Venerdì 3 maggio 2024, all’Università di Bologna, si è tenuto un dibattito tra giovani rappresentanti di diversi partiti politici, in occasione della rassegna di eventi “Giovani un ca**o”, a cura di Matteo Hallissey. Il titolo di questa serata è “L’Italia non è un Paese per giovani”; protagonisti: Matteo Hallissey (RI), Paolo Romano (PD), Elisa Segnini Bocchia (FdI) e Livia Bonacini (FI), moderatore Alessandro Cecchi Paone. Benedetta Del Re ha avuto l’occasione di porre qualche domanda a tutti i presenti.
Che cos’è “Giovani un ca**o”?
“Giovani un ca**o” è prima di tutto un tour di eventi, ideato da Matteo Hallissey (segretario nazionale dei Radicali Italiani) e composto da una serie di dibattiti in diverse università italiane, dove sono state portate alla luce tematiche come il lavoro, il welfare, la scuola, lo sviluppo e l’equità generazionale.
Questo tour è servito proprio a dire che le nuove generazioni non devono rimanere in silenzio ma prendersi i loro spazi e far capire che anche loro possono essere integrati nella politica.
L’Italia è un Paese che sui giovani ha la tendenza a vaneggiare. Infatti, stando al sito web di “Giovani un ca**o” sono 5,7 milioni i neet tra i 15 e i 34 anni, di cui il 40% si astiene dal voto, il 23% è formato da disoccupati, e il 16% di questi paga le pensioni. 350mila under 30 hanno lasciato l’Italia solo negli ultimi dieci anni.
L’intervista a Matteo Hallissey
B.D.R.: Sei il più giovane segretario di un partito nazionale , come ti senti ad aver raggiunto questo traguardo a soli vent’anni?
Matteo Hallissey: L’età media di chi fa politica, anche all’interno delle istituzioni, è molto alta; quindi, essere stato eletto a vent’anni segretario di un partito nazionale è una cosa bella e particolare rispetto alla media.
È incredibile perché a questa età posso ricoprire la carica di segretario di un partito, attivarmi, fare delle iniziative, ma non ho l’età per stare nel parlamento europeo né in quello italiano; quindi, anche a livello di regole, c’è una grande distanza dai giovani, dalle loro possibilità, dalle loro idee. C’è tantissimo da fare.
B.D.R.: Tre parole per descrivere i tuoi obiettivi?
M.H.: La prima è ambizione: ho tantissime idee. Seconda: riguardo verso il futuro, una parola chiave per noi giovani. E la terza divertimento: organizziamo questi eventi anche perché è bello confrontarci, fare rete, provando un po’ a legare anche tra i giovani dei vari partiti politici per fare squadra.
B.D.R.: Cosa ti aspettavi da “Giovani un ca**o”?
M.H.: Le mie aspettative sono state ampiamente superate, perché è stata una campagna di ascolto, dove abbiamo raccolto numerosi suggerimenti e i diversi punti di vista degli studenti; questo progetto ha avuto un bel successo.
Abbiamo girato un po’ tutta l’Italia, sono venute molte persone che ci hanno dato la possibilità di comprendere meglio le loro idee ed esperienze come studenti.
Il dibattito a Bologna
Il titolo del dibattito tenutosi a Bologna il 3 maggio era “L’Italia non è un Paese per giovani”.
E i giovani presenti alla serata, in effetti, erano numerosi e di diversi partiti politici: Matteo Hallissey per i Radicali Italiani, Paolo Romano per il Partito Democratico, Livia Bonacini per Forza Italia ed Elisa Segnini Bocchia per Fratelli d’Italia; ragazzi giovani e impegnati in prima linea nella politica della loro regione.
I problemi dei giovani che vivono in questo Paese sono svariati, e lo si vede chiaramente dal Brain drain, ovvero dalla fuga di cervelli: tra le tante questioni, gli stage sottopagati o proprio non pagati, gli stereotipi sugli immigrati che rubano il lavoro, l’incapacità dei nostri leader politici di dare voce ai giovani e la fragilità del sistema pensionistico.
L’Italia costringe i giovani di oggi a pagare le pensioni degli anziani, senza alcuna prospettiva di avere – alla fine – una loro pensione. Anzi, come hanno concluso quasi unanimemente i rappresentanti dei diversi partiti, si deve cercare di investire in ricerca e sviluppo, nel sistema scolastico, in ciò che riguarda proprio il futuro delle nuove generazioni.
