CulturaInterviste

Lella Costa: “Quello che conta è la consapevolezza”


Lella Costa è la protagonista della seconda serata della rassegna “Giorni perfetti”, organizzata da Mismaonda nella appropriatissima cornice di Villa Torchi. Chiara Celeste Nardoianni di Giovani Reporter ha avuto l’occasione di intervistarla. 


Lella Costa a Villa Torchi

Lella Costa è stata ospite della terza giornata della rassegna Giorni perfetti che, prendendo il nome dall’omonimo film di Wim Wenders uscito quest’anno, si pone l’obiettivo di riflettere sul tema della lentezza.

Attrice, cabarettista e scrittrice italiana ha intrapreso la sua carriera negli anni Ottanta. Nei suoi monologhi sono sempre stati centrali temi legati alla società, alla politica e alla condizione femminile.

Lella Costa (Foto: Elle)

Chiara Celeste Nardoianni: In riferimento alla rassegna Giorni Perfetti di cui fa parte questa serata, cos’è per lei la lentezza e secondo lei, ha ancora uno spazio nella nostra società?

Lella Costa: Io credo che la percezione o comunque la misura della lentezza sia molto soggettiva.

Non esiste una lentezza che vale per tutti, così come non esiste una velocità o un’accelerazione che va bene per tutti. Quindi credo che la cosa importante sia per ognuno capire, interpretare e quindi poi vivere una lentezza se e quando lo ritiene necessario. Non credo che la velocità debba essere un obbligo, sicuramente non è un valore.

Scena da Perfect Days (Wim Wenders, 2024)
(Foto: Los Angeles Times)

Oggi forse la lentezza è diventata un valore, però l’accelerazione sta proprio nel mondo, nel fatto che tutto dura molto meno. E quindi lentezza, per me, vuole soprattutto dire cercare di conservare ricordi, ma anche semplicemente idee, addirittura opinioni. Mi pare che questo sia un buon modo di esercitare la lentezza.

Nella vita personale però è diverso: credo che la felicità non si possa trovare nella velocità, ma non è necessariamente una questione legata alla scansione del tempo.

Insomma, credo che sia centrale la percezione soggettiva, e come in tutto quello che conta è la consapevolezza.

A volte rallentare può darci piacere oltre che farci del bene.


C.C.N: Per quanto riguardo l’opera che ha deciso di recitare stasera, Rime Rimbambine di Bruno Tognolini (Gallucci, 2023), come è nato il suo rapporto con questa raccolta di filastrocche, e perché l’ha scelta?

L.C.: Dunque, mi è stata proposta perché, bisognava portare una performance sul tema della lentezza. Le Rime Rimbambine sono deliziose ma sono brevi, anche se avrei potuto leggerle piano, pensavo di farle prima a doppia velocità e poi più lentamente.

Conosco Tognolini e trovo che sia bravissimo, un vero poeta che riesce a raccontare storie. Questo lavoro è stato una gioia innanzitutto per questo, ma apprezzo molto anche le sue opere legate a temi sociali e civili. Leggere Bruno è stato davvero un piacere

Copertina di Rime Rimbambine di Bruno Tognolini e Lorenzo Terranera (Gallucci, 2023)
Copertina di Le nostre anime di notte (NN editore, 2017)

A questo però ho aggiunto anche altre opere: una è proprio legata alla memoria, ovvero, ll canto dell’amore di J. Alfred Prufrock (1917) di T. S. Eliot, un poema meraviglioso, in cui si riflette sul passare del tempo e a un certo punto nel sottofinale una frase recita: “Divento vecchio, divento vecchio”.

Poi racconterò anche delle esperienze in teatro che ho fatto una decina di anni fa, con un testo di Lidia Ravera, intitolato Nuda Proprietà, che racconta di un incontro in età avanzata tra una donna e un uomo appena più giovane di lei.

L’ultimo spettacolo che ho portato in scena, in tournée anche a Bologna, era la nostra versione di Le nostre anime di notte (NN editore, 2017) un romanzo di Kent Haruf che racconta una storia d’amore tra due persone non più giovani, con una vita compiuta alle spalle. 

Quindi, ho messo insieme tutto questo sperando che funzioni.


C.C.N: Ho notato che nelle sue opere, nei monologhi che recita come, ad esempio, “La canzoncina dell’inadeguata” anche la condizione della donna nella nostra società ha un certo ruolo, una certa importanza. Nel suo lavoro si è mai sentita ostacolata rispetto ai suoi colleghi uomini?

L.C.: Mi piacerebbe rispondere di sì perché farebbe quarta di copertina, ma in realtà no, perché io faccio teatro e il teatro è un luogo della libertà, della scelta, e se non funziona non ci sono artifici, le persone non ti vengono a vedere.

Ho avuto la fortuna di iniziare a recitare in un periodo in cui cresceva l’interesse per la comicità femminile, che fino a quel momento come comicità d’autrice non esisteva, anche se esistevano delle grandissime interpreti, delle grandissime maestre, cito per tutte Franca Valeri.

Negli anni Ottanta c’è stata un’ esplosione del genere comico in tutti i sensi, quindi bisognava far lavorare anche le donne perché c’era un consumo di comicità altissimo. Allora si saliva su un palco senza lo scudo, la protezione, di affermare un personaggio, ma per fare quello che poi si è chiamato storytelling o stand up

Io in questo senso credo di essere stata veramente la prima, e questo mi ha permesso di acquisire un’identità.

Quello che desideravo fare sono riuscita a farlo, magari qualcuno non mi ha voluto bene, sicuramente non piaccio a tutti, ma questo è il teatro e l’ho capito molto presto. Non mi interessava piacere a tutti, la televisione deve essere comicità d’autore, il teatro per fortuna no.

Quindi no, non credo di aver subito discriminazioni in questo senso, però questo non significa che non siano esistite e che non esistano tuttora, anche molto forti, soprattutto nel mondo del cinema, della televisione, in cui esiste un giro di potere, di denaro per cui è molto più difficile che chi lo detiene, che sono uomini, perché lo sono storicamente e tradizionalmente, molli il colpo. 

Noi donne abbiamo fatto molta più fatica, quindi ogni posizione conquistata va difesa, sempre, a prescindere.

Chiara Celeste Nardoianni

(In copertina Lella Costa)


Giorni perfetti è una rassegna di cinque incontri sulla lentezza a cura di Mismaonda.

Mismaonda logo.
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