CronacaPolitica

Mosca, Pechino, Mar-a-Lago: il tour di Orbán che ha fatto infuriare l’UE


La presidenza ungherese del Consiglio d’Europa si è aperta con una serie di incontri organizzati da Viktor Orbán senza consultare le alte cariche di Bruxelles, a Mosca, Pechino e Mar-a-Lago; cosa ci dicono questi vertici, e cos’altro ci si può aspettare da oggi fino alla fine della presidenza ungherese (e oltre)?


La presidenza ungherese in due mondi diversi

Lo scorso 1° luglio l’Ungheria ha assunto la presidenza semestrale del Consiglio dell’Unione Europea. Questo incarico assegna al capo del Governo e al Ministro degli Esteri del Paese presidente il ruolo di sovrintendenti ai lavori del Consiglio e, soprattutto, di mediatori con i partner esterni in ambito economico, politico e militare.

Foto: Limes.

Nel caso specifico, l’Ungheria non presiedeva i lavori dal 2011 (e anche in quel caso era guidata da Viktor Orbán, ininterrottamente al potere dal 2010 fino ad oggi), e da allora il contesto geopolitico e il ruolo dell’Unione Europea sono notevolmente cambiati.

L’invasione dell’Ucraina, scatenata dalla Russia nel febbraio 2022, ha destabilizzato il quadro di distensione costruito in Europa dall’inizio degli anni Duemila e ha accentuato un nuovo processo di polarizzazione in due blocchi contrapposti, richiamando uno scenario da “Guerra Fredda”.

Quindi, un fronte occidentale, costituito dalla NATO e dagli Stati Uniti, e un fronte orientale cui fa capo la Russia, sostenuta da ex repubbliche sovietiche e appoggiata da diversi attori globali (Corea del Nord, Iran e, in maniera più defilata, Cina).

Ungheria ‘terra di mezzo’

In questo nuovo scacchiere globale l’Ungheria, membro della NATO dal 1999, ha mantenuto una posizione ambigua, non rinnegando mai i suoi storici legami con la Russia di Putin e osteggiando le iniziative di supporto logistico e militare da parte dell’Alleanza nei confronti dell’Ucraina.

L’Ungheria ha anche bloccato l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza per diverso tempo, e la maggior parte dei pacchetti di aiuti per Kyiv (sia della NATO che dell’UE) sono stati resi possibili solo grazie a concessioni al governo di Budapest.

In aggiunta a tutto questo, ormai da due anni l’Unione Europea si trova in uno stato di sovrapposizione con la NATO, sia in politica estera che in strategia militare: oggi come non mai le linee delle due organizzazioni internazionali si ritrovano allineate. Questo non sorprende, considerando che circa il 96% dei cittadini dell’UE proviene da un Paese che è anche parte della NATO.

Tuttavia, il semestre di presidenza UE dell’Ungheria (come già detto, membro di entrambe) ha già generato numerose polemiche.

La prima iniziativa e la reazione di Bruxelles

Dopo una breve tappa a Kyiv, dove i dissapori con il presidente ucraino Zelens’kyj sono emersi in un incontro tutt’altro che amichevole, il premier ungherese Orbán si è lanciato in quella che lui stesso ha definito una “missione di pace”, articolata in tre tappe.

Il 5 luglio ha visitato il Cremlino per discutere con Vladimir Putin una nuova opzione di cessate il fuoco in Ucraina (iniziativa fallita miseramente). Questa mossa ha provocato la dura reazione da parte dei vertici di Bruxelles che hanno disconosciuto ogni ruolo rappresentativo di Orbán per l’Unione in quel contesto. Dure le parole spese al riguardo anche dalla premier Giorgia Meloni, storica alleata di Orbán, ai margini del vertice NATO di Washington tenutosi nei giorni scorsi.

Il fronte orientale… ma non solo

I dettagli sui due incontri successivi sono scarsi, basati principalmente sui resoconti entusiastici dello stesso Orbán, che ha prima fatto visita al presidente cinese Xi Jinping a Pechino per poi volare in Florida per incontrare Donald Trump.

Dalla villa dell’ex presidente degli USA a Mar-a-Lago, Orbán si è detto estremamente soddisfatto, sostenendo addirittura che Trump avrebbe già pronta una soluzione per risolvere il conflitto in Ucraina.

Questo rappresenta un chiaro segnale di ammiccamento alTycoon, sulla cui rielezione Orbán – e non solo – punta moltissimo e che sembra favorito nei sondaggi per le prossime elezioni rispetto al partito democratico.

Lo slogan scelto dall’Ungheria per il semestre di presidenza UE richiama volutamente quello di Donald Trump per le elezioni USA (fonte: il Foglio).

Le trame di Orbán: dentro e fuori l’UE

Il semestre di presidenza ungherese dell’Unione Europea non è dunque iniziato sotto i migliori auspici; le “visite di pace” di Orbán rappresentano una palese sfida alla linea politica dell’Unione e della NATO, soprattutto perché avvenute in corrispondenza con il vertice dell’Alleanza tenutosi a Washington.

Le istituzioni europee ora non escludono sanzioni e guardano con preoccupazione alla prossima riunione dei Ministri degli Esteri, in cui si dovrà fronteggiare l’ennesimo veto ungherese per l’invio di aiuti all’Ucraina.

Le manovre di Orbán si estendono anche nel cuore dello stesso Parlamento Europeo; la creazione del nuovo gruppo sovranista e filorusso Patriots for Europe, che può già contare sul terzo numero più alto di europarlamentari, solleva ulteriori preoccupazioni sugli effetti che la politica di Orbán e dei suoi alleati potrà avere sull’efficienza e sulla solidità dell’Unione Europea, anche ben oltre la fine della presidenza ungherese.

Matteo Minafra

(In copertina, AP/Lapresse)

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