali di novembre.
Dopo settimane di tentennamenti e incertezze, nella serata di domenica 21 luglio è arrivata la conferma. L’attuale Presidente si impegnerà a portare a termine gli incarichi previsti fino alla conclusione del mandato e sosterrà la candidatura della sua vice, Kamala Harris.
Il re travicello
Facciamo un passo indietro. Quando si è iniziato a pensare, e forse anche a sperare, che Biden non si ricandidasse? I primi segnali certi sono arrivati quando i politici statunitensi, sia repubblicani che democratici, hanno iniziato a fare pressione affinché la sua candidatura non venisse riconfermata, messaggio rilanciato anche dall’editorialista del New York Times Thomas L. Friedman, fino a trasformarsi in un vero e proprio comitato appostatosi fuori dalla Casa Bianca al grido di “Pass the torch!”.
Prima di questi avvenimenti, sono stati i frequenti lapsus e incidenti che avevano coinvolto il Presidente a far cambiare idea al suo elettorato. Queste sviste vanno dalla confusione tra i nomi del presidente russo Putin e quello ucraino Zelensky (con considerevole imbarazzo di quest’ultimo) fino al disastroso dibattito del 27 giugno che lo ha visto sconfitto nello scontro col tycoon.
Davanti agli occhi dell’elettorato americano, soprattutto quello più progressista, si palesava un bivio insostenibile: scegliere un candidato moderato e democratico, ma ormai inetto e quasi incapace (all’apparenza) di sostenere quel ruolo, o un conservatore pluri-condannato e attualmente sotto processo, di chiare tendenze xenofobe e nazionaliste? Così ritorna l’antica favola delle rane che desiderano un re.
L’endorsement di Biden a Kamala Harris
Nel medesimo comunicato in cui Biden annuncia il ritiro dalle elezioni di novembre, specifica anche di voler sostenere la sua vice Kamala Harris, come candidata per i democratici. Il suo nome era la scelta più ovvia per assicurarsi i voti degli elettori rimasti fedeli, ma anche per mantenere la stessa linea politica dell’attuale Presidente.
L’attuale vicepresidente è un punto di riferimento importante: si tratta della prima donna (e la prima asio-americana) a ricoprire il suo attuale incarico e, se riuscisse a vincere le elezioni, sarebbe anche la prima a governare il Paese economicamente e militarmente più sviluppato al mondo.
Harris ha già tenuto un primo comizio lunedì 22 luglio, in cui ha ringraziato Biden per l’“eredità senza pari lasciata alla nazione”, per poi scrivere sui suoi social di essere onorata della fiducia riposta in lei e di sentirsi sicura di poter vincere su Trump.
Forte del sostegno di Hillary Clinton, che ha attivato una raccolta fondi per sostenere la sua campagna, e delle donazioni arrivate dai finanziatori (81 milioni di dollari in un giorno), l’attuale vicepresidente si trova nella difficile situazione di convincere gli elettori degli Swing States, ovvero gli stati senza un preciso schieramento, ad affidarsi a lei e alla sua politica moderata di centro-sinistra.
Tuttavia, la sua candidatura non è così scontata, il nome che i democratici proporranno alle presidenziali sarà scelto in maniera definitiva alla convention di Chicago. In questa occasione, normalmente solo una formalità per confermare una decisione già presa, si stabilirà invece chi dovrà sfidare Trump questo autunno.
Contestualmente, si sceglierà anche il nuovo vicepresidente: tra i nomi papabili figurano Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania, Roy Cooper della Carolina del Nord, Gretchen Whitmer del Michigan e altri.
La risposta di Trump
Il tycoon non si è fatto attendere e alla convention repubblicana di Milwaukee, ha insultato duramente la sua nuova avversaria e criticato le misure prese durante la sua amministrazione che, secondo Trump, hanno favorito l’immigrazione clandestina e l’inflazione.
Ma adesso la preoccupazione dei repubblicani è un’altra: per gli slogan parodistici e denigratori nei confronti di Biden sono stati spesi diversi milioni di dollari, e ora ne serviranno altrettanti per gli spot da indirizzare a Harris.
Infatti, se per il primo i trumpiani e i MAGA potevano sfruttare la sua anzianità e i suoi frequenti lapsus mnemonici, per la seconda (per la quale è già previsto uno spot da 5 milioni di dollari) si punterà proprio sul suo “disastroso” lavoro nei quattro anni trascorsi alla Casa Bianca e sul fatto che sia stata l’ombra del suo principale, senza mai riuscire a emergere.
Tuttavia, nell’ultimo periodo gli attacchi verso Biden erano diminuiti proprio per il timore che il Presidente in carica si volesse dimettere all’ultimo. Trump, infatti, era convinto di poter battere facilmente l’ex avversario, mentre ora i sondaggi vedono in testa i democratici di due punti.
Motivo per cui Trump e i suoi tenteranno in tutti i modi di invalidare questo passaggio di consegne dell’ultimo minuto, accusando Biden e la sua amministrazione di aver progettato il tutto fin dall’inizio. Per ora, i costituzionalisti danno ragione al Presidente e tutto ciò che può fare il tycoon è continuare a criticare, con la consueta volgarità, la risata di Harris.
Fra Biden e Harris, l’opzione “Michelle Obama”
In tutto ciò, c’è chi ancora vede la possibilità che a sfidare Trump sia Michelle Obama. L’ex first lady è stata più volte indicata come possibile alternativa a Biden, considerati anche la simpatia e il rispetto che provano per lei gli americani.
Per alcuni era l’unica scelta, l’ultima forse, per preservare la vera democrazia e rappresentare l’autentica sinistra americana. Ma la risposta è sempre stata negativa: Michelle Obama non è interessata a entrare in politica e non vuole renderla la propria carriera.
Ciononostante, sia lei che il marito hanno ringraziato Biden (che fu anche il vice di Obama per entrambi i mandati) e la moglie per il lavoro svolto e “per il loro impegno verso ideali di libertà e uguaglianza su cui è stato fondato questo Paese”; recentemente, i coniugi Obama hanno anche apertamente supportato la candidatura di Kamala Harris.
Eppure, secondo il senatore repubblicano Kevin Cramer, Michelle Obama sarebbe l’unica a poter mantenere il controllo del partito e dargli un impulso iniziale, grazie alla sua notorietà. L’ex first lady, però, potrebbe puntare solo sulla popolarità, mentre Harris anche sull’esperienza. Infatti, è molto più probabile che il 5 novembre 2024 gli americani saranno chiamati a scegliere tra quest’ultima e Donald Trump.
Sempre che un nuovo, ulteriore evento inaspettato non cambi per l’ennesima volta le carte in gioco.
Alessandro Palmanti
(In copertina, Evan Vucci/AP Photo)
Non è un Paese per vecchi – Il ritiro di Joe Biden e l’entrata in scena di Kamala Harris è un articolo di Alessandro Palmanti che parla di elezioni presidenziali americane. Clicca qui per leggere un altro articolo sul tema.