Con una narrazione ironica e incisiva, in “Un giorno questo dolore ti sarà utile” (Adelphi, 2010), Peter Cameron guida i lettori attraverso le vicende di un diciottenne alla scoperta di se stesso, in un mondo che però ammette solo certe cose, tutte e subito.
Famiglia e dogmi sociali
James Sveck è il diciottenne disadattato e solitario che non ne vuole sapere di università e feste con i suoi coetanei. La madre Marjorie, gallerista d’arte e collezionista di divorzi, non accetta che il figlio aspiri a vivere in una casa nel Midwest piuttosto che frequentare l’università.
Il padre Paul, avvocato in fissazione con le proprie occhiaie, si trova a constatare a malincuore che James, invece di vivere come un comune ragazzo della sua età, preferisce trascorrere le proprie giornate insieme alla nonna Nanette o in solitudine.
Sua sorella Gillian, studentessa universitaria infatuata del proprio professore di linguistica, pensa di conoscere il fratello. Anche lei, come le altre figure di riferimento nella vita di James, crede nel granitico dogma sociale: l’università è un dovere e un bene incontrovertibile di cui il ragazzo non può privarsi.
Per la famiglia del giovane sembra quasi che università e felicità siano per forza di cose sovrapponibili, o almeno, sempre relazionabili l’una all’altra in uno stretto rapporto di causa-effetto. E alla fine, perché non dovrebbe essere così? In un mondo in cui tutto corre, si affanna, si conforma, è possibile, come tanto vorrebbe James, essere felici con poco? Un libro di Trollope, quattro chiacchiere con Nanette, una casa nel Midwest e sì, magari anche un posto fisso in un McDonald per mantenersi economicamente.
Alla fine, lo sarebbe, se veramente non si chiedesse niente di più. Come si scandalizzerebbe la nostra società e come inorridirebbe la famiglia James alla sola idea che qualcuno possa accontentarsi di così poco?
Individuo e società
James si ritrova a crescere in un mondo che gli ha già imposto il modello da perseguire: l’incarnazione del perfetto borghese che ciascuno dei suoi genitori dovrebbe rappresentare. Di perfetto, però, questi ultimi hanno solo l’immagine di facciata modellata dai loro successi lavorativi. L’etichetta con cui si vendono alla società e con cui omettono i loro fallimenti relazionali.
James è inquadrato dagli altri come l’anticonformista: il giovane fragile, altamente sensibile e intelligente, ma incapace di relazionarsi con gli altri.
Per me è il contrario: i pensieri sono più veri quando vengono pensati, esprimerli li distorce e li diluisce, la cosa migliore è che restano nell’hangar buio della mente, nel suo clima controllato, perché l’aria e la luce possano alterarli come una pellicola esposta accidentalmente.
Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile.
Tuttavia, siamo sicuri che il seme del suo malessere risieda proprio nella sua idiosincrasia verso i coetanei? Oppure, semplicemente, la nevrosi è il prodotto di un conflitto tra la realtà esterna e il suo universo interiore? Gli psicanalisti Miguel Benasayag e Gérard Schmit, nel saggio L’epoca delle passioni tristi, mettono in luce che, nell’ambito della psicanalisi e della psichiatria, etichettare i giovani pazienti come “disturbati” sia più facile che soffermarsi sul problema del disagio giovanile.
Quanto “conosci te stesso”?
Parole simili a quelle scelte da Nareem Jabbar, delegata dello Stato di New York incontrata dal ragazzo alla Classe d’America, seminario in cui James proverà un disagio psicologico tale da decidere di scappare:
Nareem Jabbar mi ha scritto per scusarsi di avermi dato del disadattato, che lei lo aveva detto nel senso migliore, cioè che non mi ero adattato alla situazione perché avevo una mia forte individualità.
Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile.
Si può vedere il protagonista di questo romanzo come un disadattato, ma non nel senso di ‘problematico’, come la società vorrebbe classificarlo. James semplicemente non si adatta a quelli che potremmo chiamare ‘desideri da contagio’, determinati dalle ambizioni, la volontà e le credenze di coloro che lo circondano.
Anche nei contesti più banali, quante volte i nostri desideri più istintuali sono soppiantati da una altrettanto istintuale tendenza a conformarci alla volontà altrui?
Avrei passato il resto della mia vita in transito, protetto dal treno, mentre questo mondo impossibile e disgraziato sfrecciava fuori dal finestrino.
Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile.
Tuttavia, a volte la questione è ancora più complessa. Non si tratta solo di una società esigente che spesso ci spinge a cercare i desideri altrui, a volere senza veramente volere e a pensare in termini concreti e standardizzati la nostra identità. Non è sempre la realtà esterna a indirizzarci verso specifiche direzioni, ma spesso siamo noi stessi a lasciarci incastrare in incanalamenti che potrebbero risultare asfissianti.
La casualità del nostro essere
Il fatto che James sia consapevole di certe sue esigenze, implica forse che all’età di diciotto anni abbia la verità in pugno e che quindi lo scopo della sua esistenza gli sia già reso visibile in una luce chiara e inconfondibile? James conosce veramente se stesso?
A volte sembra detenere sicurezze, altre volte un po’ meno. E alla fine è anche giusto così: il monito del “conosci te stesso” non è poi tanto così semplice come ci fanno spesso credere.
Il conflitto tra la più pretenziosa società e la più autentica interiorità spesso non è il solo responsabile nel determinare disagio psicologico.
Spesso può contribuire un altro tipo di dissidio: il profondo divario tra chi siamo e chi pensiamo di essere. Non possiamo pretendere di detenere una conoscenza assoluta di noi stessi che ci fornisca un quadro dettagliato di chi siamo e di chi potremmo divenire, né all’età di diciotto anni né sul finire della nostra esistenza.
L’identità umana non è mai granitica. La totalità delle nostre scelte è subordinata alla casualità. Nessuno di noi ha un’indole così ferma e coerente da farci desiderare la medesima cosa in ogni momento della nostra vita, a prescindere dal contesto sociale, dalle persone che ci sfiorano e da quelle che ci attraversano, dalle più disparate contingenze che possono succedersi. Tutti fattori che quindi iniziano, si trasformano, si adattano per poi finire e magari, questione di un po’ di tempo, ripresentarsi.
Anche innamorarsi non è solo un ‘fatto di chimica’, come spesso si dice, ma è il prodotto di una delle infinite inclinazioni del caso. Perché sì, la nostra personalità si costruisce in gran parte sulle situazioni che viviamo. Basti pensare che circa il 40% dei tratti della personalità di una persona deriverebbe infatti da geni ereditati e la percentuale restante a fattori ambientali.
Nessuno ci assicura che in qualsiasi momento della nostra vita, in qualsiasi tipo di situazione ambientale, in qualsiasi determinata condizione psicologica, ci saremmo innamorati proprio di quella specifica persona.
Soffrire per conoscere
James è turbato proprio dall’infinita possibilità delle scelte offerta dalla vita. Per Kierkegaard, “esistere significa poter scegliere; anzi, essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensì la miseria dell’uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma”.
Un episodio esemplificativo a tal proposito è la volta in cui James, nel sito di incontri Gent4Gent, crea un account falso e finge di essere un’altra persona con John, collega omosessuale della madre in cerca dell’anima gemella. Quando John gli chiede spiegazioni per il perfido gesto commesso, James saprà solo rispondere: “Credevo che se riuscivo a inventarmi una persona che ti piace, tu avresti capito che sono quella persona lì”.
Alla domanda dei genitori se sia omossessuale, a James non importerà mai fornire una risposta. Il protagonista di questo romanzo è una sorta di antieroe, con tante difficoltà e tante mancanze che la sua famiglia non fa che acuire.
Un giorno questo dolore ti sarà utile è un romanzo di formazione in cui Peter Cameron intesse una narrazione intima e a tratti ironica, pungente e sagace, per mezzo dei dialoghi di incredibile affilatezza tra il protagonista e la sua psicoterapeuta. Cameron apre le porte verso l’interiorità complessa di un personaggio in dissidio con se stesso e con una realtà esterna incapace di accettarlo, guidarlo e accoglierlo.
Alla fine del romanzo non sappiamo esattamente a quali conclusioni sia arrivato il nostro protagonista. Frequenterà l’università oppure no? Diverrà consapevole della propria sessualità? Non lo sappiamo. Possiamo però tirare le fila in questo modo: in certi casi è sufficiente conoscersi e accettarsi; altre, invece, basta solo smetterla di definirsi a ogni costo. Non chiedersi troppi perché e pensare semplicemente che Un giorno questo dolore ti sarà utile.
(In copertina, foto di Nick Monica su Unsplash)