Il 9 giugno 2024, a Casalecchio di Reno (Bologna), Federico Speme ha intervistato i Pecorazzi di Pianura. Giovanni Di Piazza ha 22 anni, è cantante, pianista e flautista, e studia musica barocca al Conservatorio di Bologna. Samuele Musiani, 20 anni, nasce come chitarrista blues e di recente si è avvicinato alla musica elettronica. Animalazzi è il loro primo disco, in cui generi diversi si fondono in un viaggio attraverso i dubbi e i conflitti dell’adolescenza, affrontati con ironia e leggerezza.
Federico Speme: Partiamo da una domanda leggera: chi sono i Pecorazzi di Pianura e come sono arrivati fino a qui?
Giovanni Di Piazza: Ciao Federico! Beh, siamo un duo particolare, che nasce nel 2018 con l’obiettivo di unire elementi della tradizione demenziale ed elementi del cantautorato, combinando ad essi sonorità più moderne, come hip-hop ed elettronica. Il fine è quello di creare un sound vario ma compatto e coerente allo stesso tempo. Prima dell’album avevamo già creato sette singoli, ma la nostra parola chiave è e continuerà a essere “divertirsi”.
Samuele Musiani: Per noi è davvero importante, perché siamo sempre stati molto amici. Abbiamo iniziato a fare canzoni per divertimento e da lì è iniziato un percorso che ci ha fatto diventare sempre più bravi.
F.S.: Ora, dopo un attento lavoro avete fatto uscire un album intitolato Animalazzi. Chi sono, quindi, questi “animalazzi”? E per quale motivo il vostro duo si chiama proprio “Pecorazzi di Pianura”?
S.M.: Direi che l’idea degli “animalazzi” sia nata proprio dal nostro nome, Pecorazzi di Pianura: la pianura è sempre stata un elemento importante delle nostre vite, perché siamo nati nella campagna bolognese; così abbiamo deciso di ispirarci a quello per creare quello che chiamiamo il nostro “bestiario”, riprendendo questa grande metafora che è il nostro album. Il nome è nato per scherzo e da lì abbiamo creato altri… animalazzi. Ogni animale rappresenta un tipo di persona, e, con poesia ed ironia, tramite le canzoni riusciamo a trasmettere i nostri messaggi.
G.D.P.: Esatto, il “pecorazzo” per noi rappresenta uno stile di vita, un modo di essere: cercare di affrontare le difficoltà restando persone alla mano e con una certa leggerezza, ma senza superficialità. La pianura è il luogo in cui abbiamo passato la gran parte della nostra infanzia. È lì che si trova anche il nostro studio di registrazione. Se fossimo stati sui colli ci saremmo chiamati Pecorazzi di Collina.
F.S.: A chi vi rivolgete con le vostre canzoni?
S.M.: Non è facile rispondere, perché all’inizio volevamo rivolgerci a un pubblico più ristretto, ma poi ci siamo allargati. L’idea era raccontare la nostra adolescenza, ma abbiamo capito che, alla fine, ci rivolgiamo a tutte quelle persone che possono identificarsi con un pecorazzo o con un geopardazzo; persone fuori dagli schemi, che vogliono trovare un loro posto in una società compatta e uniforme.
G.D.P.: In origine pensavamo anche a una sorta di manifesto generazionale. È bello però pensare a quanto, comunque, sia un diario della nostra adolescenza rivolto ai ragazzi che hanno vissuto dei conflitti interiori legati alle relazioni con gli altri. Parliamo di problemi come l’emarginazione e la difficoltà di comunicazione con i nostri pari, cose molto comuni nelle quali pensiamo che molti giovani si possano ritrovare.
F.S.: Nella vostra musica si nota anche una forte contestazione. A cosa vi opponete con le vostre canzoni?
S.M.: Ottima domanda. Noi ci siamo sempre opposti a quella tipologia di persone non dotata di un’identità propria, a chi cerca di assomigliare a chi ha intorno solo per evitare di restare fuori dal gruppo. Noi due abbiamo sempre cercato di essere noi stessi, e di conseguenza da più piccoli eravamo considerati diversi, e quindi “emarginati”.
G.D.P.: Parliamo di un tipo di conformismo che nelle dinamiche adolescenziali è molto presente e porta spesso, in adolescenza, a delle difficoltà di comunicazione. Invece poi, quando si cresce, ci si rende conto che il motivo per cui rimanevi fuori dal gruppo, per cui eri considerato strano, può diventare un valore aggiunto. Per questo ci siamo avvicinati alla musica: avevamo bisogno di parlare anche noi, di vivere anche noi, ma secondo le nostre regole.
F.S.: Quindi, se doveste dire cosa più di tutto vi distingue dagli altri gruppi, cosa direste?
G.D.P.: Abbiamo provato a inventare un sound sperimentale ma accessibile, distinto da ciò che è più propriamente pop o rap. Forse Elio e le Storie Tese sono uno dei pochi esempi di gruppi che hanno combinato con successo generi diversi raggiungendo la fama.
Oserei dire che in alcuni angoli del nostro disco emerge anche un’impronta classica. La skit Young Animalazzo è ispirata a una forma di cantato barocco che si chiama recitativo, in cui il cantante recitava seguito da un ridotto accompagnamento musicale. Insomma, diciamo che siamo unici nel nostro genere.
F.S.: Quali sono le vostre ispirazioni musicali e quali sono gli artisti con cui sognate, un domani, di collaborare?
S.M.: Io, in realtà, per mantenere la mia originalità, ho sempre ascoltato tutto fuorché la cosiddetta musica demenziale! Mi piace molto il rock, in particolare i Red Hot Chili Peppers, e da qualche anno anche l’elettronica.
Vorrei collaborare con qualcuno che fa musica molto diversa dalla nostra per vedere cosa potrebbe uscirne fuori. Sarebbe interessante unire due mondi così radicalmente opposti.
G.D.P.: Più che gruppi demenziali, citerei un proto-demenziale come Enzo Jannacci. Poi alcuni artisti hip-hop della scena romana, come ad esempio il collettivo Truceklan, e infine i Radiohead, gruppo che ammiro moltissimo. A me piacerebbe collaborare con artisti jazz e folk ma anche con rapper come Caparezza e Inoki.
F.S.: Avete in programma di suonare dal vivo prossimamente?
S.M.: Certo, infatti tra poco abbiamo le prove!
G.D.P.: Non abbiamo ancora una data precisa ma contiamo di essere pronti a partire dal prossimo semestre. Nel frattempo potete seguirci sui nostri profili social, in particolare su Spotify, Instagram e YouTube, dove continueremo a pubblicare contenuti.
Intervista a cura di Federico Speme.
(In copertina, i Pecorazzi di pianura)