Domenica 5 maggio 2024, al teatro Menotti di Milano, è andato in scena “Le parole della salute circolare”, l’ultimo incontro della rassegna La scatola di Archimede. Protagonisti Massimo Polidoro e Ilaria Capua, che hanno parlato di salute circolare, antibiotico-resistenza e divulgazione scientifica.
Che cos’è la salute circolare?
Sulle note di Viva la vida dei Coldplay e Stayin’ alive dei Bee Gees si apre l’ultimo incontro della rassegna La scatola di Archimede (qui il racconto di Massimo Polidoro). Il tema dell’evento è subito chiaro: come possiamo vivere una vita che sia il più serena possibile sul pianeta Terra?
La risposta si trova nel primo oggetto che Massimo Polidoro estrae dalla scatola di Archimede: Le parole della salute circolare (Aboca, 2023), libro scritto da Ilaria Capua.
La virologa spiega che l’ispirazione per la sua teoria della salute circolare le è arrivata dagli antichi Greci, secondo i quali l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra governano la nostra salute: basta lo scompenso di uno dei quattro elementi per danneggiarci.
I Greci, effettivamente, sono stati lungimiranti.
Ilaria Capua spiega che noi viviamo in un sistema chiuso, come se fossimo parte di un grande terrario dove tutto è interconnesso: anche la nostra sopravvivenza sul pianeta – che forse diamo troppo per scontata – è strettamente legata a quella degli altri esseri viventi.
Ecco che emerge il concetto di salute circolare, una prospettiva che mette in luce le connessioni fra esseri umani e altre forme di vita sulla Terra, tenute in piedi da un fragile equilibrio.
Pandemiae magistrae vitae, forse
A volte, solo un avvenimento grave come una pandemia può far ridimensionare i nostri deliri di onnipotenza, ricordandoci che il nostro stato di salute dipende da quello degli altri esseri viventi.
La professoressa Capua parte da un assunto: tutte le più grandi pandemie influenzali del XX secolo, così come quella del 2020, hanno avuto come progenitore un virus che arrivava dagli animali. Attraverso il contatto con animali infetti, l’agente patogeno può fare un salto di specie, il cosiddetto spillover, e infettare anche l’uomo (leggi l’approfondimento a cura di Teresa Caini).
Tuttavia, non basta questo passaggio per poter parlare di una pandemia: grazie al prezioso lavoro degli scienziati, è possibile infatti contenere i focolai ed evitare che questi arrivino ad assumere dimensioni globali: se l’ebola non è diventata una malattia pandemica, lo dobbiamo agli sforzi degli scienziati per tutelare la nostra salute.
Ha fatto più danni il negazionismo che il virus.
Ilaria Capua
Non sempre, però, le cose vanno per il verso giusto: ad esempio, nel caso del Covid-19, il capodanno lunare cinese ha favorito una diffusione fuori controllo del virus. Non solo: molti governi hanno sottovalutato la situazione, ignorando le direttive dell’OMS; in questo modo, l’opinione pubblica si è spaccata, smarrita fra il negazionismo di alcuni leader politici e i consigli degli scienziati. Nel frattempo, il virus mieteva vittime e si evolveva in nuove varianti.
A partire da qui, Massimo Polidoro e Ilaria Capua intraprendono una riflessione sull’importanza dei database open source e della divulgazione scientifica.
L’accessibilità dei dati scientifici
Per chiarire l’importanza dei database open source, la professoressa Capua riporta un aneddoto: studiando la variante africana del virus dell’aviaria, venne contattata dall’OMS con la proposta di inserire la sequenza del virus analizzato dal suo team in un database con sede a Los Alamos.
Scoprì che quest’ultimo era consultabile solo da quindici laboratori sparsi in giro per il mondo; infatti, alcuni scienziati avevano iniziato una collaborazione e si aiutavano a vicenda permettendo l’osservazione dei virus che studiavano. Tutte queste informazioni, però, erano private e non accessibili al resto della comunità scientifica.
Le venne data la possibilità, in cambio dei dati che aveva ricavato, di entrare a far parte del gruppo di laboratori e diventare una delle poche persone al mondo a poter consultare queste informazioni preziosissime.
La professoressa rifiutò e, di risposta, creò un database open source, ossia aperto a chiunque per la consultazione. Questo stesso database, oggi, sottolinea Capua, contiene varie sequenze delle varianti del Covid-19, e solo il fatto che questi dati fossero pubblici e accessibili ha contribuito notevolmente al contenimento del virus e al salvataggio di vite umane.
