Il 29 e 30 aprile a Venaria (Torino) si è tenuto un vertice dei G7 sul clima, gestito e presieduto dall’Italia. Il risultato del vertice, la Carta di Venaria, è stato definito equilibrato e bilanciato, in linea con le aspettative. Purtroppo, però, queste ultime erano abbastanza basse già in partenza: anche se apporta alcune novità, non sarà la Carta di Venaria il vero passo avanti in campo climatico.
Le novità della Carta di Venaria
L’accordo fissa per la prima volta un obiettivo temporale specifico per l’abbandono del carbone: i Paesi del G7 (Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone e Regno Unito) si impegnano a eliminare l’uso del peggiore dei combustibili fossili entro la prima metà del 2030. Hanno anche concordato la chiusura delle centrali elettriche a carbone che non impiegano sistemi di cattura del carbonio.
In un comunicato, i sette Paesi annunciano di impegnarsi “a eliminare gradualmente la produzione di elettricità dal carbone senza mitigazione [delle emissioni] durante la prima metà del 2030 o entro un arco di tempo compatibile con il mantenimento del limite di 1,5°C”. Viene inoltre ribadita la promessa di “continuare lo sforzo collettivo per ridurre del 75% le emissioni globali di metano da combustibili fossili”, sempre entro il 2030.
I sette Paesi si impegnano anche a triplicare gli sforzi per l’istallazione di energie rinnovabili, e a moltiplicare per sei le attuali capacità di stoccaggio dell’energia elettrica prodotta. Durante il vertice ci sono stati anche alcuni riferimenti specifici al nucleare, considerata una fonte energetica utile per contribuire alla riduzione delle emissioni. Sono stati menzionati anche i biocarburanti, tanto cari al governo italiano, ma che in realtà non garantiscono risultati certi a livello ambientale.
Abbiamo raggiunto un accordo per l’eliminazione graduale del carbone nella prima metà del 2030. Si tratta di un accordo storico, che non siamo riusciti a raggiungere durante la COP 28 di Dubai dello scorso anno. Il fatto che i Paesi del G7 si siano riuniti intorno a un tavolo e abbiano inviato un segnale al mondo che noi, economie avanzate del mondo, ci impegniamo a eliminare gradualmente il carbone entro l’inizio del 2030 è davvero incredibile.
Andrew Bowie, Ministro britannico per l’energia rinnovabile e il nucleare
Altre questioni: plastica & acqua
Al vertice è stata anche richiesta per la prima volta la riduzione della produzione e il consumo di plastica primaria. Si tratta di una questione spinosa a livello internazionale. I Paesi hanno opinioni contrastanti sul tema, e si sono formate due coalizioni contrapposte: da un lato quella di cui fa parte l’Unione Europea, dall’altro un altro gruppo di Paesi, meno di numero ma equamente influenti, tra cui Russia, Cina, India e Arabia Saudita.
La riduzione della produzione di plastica è attualmente al centro di un altro accordo internazionale, il cui quarto ciclo di negoziati si è appena concluso a Ottawa.
Tra gli impegni assunti dai Paesi del G7 c’è anche l’avvio di una coalizione sull’acqua, con l’obiettivo di identificare strategie, priorità e obiettivi comuni e di attirare “l’attenzione politica” globale su questo argomento.
I limiti dell’accordo
Per quanto l’obiettivo temporale fissato al 2030 rappresenti una novità importante, per il resto l’accordo ribadisce solo impegni e concetti già chiari. Non solo si tratta di obiettivi già definiti, ma anche non sufficienti per rientrare nel limite degli 1.5 gradi di aumento della temperatura media globale entro la fine del secolo. È vero che i Paesi del G7 mandano un segnale importante al resto del mondo attraverso la Carta di Venaria, ma per fare avanzare l’intera comunità internazionale nella giusta direzione serve ben altro.
La scienza ha indicato con chiarezza la strada da seguire, quella dell’uscita più rapida possibile dalle fonti fossili, e i Paesi che possono permettersi questa accelerazione dovrebbero non tergiversare bensì agire di conseguenza.
Serena Giacomin, Presidente dell’Italian Climate Network
In particolare, è necessario arrivare ad accordi più concreti e audaci prima della prossima Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici. La COP 29 quest’anno si terrà a Baku, in Azerbaijan, un Paese che basa pesantemente la sua economia su combustibili fossili. Se i Paesi del G7 vogliono sfruttare questa occasione, devono arrivarci già pronti con impegni precisi da promuovere e negoziare.
Non solo G7
Oltre ai Paesi del G7, presenti a Venaria anche rappresentanti delle Nazioni Unite, di agenzia internazionali e di alcuni Paesi africani. Questi ultimi sono particolarmente interessati al capitolo della finanza climatica, ovvero gli aiuti che le grandi economie globali dovrebbero erogare per facilitare la transizione energetica nei Paesi meno sviluppati. Il Ministro italiano dell’Ambiente Pichetto Fratin ha evidenziato l’importanza della cooperazione con l’Africa, sottolineando la necessità di
costruire, secondo lo spirito del Piano Mattei, partenariati di tipo non predatorio, sostenendo i più vulnerabili nell’adattamento agli effetti del cambiamento climatico e favorendo quell’accesso all’energia pulita e sostenibile che oggi è negato al 43% degli abitanti del continente.
Gilberto Pichetto Fratin, Ministro italiano dell’Ambiente
Tra gli impegni ribaditi a Venaria c’è quindi anche quello di dover aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione energetica. Tuttavia, le centinaia di miliardi promessi – e spesso mai concessi – non bastano: è necessario iniziare a parlare in termini di trilioni.
Il bilancio dei costi ambientali
La domanda sorge spontanea: dove trovare questi trilioni? E si potrebbe anche aggiungere: ne vale davvero la pena? La risposta è sì: l’inazione climatica costerebbe infatti ancora di più, soprattutto nei termini descritti da Simon Stiell:
L’inquinamento da combustibili fossili costa ai vostri governi miliardi in spese sanitarie aggiuntive e perdita di produttività, e il riscaldamento globale fuori controllo minaccia la pace portando instabilità e migrazioni forzate.
Simon Stiell, segretario esecutivo dell’agenzia ONU per i cambiamenti climatici
La “transition away” dai combustibili fossili non è quindi negoziabile, né in termini etici che economici.
Clarice Agostini
(In copertina, immagine tratta dal sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica)
G7 Clima – Un passo avanti, ma non è abbastanza è un articolo di Clarice Agostini. Clicca qui per leggere altri articoli dell’autrice!