Donatella Di Pietrantonio, vincitrice del Premio Campiello 2017 con il romanzo “L’Arminuta”, è candidata al Premio Strega 2024 con “Età fragile”, già riconosciuto con il Premio Strega Giovani (leggi la nostra recensione). Chiara Celeste Nardoianni di Giovani Reporter ha avuto l’opportunità di intervistarla.
Chiara Celeste Nardoianni: Età fragile, oltre a essere selezionato tra i sei libri finalisti del Premio Strega, è risultato vincitore del Premio Strega Giovani. Secondo lei in che modo questo romanzo parla ai giovani?
Donatella Di Pietrantonio: Devo dire che non mi aspettavo assolutamente questa vittoria. Però, poi, pensandoci meglio nel momento in cui è arrivata, mi sono accorta che alcuni personaggi, soprattutto quello di Amanda, possono essere molto attrattivi per i giovani.
Credo che ci si possa riconoscere facilmente nelle difficoltà di Amanda, in questo suo percorso verso la realizzazione dei suoi sogni, che ad un certo punto si interrompe, costringendola a tornare al punto di partenza, al luogo di nascita da cui era scappata.
Ecco, penso che i giovani possano empatizzare e identificarsi con questa ventenne di oggi che non vede realizzazione e che non trova spazi per l’espansione di sé.
E, quindi, ha bisogno di un periodo di arresto, anche di chiusura, in cui però non è spenta, come la vede sua madre, ma sta semplicemente cercando dentro di sé, in silenzio, una ripartenza.
C.C.N.: Quando parla di “età fragile”, non si riferisce soltanto a un personaggio, a una generazione, ma in un qualche modo sta parlando di tutti i personaggi del romanzo, a prescindere dagli anni che hanno sulle spalle. Cos’è questa Età fragile?
D.D.P.: Qualunque età si espone alla fragilità, perché la fragilità è insita nella condizione umana e nel nostro percorso mortale. In particolare, all’inizio del romanzo sembra che sia un’età fragile quella di Amanda, semplicemente perché lei è la prima a mostrare, attraverso la voce di sua madre, la fragilità che sta attraversando e che sta vivendo, dopo un’adolescenza che era sembrata abbastanza piana e scorrevole. Poi, appunto, ogni personaggio arriva quasi a rivendicarla per sé.
Lucia stessa, che è al centro di tutte le fragilità degli altri e non ha mai il tempo e lo spazio di occuparsi della propria. E anche il vecchio padre, il nonno di Amanda, che ha a che fare con la più fisica delle fragilità, la vecchiaia, e in più non ha gli strumenti per riconoscerla e neanche per viverla, perché ha sempre lavorato con le mani, con il corpo: nel momento in cui il corpo lo tradisce davvero non sa che cosa fare.
C.C.N.: Tornando al personaggio di Amanda, lei e Doralice sopravvivono entrambe a una violenza e cercano in qualche modo di superarla, ognuna in un modo personale, soggettivo. Secondo lei è possibile sopravvivere a una violenza? E se sì, come?
D.D.P.: Sicuramente è possibile, ma direi che più di tutto sia importante l’uso che si fa del trauma, della violenza vissuta; nel senso che restano le tracce, restano le ferite più o meno aperte e vanno riconosciute, vanno esplorate, vanno elaborate.
Quindi, bisogna capire come affrontare questo vissuto traumatico, dare senso a quello che è accaduto, che sia un senso che ci proietti verso il futuro.
C.C.N.: Sempre rimanendo sul personaggio di Amanda, che mi ha colpito molto, come diceva lei prima, questa ragazza all’inizio del romanzo torna a casa dalla madre, interrotta. Però, a un certo punto la vediamo riprendersi e riprendere in mano la propria esistenza; e infatti comincia a partecipare alla vita della comunità in cui si trova anche in maniera attiva. Cosa spinge questo personaggio al cambiamento?
D.D.P.: Intanto, la forza che comunque è dentro di lei, anche l’energia che è tipica della sua fase della vita. Amanda non è spenta, è solo interrotta, ma questo non significa che il suo slancio vitale sia finito.
È solo un momento di pausa determinato da varie componenti, una crisi complessa. Non posso dire che sia causata soltanto dall’aggressione che ha subito o dalla separazione dei genitori. Possiamo anche, per esempio, considerare il suo trasferimento da una piccola realtà di paese a una grande città; cosa che lei aveva tanto desiderato e scelto.
E quindi sono tante le componenti del suo blocco. Ma lei probabilmente ha solo bisogno di riconfigurare un po’ le sue risorse, le sue forze, e proiettarle verso un nuovo inizio.
C.C.N.: Perché nel romanzo è presente questa incomunicabilità tra le diverse generazioni messe in scena, Lucia e il padre con Amanda, ma anche Lucia con il proprio padre?
D.D.P.: Penso che un conflitto tra generazioni sia inevitabile. Nell’Età fragile quello che è conta è l’ambiente in cui questo avviene, un luogo che è unico per tutte e tre queste generazioni, ossia il Dente del Lupo.
Si tratta di un ambiente interno, isolato e che è rimasto per molto tempo al riparo dal mondo e anche dallo scorrere del tempo, della storia. Poi viene stanato dalla modernità.
Allora, vediamo che questo contrasto tra le tre generazioni è particolarmente acuto e anche accelerato da questo passaggio, quasi da un’età premoderna che è quella che hanno vissuto i personaggi come il nonno, i suoi amici, Osvaldo, e poi quella di Lucia e ancora di più di Amanda.
Dove i cambiamenti sono molto rapidi, accelerati, trovo che anche i conflitti siano più intensi, più acuti e penso che ci sia una grande differenza tra quello che vive Amanda nel presente e quello che ha vissuto il nonno nel passato. Elaborare queste differenze è sempre difficile, a volte molto conflittuale.
C.C.N.: Proprio a partire da questo, che ruolo ha il paesaggio all’interno della vicenda raccontata, come si inserisce nel rapporto affettivo tra i personaggi del romanzo?
D.D.P.: C’è una sorta di unità di luogo e in fondo questo luogo è ciò che veramente li tiene insieme. Naturalmente non mi riferisco solo al paesaggio fisico, fatto di montagne, valli, boschi e per finire mare, ma soprattutto al paesaggio umano che si compone appunto di intere generazioni, a partire da quella più anziana legata a un territorio arcaico, e poi a seguire le altre, quella di Lucia e quella di Amanda.
È il paesaggio che le tiene insieme, è l’unico elemento che le tiene in continuità. Tuttavia, il paesaggio umano è complesso: da una parte è protettivo come sa esserlo la provincia in cui si viene cresciuti da una grande famiglia allargata, dalla comunità intera; dall’altra, questa situazione è soffocante e liberticida, se pensiamo anche ad Amanda, che cresce sotto questo sguardo plurale e non ha mai la possibilità di essere abbastanza libera da non essere vista.
Chiara Celeste Nardoianni
(In copertina, Donatella Di Pietrantonio da Vanity Fair)
Questa intervista a Donatella Di Pietrantonio, autrice dell’Età fragile, fa parte della rassegna di Giovani Reporter in attesa del Premio Strega 2024. Per approfondire il tema, leggi la nostra recensione, a cura di Chiara Celeste Nardoianni.