Sonia Aggio porta al Premio Strega 2024 “Nella stanza dell’imperatore” (Fazi, 2024), un romanzo storico che tratta un periodo spesso in ombra della storia europea: l’Alto Medioevo. Fra elementi classici e immortali, Costantinopoli è la vera protagonista, la regina che domina il destino di chi la vive e chi tenta di governarla, in un labirinto di intrighi, tradimenti, sangue e profezie.
Storia di un Basileús
Il nostro dovere nei confronti dell’Impero è l’unica cosa che conta.
Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore.
La storia si apre con la sparizione di Michele, un bambino di 9 anni, amico e coetaneo di Giovanni I Zimisce, figura tra le più importanti di dell’Impero bizantino. Il loro mondo è sotto minaccia: gli Arabi premono sui confini, i bambini che corrono spariscono per le strade della città abbandonando i loro giocattoli.
Giovanni, il protagonista del romanzo, è ignaro del suo destino, profetizzato da tre streghe di shakespeariana memoria; eppure, sente in lui il contorcersi di una creatura, un demone di rabbia, una maledizione che lo porterà a diventare Basileús ton Romaíon, imperatore di tutti i Romani.
È un mondo in bilico quello in cui cresce Giovanni, “figlio della tregua” fra due delle famiglie più influenti di un impero sempre sul punto di implodere.
Insieme a lui si muovono altri personaggi su cui pesa un destino segnato, uomini e donne di corte al servizio di un bene più grande, l’Impero, per l’appunto.
Di ferro e di sangue
Lungo l’arco narrativo si respira un’aria sempre più carica di tensione e ci si confronta con personaggi su cui sembrano incombere la sconfitta, la morte, il tradimento. Il protagonista è tutt’altro che un eroe: perde i suoi cari, altri ne tradisce e arriva anche a uccidere, ma senza mai agire di propria volontà.
l’Impero che domina la scena, questa macchina infernale di cui lui, i Foca, i Curcas, la famiglia imperiale e i suoi consiglieri sono semplici ingranaggi che si consumano prima del tempo, sostituiti con impressionante facilità.
Anche l’amore assume forme e tonalità adatte allo spazio e al tempo in cui ci troviamo: è un canto lugubre e malinconico, quando non è del tutto assente. Al suo posto si instaurano delle relazioni spesso di semplice natura politica. Un amore maledetto che tormenterà lo stesso Giovanni che finisce per diventare schiavo di una passione di cui non assaporerà mai appieno la dolcezza.
La morte di un figlio scorre via quasi impercettibile, quella di una moglie in travaglio rende necessario affidarsi alla memoria per rivivere volti amati, che pure svaniscono con il passare del tempo.
È naturale, quindi, che questa storia ricordi quella di Macbeth, e con lui tanti altri che rappresentano gli aspetti più primordiali e spaventosi dell’essere umano, costretto allo scontro perenne, piccolissima parte di un disegno molto più grande – e lontano – di lui.
Zimisce cresce e, nel corso degli anni, si fa strada tra le gerarchie militari, fino a diventare la spada che difende l’impero: un soldato in tutto e per tutto fedele all’imperatore, in particolare quando quest’ultimo è Niceforo Foca, suo zio, suo mentore.
“Che cosa sognano i bambini dell’Anatolia?”
Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore.
“Essere Niceforo Foca”.
Eppure, nulla è più importante del suo dovere nei confronti dell’Impero, gli è stato insegnato proprio dallo stesso Niceforo fin da ragazzo. Giovanni è tutto ciò che deve essere: soldato, generale, assassino, amante, traditore e infine Basileús.
Mostri, streghe e profezie
Nel vortice di eventi agisce, al di sopra di tutto, una forza magica e oscura. Le tre streghe si fanno portavoce di una realtà ultraterrena a cui le vicende devono sottostare: appaiono come visioni confuse nei momenti di maggiore fragilità del protagonista e una di loro arriva addirittura ad accudirlo e sedurlo come fosse una giovane innamorata, confondendosi tra mondo reale e fantastico.
“Salve, Zimisce, tu che sarai domestikos d’Oriente.
Salve, tu che un giorno sarai basileús ton Romaíon”.
Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore.
Non meno determinante è la presenza della Creatura, una sorta di serpe che a tratti sembra dominare le profondità dell’animo di Giovanni, sempre in agguato e pronta a ribollire.
Questa rappresenta la dimensione psicologica del basileús, e si sveglia ogni qual volta la tensione giunge all’apice e il suo animo si trova ad agire diversamente da come vorrebbe. Allora la creatura urla, graffia, si contorce e diventa persino crudele quando percepisce un tradimento o una provocazione. Un elemento interessante che permette di conoscere il lato più umano di un personaggio storico lontano nel tempo e di cui, proprio in quanto tale, spesso si ignora il suo essere uomo e non solo eroe.
La dimensione fantastica, tuttavia, sembra apparire all’interno del romanzo in modo discontinuo e i confini tra gli eventi reali e quelli di fantasia, soprattutto verso l’epilogo del libro – e quindi della vita di Zimisce –, si confondono al punto di rendere più difficile una lettura altrimenti lineare.
L’effetto è certamente voluto, ma considerato il modo repentino in cui ciò avviene e la quantità di ambienti, personaggi e linee narrative, il risultato non permette di immergersi appieno nel fantastico senza perdere le coordinate del reale narrativo.
Allo stesso tempo, in più punti si ha l’impressione che alcuni momenti cruciali del racconto scivolino via in poche pagine: battaglie e antagonisti come il temibile Saif al-Dawla, di cui forse ci viene detto troppo poco, non esprimono tutto il loro potenziale e risultano poco incisivi.
Eppure, Nella stanza dell’imperatore ha il pregio di renderci partecipi di una storia poco nota ai più, ma che ci appartiene. È un’ambientazione peculiare quella scelta dall’autrice che, da laureata in Storia, compie al contempo un’azione divulgativa grazie alla quale si prende confidenza con termini, cariche, titoli e realtà del tutto nuovi.
Per conoscere un impero
In virtù del suo stile di scrittura leggero e accattivante, Nella stanza dell’imperatore è la storia perfetta per chi vuole immergersi nelle stanze del Grande Palazzo, a percorrere le vie di una Costantinopoli in cui risuona ancora la lingua greca o a farsi trascinare dalle battaglie al seguito degli strategoi.
Il romanzo non si dilunga con digressioni di carattere storico, che richiederebbero una certa familiarità con il tema, ma si sofferma sui suoi personaggi cogliendone l’aspetto più intimo e, per questo, universale.
Sonia Aggio mette a nudo tutte le debolezze di un impero e del suo ecosistema, ben più determinanti delle vittorie militari. La fragilità di una situazione che sembra sempre sul punto di precipitare è il motore degli avvenimenti che portano con sé, tra le pagine del libro, quanto più di umano e tragico ci sia in chi li vive.
Il mondo bizantino, con le sue ricchezze, le sue corone, le sue vittorie, è destinato inesorabilmente a cadere e a risorgere adattandosi a una Storia nuova, fatta di sultani, pascià e imam devoti a un nuovo Dio. Eppure, Costantinopoli è lì dov’è sempre stata, impressa nella memoria collettiva di Oriente e Occidente.
Jon Mucogllava
(In copertina l’immagine scelta da Fazi per Nella stanza dell’imperatore, di Sonia Aggio; da alamy.com)
Questa recensione di Nella stanza dell’imperatore, di Sonia Aggio, fa parte della rassegna di Giovani Reporter in attesa del Premio Strega 2024.