La pensione è comunque necessaria in una famiglia in cui i figli stanno svolgendo gli studi, ha spiegato invece Livia Bonacini, che al momento sta svolgendo uno stage e ha il padre in pensione e che è l’unica a dissentire con gli altri giovani rappresentanti.
Un’altra incertezza è l’ingresso dei ragazzi e delle ragazze nel mondo del lavoro: in media un giovane in Italia fa 3 stage prima di arrivare a un contratto di lavoro; il che significa che per circa un anno e mezzo non versa un euro di contributi e nemmeno di tasse, come ha spiegato Paolo Romano.
Lo Stato non è in grado di offrire ai nuovi lavoratori uno stipendio dignitoso, che consenta loro di vivere (e di sopravvivere) e che rispecchi le effettive capacità lavorative.
Nonostante ciò, sicuramente c’è ancora chi si sente al sicuro, compreso e ascoltato dallo Stato italiano. La pensa così Elisa Segnini Bocchia:
“Giovani un cazzo, e invece io sono fierissima di essere ancora giovane sono fierissima di vedere tutti questi giovani seduti qua perché essere giovani in Italia deve essere un vanto”.
Elisa Segnini Bocchia
Hallissey invece, ha affermato che lo Stato italiano non ha pensato al futuro dei giovani.
“Non potremmo mai pensare di cambiare le cose perché oggi i giovani devono dire che una classe dirigente intera ha fallito, ha sbagliato, ha speso a cazzo per i propri interessi con bonus e mancette elettorali a breve termine e non ha pensato al nostro futuro e lo dobbiamo dire tutti al di là del partito che rappresentiamo.”
Matteo Hallissey
Alla fine del dibattito sono stati intervistati i quattro esponenti politici presenti alla serata.
Intervista a Livia Bonacini (Forza Italia)
B.D.R.: Come responsabile della comunicazione dell’organizzazione giovanile di Forza Italia, qual è il contributo che dai ogni giorno?
Livia Bonacini: Con il mio ruolo nella comunicazione nell’organizzazione giovanile di Forza Italia mi occupo di portare avanti e proporre anche sui social le battaglie del partito, per cui giornalmente ci schieriamo su diverse tematiche: dai disturbi alimentari all’obesità, fino all’inserimento dei corsi di primo soccorso nelle scuole; in poche parole, promuoviamo la linea dei giovani liberali 2.0.
B.D.R.: Quali sono i consigli che daresti ai giovani che vogliono entrare in politica?
L.B.: Sicuramente direi loro di non demoralizzarsi mai; soprattutto, capita spesso che nei dibattiti e nei confronti, anche e soprattutto con persone che sono di pensiero differente, ci si abbatta di fronte a quello che può sembrare una distanza generazionale. All’inizio può sembrare che non ci sia spazio per noi giovani; però, se ci impegniamo e portiamo avanti le nostre battaglie, possiamo conquistare il posto che ci spetta.
Intervista a Paolo Romano (Partito Democratico)
B.D.R.: Come consigliere regionale della Lombardia, qual è il contributo che dai ogni giorno?
Paolo Romano: In questo anno e mezzo mi sono concentrato soprattutto sui temi più importanti per le nuove generazioni: prima di tutto, lo scorso dicembre siamo riusciti a far approvare una mozione sul bilancio che obbligava la regione Lombardia a recuperare i tagli sulle borse di studio, cercando di garantire il più possibile a tutti il diritto allo studio.
Un altro lavoro importante che siamo riusciti a concludere è quello della trasformazione delle caserme abbandonate in residenze universitarie utilizzando i fondi del PNRR, proprio per creare studentati pubblici.
Sono riuscito a fare schierare tutta la regione Lombardia a favore del progetto di legge Voto dove vivo per i fuorisede prima che venisse descritto in Parlamento per fare pressione sul Governo nazionale, anche se – come sappiamo – l’esito è stato solo parziale; e sono riuscito a fare approvare alcuni emendamenti al bilancio su fondi per la disabilità, che comunque in regione Lombardia sono stati tagliati. Il resto del lavoro è quello fuori dalle aule, dove mi impegno a cercare di risolvere le problematiche che emergono confrontandomi con i cittadini.
B.D.R.: Durante il dibattito hai detto che è necessario investire in modo sano nel nostro Paese; cosa intendi e come lo faresti?
