L’attuale ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara (Lega) ha recentemente proposto in aula un primo disegno di legge che mira alla riforma di alcune colonne portanti della scuola: dal liceo Made in Italy alle norme contro le occupazioni, il futuro dell’istruzione sembra ripartire dagli Istituti Tecnici e patriottici.
L’era di Patrizio Bianchi al Miur si è conclusa tra polemiche e proteste come non se ne vedevano dalla riforma Gelmini: cortei contro l’alternanza scuola-lavoro dopo la morte di alcuni studenti, contestazioni per i fondi nazionali destinati alle spese belliche in Ucraina, e rivolte contro le classi “pollaio”. Al suo posto, sullo spinoso scranno di ministro dell’istruzione si è seduto Giuseppe Valditara.
Il liceo tricolore
La proposta di Valditara per la riforma di alcuni aspetti della scuola, arrivata qualche mese fa, è stata accolta fin da subito con qualche dubbio. L’intenzione del Liceo Made in Italy è infatti quella di “fornire agli studenti la possibilità di approfondire gli scenari storici, geografici, artistici e culturali dello sviluppo industriale e del tessuto produttivo del nostro Paese, ma anche di proiettarsi nel futuro con una solida formazione di base soprattutto nei campi economico, giuridico e tecnologico”.
L’obiettivo è, quindi, riavvicinare l’istruzione al mondo dell’imprenditoria nazionale e del lavoro; come ha sottolineato anche il ministro dell’impresa Urso, entusiasta di questo nuovo percorso scolastico a metà tra un liceo STEAM e un istituto economico (oltre le materie classiche, si aggiungono infatti diritto ed economia politica).
Meno entusiasti si sono mostrati i ragazzi. A febbraio risultano solo 375 richieste in tutta Italia, ossia lo 0.08% del totale degli iscritti per l’anno scolastico 2024/2025.
All’Istituto Munari di Crema è stato addirittura proposto di sorteggiare alcuni alunni dell’indirizzo economico-sociale per arrivare al numero minimo per formare una classe, come se il futuro degli studenti valesse quanto un tiro di dado.
Più professionisti, meno professori
Un’altra novità introdotta da Valditara nella riforma della scuola è la riformulazione del piano di studi degli Istituti Tecnici, che passano da cinque a quattro anni di studi, più due di formazione all’ITIS Academy. Si punterà quindi all’inserimento diretto nel mondo del lavoro tramite l’aumento delle ore di PCTO e di stage, e gli stessi docenti potranno seguire corsi di formazione nelle aziende convenzionate.
La riduzione degli anni di studi è già presente in alcune scuole in Germania, Svezia, Austria, Svizzera e persino in Italia, in certi indirizzi come il liceo Steam International. Tuttavia, il timore è che questo vada a ledere i programmi scolastici di alcune materie, quelle umanistiche in particolare, già abbastanza sintetizzate.
Ciononostante, il Ministero ha garantito che l’offerta formativa rimarrà la stessa e anzi si punterà al consolidamento delle discipline di base (italiano, matematica e inglese), nelle quali, negli ultimi anni, gli studenti hanno registrato forti carenze.
A settembre inizierà il progetto: sono 171 gli istituti che dal prossimo anno proporranno questo nuovo piano scolastico.
Sotto al sette tutti incivili
Torna inoltre ad avere grande rilevanza il voto di condotta: per il Ministro è infatti necessario “ripristinare la cultura del rispetto e l’autorevolezza dei docenti, assicurando un ambiente di lavoro sereno per il personale scolastico e un percorso formativo efficace per gli studenti”.
Così, chi agli scrutini finali si ritroverà con un voto pari a sei decimi sarà tenuto a recuperare un debito formativo in Educazione Civica a settembre per poter accedere all’anno successivo.
Andrà peggio a chi, sempre in condotta, avrà un voto addirittura inferiore alla sufficienza: non potrà essere promosso o ammesso all’esame (se previsto per quell’anno).
Arriva anche la stretta sulle sospensioni: se inferiori a due giorni comporteranno lo svolgimento di approfondimenti e riflessioni sui motivi del provvedimento stesso, altrimenti verranno assegnate attività di cittadinanza solidale presso appositi centri selezionati.
Il pugno duro contro le rivolte
Infine, l’argomento ostico delle occupazioni scolastiche. Tra presidi che accettano placidamente le rivendicazioni degli studenti, rimanendo addirittura con loro negli istituti durante la notte per garantire l’ordine, e chi invece arriva a denunciarli chiamando le forze dell’ordine, il ministro Valditara sceglie la seconda linea.
Infatti, è previsto un risarcimento degli eventuali danni per i responsabili delle occupazioni e chi ha preso parte al tentativo di sovversione riceverà una bocciatura immediata.
Il provvedimento nasce a seguito dell’occupazione dell’Istituto Severi di Milano, che ha riportato danni per un valore di 70 mila euro. Tutti gli studenti coinvolti saranno potenzialmente imputabili e dovranno dimostrare di non aver partecipato all’iniziativa per non rischiare di incappare nei provvedimenti citati.
Sull’ipotesi di un’eventuale bocciatura, tuttavia, il Ministro ha specificato che saranno le singole scuole a decidere, anche se una cosa è chiara: né l’istituzione né gli altri cittadini dovrebbero farsi carico dei reati altrui. Per il governo Meloni, quindi, l’istruzione riparte da qui.
Alessandro Palmanti
(In copertina, Giuseppe Valditara e Giorgia Meloni, foto: Il Tempo)