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5 centimetri più in là e… – L’attentato a Trump e il rischio di guerra civile

Attentato a Trump

Sabato 13 luglio, mentre teneva un comizio a Butler (Pennsylvania), il politico statunitense Donald Trump è stato vittima di un attentato. Sarebbe stato meglio se fosse morto? O L’attentato a Trump avrebbe potuto precipitare gli USA nella guerra civile?


‘Per un soffio’. Questa volta, la metafora stucchevole è diventata tragica descrizione della realtà. Sarebbero bastati veramente pochi millimetri, una brezza di vento più convinta, a far crollare tutto.

Gli allarmi di studiosi e osservatori sullo stato di salute della democrazia americana non sono più analisi accademiche: sabato scorso, alle 18:15 orario di Washington, le preoccupazioni sono divenute realtà davanti agli occhi di tutto il mondo, quando è fallito l’attentato a Donald Trump.

Il più grande pericolo per la democrazia americana

Donald Trump, 45esimo presidente degli USA dal 2017 al 2021, populista di destra e figura messianica per i suoi sostenitori, è uno dei personaggi più controversi apparsi sullo scenario della politica mondiale dell’ultimo decennio.

Quando si candidò per la prima volta per essere presidente degli USA, nessuno credette veramente che avrebbe potuto vincere. E non lo credette nessuno né il giorno della sua conferma come candidato repubblicano, né fino al giorno prima delle elezioni.

Attentato a Trump
Un’immagine dell’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021 (Foto: Jim Urquhart/Reuters).

Anche i politici più seri delle fila repubblicane erano convinti che una sua vittoria avrebbe portato a una presidenza disastrosa e confusionaria; ma non credevano che sarebbe potuto diventare realtà.

Ora, otto anni dopo, e nella storia è ormai impressa l’immagine di un presidente pericoloso: Donald Trump è considerato il pericolo numero uno per la democrazia statunitense. Pluri-condannato, vanta come maggior capo d’accusa l’assalto di Capitol Hill il 6 gennaio 2021, fomentato da Trump stesso ed eseguito dai suoi ammiratori-scagnozzi.

L’allora vicepresidente, Mike Pence, ha dichiarato esplicitamente nella sua autobiografia come Trump abbia provato ad annullare il risultato delle elezioni, rendendo chiaro a tutto il mondo che quella delle ‘stolen elections’ non era solo retorica, ma un vero e proprio tentativo di sovvertire la democrazia americana.

Trump non ha mai negato il suo apprezzamento per gruppi estremisti come i Proud Boys, composto da pericolosi militanti di estrema destra armati fino ai denti.

Ora Trump è candidato per tornare a esercitare il ruolo di presidente dopo aver perso le elezioni del 2020 contro l’attuale presidente, Joe Biden.

Attentato a Trump
Immagine di un gruppo di Proud Boys (Foto: Tasos Katopodis/Getty).

Il 5 novembre 2024 si terrà l’elezione presidenziale più polarizzata nella storia degli Stati Uniti. E sembra che il peggio debba ancora venire.

Attentato a Trump: e se fosse morto?

Gli Stati Uniti non se la passano bene, è vero. Ma tutti coloro che pensano che la morte di Trump avrebbe risolto ogni cosa si sbagliano, e di grosso: un filo di vento in più, una mano più salda e un proiettile nel cranio non avrebbero salvato la democrazia americana.

Al contrario! Sarebbe stato l’inizio della fine: i trumpiani più accaniti, soprannominati MAGA dallo slogan “Make America Great Again”, avrebbero messo a ferro e fuoco il Paese, organizzando battute di caccia per punire gli antitrumpiani.

Sembrano previsioni catastrofiche, ma non sono azzardate: nel libro del funzionario repubblicano e ora attivista antitrumpiano Miles Taylor Blowback è chiaro che i gruppi MAGA più estremi hanno l’organizzazione necessaria per attuare una nuova ‘strategia della tensione’, seguendo le loro liste di proscrizione su cui sono presenti tutti i nemici del trumpianesimo, dai democratici ai traditori repubblicani.

Copertina di Miles Taylor, Blowback, Atria Books 2023.

Se fino ad ora l’odio è stato portato avanti soprattutto tramite persecuzioni online, e si è trasformato in violenza fisica solo di rado, l’assassinio di Trump sarebbe stata la miccia giusta per innescare una violenza politica mai vista prima.

Dopo aver perso il suo leader indiscusso, il partito repubblicano sarebbe collassato, tentando forse di trovare un candidato sostitutivo, ma le elezioni sarebbero state indubbiamente vinte da Joe Biden: si sarebbe così riconfermato al potere un presidente inadatto a riconciliare la nazione.

Se già ora gli ambienti estremisti sono capaci di entrare nella casa di Nancy Pelosi e di conservare le informazioni più personali sui loro ‘nemici’, a che punto sarebbero potuti arrivare in caso di morte del loro amato Messia? Meglio non averlo scoperto.

Non si fa democrazia con le armi

L’ultimo battito del cuore di Trump avrebbe segnato l’inizio di una guerra civile cruenta e distruttrice. Anche la storia insegna che la violenza non risolve i problemi creati dai violenti.

Prendiamo l’assassinio di Cesare, organizzato dai repubblicani per evitare che il loro temuto nemico trasformasse Roma in un sistema dittatoriale: i loro ‘tentativi democratici’ sono falliti e, al contrario, hanno portato alla santificazione di quel Cesare che intendevano punire, spianando la strada al principato augusteo prima e, poi, all’impero.

Attentato a Trump
Vincenzo Camuccini, La morte di Cesare. Olio su tela, 1804-5 (Foto: Wikimedia).

Ma forse non c’è bisogno di andare così indietro nella storia, né così lontano dagli States per ricordare che gli assassini politici non sono in grado di fermare il cambiamento: l’assassinio di Abraham Lincoln non rese vana la lotta per rendere veramente tutti gli uomini nati liberi e uguali’.

E, nonostante l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, il processo di riunione sociale da lui pensato fu portato avanti dal suo vice Lyndon Johnson, con l’immenso progetto che prese il nome di Great Society.

Uccidere non è democrazia

Uccidere il nemico della democrazia non porta più democrazia. Servano da lezione le parole di Biden su questo avvenimento:

Hanno sparato a un ex presidente […]. Non possiamo, non dobbiamo seguire questa strada in America. Lo abbiamo già vissuto nella nostra storia. La violenza non è mai stata la soluzione […], sia nel caso dell’assalto a Capitol Hill il 6 Gennaio […], sia nel caso di un tentato assassinio verso Donald Trump. Non ci deve essere spazio in America per questo tipo di violenza o per qualunque tipo di violenza. Punto. Nessuna eccezione. Non possiamo permettere che questa violenza venga normalizzata.

Joe Biden.

Condannare la violenza contro Trump non vuol dire né dimenticare quella commessa e voluta da lui stesso, né perdonarla. Vuol dire essere democratici, e umani.

I gerarchi nazisti non furono giustiziati, ma processati, perché continuare la violenza di quegli anni con esecuzioni sommarie avrebbe significato essere allo stesso livello dei nazisti.

Ogni tanto è giusto ricordare e ripetere queste lezioni della storia.

Gabriele Cavalleri

(In copertina, immagine da The Sun, diritti di AP)


5 centimetri più in là e… – L’attentato a Trump e il rischio di guerra civile è un articolo di Gabriele Cavalleri. Clicca qui per altri articoli dell’autore.

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