La necessaria apertura della scienza
Il dialogo fra Polidoro e Capua sull’accessibilità della scienza continua, rispetto a due prospettive: le disuguaglianze di genere e la divulgazione scientifica. Partendo dall’osservazione di come, ancora, ci siano molte meno donne rispetto agli uomini nella comunità scientifica, Capua osserva che anche in questo caso si può applicare il concetto di salute circolare.
Così come l’essere umano e l’ambiente in cui vive possono continuare a coesistere solo se si mantiene un certo equilibrio, anche per risolvere le disuguaglianze di genere è fondamentale riequilibrare la quantità di uomini e donne che ricoprono ruoli di potere.
La maggiore presenza di figure maschili a rivestire cariche di alto rango causa inevitabilmente diverse difficoltà per le donne ad accedere alle suddette cariche. La professoressa fa notare anche come lo Stato spenda grandi quantità di denaro per permettere l’istruzione accademica di giovani studentesse, che però si ritrovano a dover affrontare numerosi ostacoli nel momento in cui cercano di entrare nel mondo del lavoro, spesso finendo con il trasferirsi all’estero.
Ma le “chiusure nella scienza”, come sono state definite da Polidoro, non si fermano qui: è necessaria anche una maggiore accessibilità delle materie scientifiche; motivo per cui, spiega la professoressa, ha iniziato a dedicarsi alla divulgazione.
Capua segnala una tendenza alla “verticalizzazione” della scienza: i virologi rischiano di concentrarsi così tanto sul singolo studio che stanno portando avanti e di perdere di vista il fine del proprio lavoro: aiutare le persone.
In riferimento al Covid-19, è diventato chiaro che un’emergenza sanitaria non può essere gestita solo dal personale sanitario; bisogna promuovere un’apertura del campo sanitario, in modo tale che possa dialogare con gli altri settori.
Solo così, in caso di future pandemie, si potranno evitare l’impetuosa diffusione del negazionismo e l’aumento smisurato di contagi e morti, come invece è successo nel 2020.
La minaccia dei superbatteri
Massimo Polidoro e Ilaria Capua concludono l’incontro riflettendo su cosa possiamo fare noi per promuovere la salute circolare e aiutare il mantenimento di un giusto equilibrio fra l’essere umano e le altre forme di vita sul pianeta.
La professoressa mette in guardia rispetto alla letalità dei superbatteri: si tratta di batteri che, evolvendosi per sopravvivere, sono diventati così resistenti agli antibiotici da causare infezioni particolarmente difficili da contrastare.
Un primo modo per ostacolare la loro diffusione è prendere antibiotici solo ed esclusivamente quando necessario e non, come dice scherzosamente Ilaria Capua, ogni volta che si ha un po’ di mal di testa: esagerando con l’assunzione di un farmaco è più facile che i batteri, nel tentativo di resistergli, sviluppino una maggiore resistenza.
Inoltre, un secondo aspetto importantissimo da considerare quando si parla di farmaci, e in particolare di farmaci scaduti, sottolinea la professoressa, è che non bisogna assolutamente smaltire i medicinali nella spazzatura o nel gabinetto.
In entrambi i casi, finirebbero con il disperdersi nell’ambiente, con conseguenze gravissime se si considera che i principi attivi dei farmaci sono comunque presenti e sono estremamente dannosi per l’ecosistema, anche se i medicinali sono scaduti.
Questo errore nello smaltimento dei farmaci, e quindi la loro presenza per esempio nel suolo o nell’acqua, causa ulteriormente la proliferazione di superbatteri sul nostro pianeta. L’unico modo per liberarsi di farmaci scaduti è raccoglierli e portarli nella farmacia più vicina, che si occuperà della loro eliminazione.
La professoressa Capua ci lascia sulle note di un futuro ricco di speranza, un futuro in cui l’essere umano riesce a convivere con l’ambiente, invece di sfruttarlo drenando risorse e danneggiando l’ecosistema. Ci ricorda anche, come ultima cosa, che è fondamentale avere la collaborazione di tutti quando si tratta di salvare il nostro Pianeta.
Vittoria Ronchi e Beatrice Russo
(In copertina, Massimo Polidoro e Ilaria Capua sul palco del teatro Menotti il 5 maggio 2024)