P.R.: Sicuramente con i servizi pubblici che sono un impulso per l’economia, oltre che un diritto per le persone. Poi, potenziando l’istruzione e la salute: ogni euro investito in questi settori genera in futuro molta più rendita economica e al contempo contribuisce ai diritti fondamentali della Costituzione.
Abbiamo l’esigenza di investire nella sanità pubblica e di limitare i fondi pubblici che vanno in quella privata, e di investire in un’istruzione più completa che contrasti l’abbandono scolastico e il quale permetta davvero a tutte e tutti di studiare.
Intervista a Elisa Segnini Bocchia (Fratelli d’Italia)
B.D.R.: Ti sei candidata al consiglio comunale di Bergamo; quali sono i tuoi obiettivi e cosa proponi di fare per questo mandato?
Elisa Segnini Bocchia: Sono in lista di Fratelli d’Italia e sento addosso la responsabilità di rappresentare la grande percentuale che ha questo partito.
Dall’altra parte, sento di avere una grande determinazione, sono mossa dall’entusiasmo di voler migliorare la mia città, Bergamo. Per i giovani, ho intenzione di mettere al centro la volontà dei ragazzi e delle ragazze che sono a Bergamo e che studiano a Bergamo, che vogliono vivere la città e magari in futuro continuare a viverci e costruirci una famiglia.
Dal 2019 ad oggi l’età media dei bergamaschi è aumentata, e questo perché, complice anche il Covid, sono stati criminalizzati movida studentesca e i ragazzi più giovani; un settore che in realtà vuole solo fare aggregazione e divertirsi. Come possiamo farlo nella città che rappresenta il terzo polo universitario della Lombardia?
Quindi, sicuramente questo è un punto della mia campagna elettorale. Dall’altra parte, dopo veramente due mandati, ormai, di amministrazione elitaria, vorrei far tornare al centro il bergamasco, e quindi le esigenze dei cittadini.
B.D.R.: Cosa consigli ai ragazzi che vogliono entrare in politica?
E.S.B.: La politica è un po’ come una mamma severa, cioè ti vuole tanto bene e ti coccola, però quando sbagli ti bastona; o, meglio, in modo metaforico, ti sgrida e ti fa crescere. È bellissimo entrare in politica da giovani perché è come avere una seconda famiglia; quindi, la bellezza della politica è che si impara, si studia, si cresce, si matura tutti insieme.
È essenziale iniziare da giovani perché si può capire cosa veramente si vuole fare, si può perseguire il proprio obiettivo, facendo quello che veramente per noi è l’Italia.
Intervista ad Alessandro Cecchi Paone
B.D.R.: Cosa l’ha portata a cambiare il suo percorso da giornalista e conduttore televisivo, alla politica con la candidatura alle elezioni europee 2024 al fianco di Emma Bonino per Stati Uniti d’Europa?
Alessandro Cecchi Paone: Non sono né il primo né l’ultimo, pensate ad esempio a Lilli Gruber. Poi non è detto che sia un cambiamento, potrebbe non andar bene e potrei tornare a fare quello che ho sempre fatto. Da sempre ho aiuto il mondo radicale, libertario, laico, a titolo di attivista; in particolare con Emma Bonino: è da venticinque anni che la seguo e la supporto.
La prima campagna che ho organizzato con lei era quella al Quirinale, quando si tentò di portarla a diventare Presidente della Repubblica. Questa volta è stata lei a chiedermi di collaborare, e ho deciso di darle una mano in questo modo.
Fino ad oggi l’Europa ha fatto tanto, e pensiamo agli ideali di pace, sicurezza, benessere e diritti, ma non tutto quello che avrebbe potuto fare, soprattutto se pensiamo al suo mandato; mancano l’unificazione sul fronte della politica estera, dell’esercito, della politica fiscale e della politica sanitaria.
Quindi, ho deciso di fare questo salto e cogliere questa opportunità come un altro momento per dare una mano.
B.D.R.: Cosa pensa del dibattito di stasera?
A.C.P.: Mi è piaciuto moltissimo, perché io non ho mai creduto alla narrazione di una classe giovanile di debosciati, perditempo e perdigiorno; non mi aspettavo tanta gente, tanta attenzione e tanta partecipazione e neanche momenti di tensione, di contrapposizione, che sono sacrosanti – essere liberali vuol dire anche essere difensori del diritto al conflitto, ma sempre nei termini giusti, di chi vuole la democrazia.
