Negli ultimi mesi il governo di Emmanuel Macron ha dovuto fare i conti con l’exploit dell’estrema destra, culminato nella batosta subita alle ultime elezioni europee. A quali fattori è da attribuire questa situazione? Chi sarà il prossimo premier?
Lo shock delle elezioni europee
Se da un lato le recenti elezioni europee hanno confermato la relativa stabilità del governo di Giorgia Meloni in Italia, dall’altro diversi esecutivi nell’Unione Europea hanno dovuto fare i conti con una significativa perdita di consensi a favore delle opposizioni, in particolare dei partiti di destra.
Pochi però si aspettavano il risultato registrato in Francia. Infatti, fino a pochi anni fa era difficile immaginare il Rassemblement National in testa ai sondaggi. Eppure, il partito di Marine Le Pen non solo ha dominato gli indici di preferenza negli ultimi mesi, ma si è anche attestato sopra la soglia del 31% alla prova decisiva delle urne, doppiando la coalizione del presidente Emmanuel Macron.
Le proporzioni di tale risultato si evincono dalla scelta di Macron di sciogliere l’Assemblée Nationale (la camera bassa del parlamento francese) e di indire nuove elezioni legislative.
Il Front National, dalle origini al repulisti
La rapida ascesa del partito più a destra del panorama politico francese non è stata così improvvisa come sembra. Infatti, rivolgendo lo sguardo al passato, ci si rende conto che fin dai primi anni 2000 il malcontento verso la classe dirigente e i partiti tradizionali aveva creato uno stato di insofferenza.
Ed è proprio lì che la politica aggressiva e polarizzante dell’allora Front National aveva iniziato a costituire un’allettante alternativa. Alternativa che, però, molti guardavano ancora con diffidenza.
Il problema cronico che limitava il partito aveva un nome e un cognome: Jean Marie Le Pen, fondatore e leader del partito, finito più volte al centro di polemiche e scandali legati ai suoi ideali estremisti e reazionari, oltre che alle sue discutibili frequentazioni.
Da quando ha lasciato la guida del movimento alla figlia Marine nel 2011, il partito ha rinnovato la sua immagine, distanziandosi dalle politiche neofasciste che lo avevano caratterizzato fin dagli anni Ottanta.
Nel 2015 Jean-Marie Le Pen è stato addirittura espulso dal partito per aver rifiutato il cambiamento imposto dalla figlia, e dal 2017 fa parte dell’Alleanza per la Pace e la Libertà, movimento che sostiene i partiti di neofascisti e di ultradestra in tutta Europa guidato da Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova.
Le contraddizioni di Marine Le Pen e il decisivo cambio di passo
Pur moderando alcuni aspetti estremisti, Marine Le Pen ha consolidato l’immagine del partito come forza politica aggressiva e populista. Le Pen, infatti, è sempre stata contraria ai matrimoni fra persone dello stesso sesso ed è più volte stata accusata di xenofobia e negazionismo: basti pensare alle infelici dichiarazioni circa la partecipazione del governo collaborazionista di Vichy nello sterminio degli ebrei.
Negli ultimi anni ha poi insistito sul problema dell’immigrazione irregolare, man mano che i flussi migratori verso l’Europa si facevano sempre più consistenti.
Il partito, che ha cambiato denominazione in Rassemblement National nel 2018, ha così visto la propria platea allargarsi sempre di più, includendo quella parte di elettorato operaio e piccolo borghese che prima favoriva tradizionalmente i partiti di centro e di sinistra.
La svolta decisiva è però avvenuta nel 2022, quando Le Pen ha affidato la presidenza del partito a Jordan Bardella. Il giovane francese di origini italiane, artefice di una rapidissima scalata tra i ranghi, ha guidato il Rassemblement al risultato trionfale osservato il mese scorso.
La scommessa di Macron
A meno di un mese dalla tornata europea, dunque, gli elettori francesi sono nuovamente chiamati alle urne. La decisione di Macron di indire nuove elezioni potrebbe sembrare azzardata, ma non lo è: con il passare del tempo, i consensi per la destra sarebbero soltanto cresciuti.
In modo simile, il primo ministro britannico Rishi Sunak ha anticipato le elezioni previste per la fine dell’anno nel Paese d’oltremanica. Sebbene il suo partito sia sotto il partito laburista di quasi venti punti percentuali, ha sfruttato un trend positivo per l’economia britannica, per evitare che la voragine si allarghi sempre di più.
La strategia di Macron ha già ottenuto un parziale successo, provocando una corsa disordinata alle alleanze e alle coalizioni.
Il Rassemblement National ha visto sfumare un accordo con l’altra forza di estrema destra Reconquête, partito da cui è da poco stata espulsa la vicepresidente Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen. Ha poi destato clamore l’annuncio di Eric Ciotti, leader dei centristi, di un’intesa con il Rassemblement. Ciotti è stato addirittura espulso dal suo partito, delibera poi revocata da un giudice.
Nel frattempo, i partiti di sinistra e centro-sinistra si sono organizzati nel Nouveau Front Populaire, ispirato al Front Populaire che nel 1936 tentò di opporsi all’ascesa del fascismo in Europa. Dopo aver fatto i conti con la propria natura estremamente eterogenea hanno raggiunto un travagliato accordo per le candidature, che vede il ritorno, fra gli altri, dell’ex presidente François Hollande.
Un inquilino ingombrante a palazzo Matignon
È certo è che, nel caso del probabile exploit della destra, il presidente Macron si troverebbe in uno scomodo stato di coabitazione con un primo ministro a lui dichiaratamente ostile.
Fino a che punto questa condizione – qualora dovesse concretizzarsi – influenzerà la linea dell’esecutivo, soprattutto in politica estera? Sarà interessante scoprirlo.
Il tutto con un occhio già rivolto alle elezioni presidenziali del 2027, a cui Marine Le Pen potrebbe arrivare con un consenso dalle proporzioni mai registrate prima.
Matteo Minafra
(In copertina, foto da rfi)