Quindi, sono molto contento dal punto di vista delle modalità; dal punto di vista dei contenuti, resto purtroppo convinto che l’Italia non sia un Paese per giovani e che le classi dirigenti di ogni genere e tipo – non soltanto politiche ma anche finanziarie, imprenditoriali, ecclesiastiche e partitiche – non si siano mai occupate veramente di una programmazione per il futuro delle nuove generazioni; anzi, hanno sottratto sangue e linfa vitale per mantenere gli adulti, quelli che le votavano, non curandosi poi che non sarebbe rimasto nulla per le generazioni successive.
B.D.R.: Come risolverebbe questo problema?
A.C.P.: Non lo so proprio, perché io sono pronto ad andare in Europa per applicare il progetto di Mario Draghi di cinquecento miliardi di investimenti all’anno; quindi, di debito buono europeo, per rilanciare ricerca, innovazione, materie STEM, high tech, intelligenza artificiale, capacità di rimettere l’Europa in corsa con Cina, India e Stati Uniti; però, se questa cosa non succede a livello europeo, non può succedere a livello nazionale.
Intervista a Nora Righini (Universitari Liberi)
B.D.R.: Come attivista ti dibatti per molti tempi e affermi che per i giovani in Italia ci sono poche effettive risorse e quindi si crea quella che viene chiamata “fuga di cervelli” e ancora, per colpa del nuovo governo, ci sono meno aiuti finanziari per molti temi importanti come quello dei disturbi alimentari, non c’è il supporto psicologico, bisognerebbe mettere maggiore supporto formazione e l’istruzione. Pensi che attivandosi questi problemi possano risolversi?
Nora Righini: Diciamo che, guardando al passato, spesso i politici si puntano il dito l’un contro l’altro: chi è di destra lo fa contro chi è di sinistra, e viceversa, accusandosi delle mancanze di uno e dell’altro; perciò, in queste dinamiche si potrebbe tendere a pensare che non ci sarà un miglioramento in futuro. Io credo sempre che si debba avere uno spiraglio di fiducia nel futuro, nelle nuove generazioni, nell’attivismo, che porti appunto a dei miglioramenti concreti della società. Quindi, penso che sì, ci sono delle vie che possono essere percorse per migliorare la situazione.
Mi batto molto per il tema dei disturbi alimentari; guardando alla generazione dei miei genitori, per esempio, in cui non si sapeva neanche cosa questi fossero, in cui il bullismo riguardante questi temi era ovunque – nelle serie TV, nei giornali, e via dicendo – ad oggi abbiamo avuto dei miglioramenti.
Chiaro, la situazione non è ideale, e non lo è da nessun punto di vista; però, a piccoli passi, secondo me, effettivamente si può andare nella direzione giusta. Dobbiamo batterci tutti insieme per questi temi.
B.D.R.: Un altro tema di cui ti occupi è la legalizzazione della cannabis. Non credi che ci siano problemi più importanti su cui concentrarsi?
N.R.: Per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis penso che ci siano due fattori da considerare. Il primo è che alcuni temi, vengono considerati marginali o non così prioritari rispetto a sanità, istruzione e tanti altri, la colpa è della politica nostrana che non se ne occupa in alcun modo. Quindi, è necessario che qualcuno se ne occupi, in maniera importante e considerevole perché altrimenti non lo farebbe nessuno.
Il secondo fattore da considerare è che il tema della legalizzazione della cannabis non riguarda solo i giovani che vogliono “farsi le canne”, questa è la solita narrazione anti-proibizionista, ma riguarda una miriade di sfere della società, quindi sul campo economico e della legalità organizzata, anche perché noi come Paese regaliamo miliardi e miliardi di euro ogni anno alla criminalità organizzata, e a volte certe persone dicono “sì, ma la criminalità organizzata continuerà nel traffico di altre sostanze”.
Il fatto è che circa il 40% dei soldi del mercato illegale che riguardano gli stupefacenti sono materia di cannabis; quindi, non è vero che è un tema secondario rispetto agli altri. È ovvio che ci siano altre tematiche molto importanti, però non credo che parlare di cannabis le metta in secondo piano.
Interviste a cura di Benedetta Del Re, con la collaborazione di Lorenzo Bezzi.