Lo scorso martedì, nei pressi dell’Università la Sapienza di Roma, due persone sono state arrestate e tre sono rimaste ferite in seguito a degli scontri tra un corteo di studenti e le Forze dell’Ordine. Si tratta solo dell’ultimo caso di tensioni tra polizia e giovani universitari, che dal Nord al Sud Italia si stanno mobilitando contro il bando scientifico MAECI 2024 e a sostegno della popolazione palestinese.
Il bando MAECI 2024
La reazione degli studenti nasce in seguito al rinnovamento del bando MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) 2024. Pubblicato il 22 novembre 2023, il testo, tra gli altri contenuti, promuove la collaborazione tra gruppi di ricerca italiani e israeliani su vari fronti.
In particolare si parla di tre aree di interesse: tecnologie per migliorare la qualità del suolo, soluzioni innovative per il trattamento dell’acqua e sviluppo di tecnologie avanzate nell’ottica, nell’elettronica e nella fisica quantistica.
Le linee guida del bando, descritte in un documento di 15 pagine sul sito del Ministero, indicano che saranno finanziati complessivamente 11 progetti, con un budget massimo di 1,1 milioni di euro.
La contestazione emerge proprio dal fatto che il Ministero italiano non garantisce in alcun modo che le finalità di queste innovazioni tecnologiche siano esclusivamente civili. In altre parole, c’è la possibilità che la ricerca scientifica sia sfruttata a scopo militare, e che dunque si contribuisca di fatto al genocidio in corso.
Milano, Pisa, Bologna, Napoli
Si legge in una nota della Rete Studentesca per la Palestina dell’Università di Napoli:
Quanto sta accadendo in Palestina in questo momento porta per noi il nome di genocidio: il bando MAECI, la fondazione Med’or, gli accordi stretti tra Italia e Israele a livello accademico, economico, militare rappresentano per noi un punto di non ritorno circa la complicità dell’accademia con il criminale progetto di d’Israele di cancellazione del popolo palestinese.
Dallo scorso dicembre i collettivi studenteschi si sono mobilitati con il fine di convincere i rettori a non partecipare al bando. Tutte le maggiori città italiane sono state coinvolte: proprio partendo da Napoli, dove il 9 aprile l’Università Federico II è stata occupata, passando per le manifestazioni di Pisa e Firenze a marzo per finire con gli scontri più recenti che hanno viste coinvolte le Università di Bologna e di Roma.
In tutti questi episodi, nessuno escluso, le Forze dell’Ordine sono intervenute in maniera repressiva nei confronti degli studenti, scatenando tensioni, scontri e, in diversi casi, anche feriti.
Le tensioni con la polizia
L’articolo 17 della Costituzione italiana stabilisce che “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.
La maggioranza dei cortei studenteschi rientrava quindi totalmente nei limiti della legalità: eppure la repressione da parte della polizia si è manifestata con inaudita violenza in questi casi. Se le forze dell’Ordine sono così meticolose nello svolgere il loro compito di vigilanza dell’ordine pubblico, viene spontaneo chiedersi dove fossero in molte altre situazioni ugualmente – se non maggiormente – degne di attenzione.
Ad esempio durante il raduno neofascista del 9 gennaio per la commemorazione degli omicidi di Acca Larenzia, quando centinaia di persone hanno esibito il saluto fascista, che ha addirittura attirato l’attenzione della stampa tedesca (“orrore in Italia” si legge sul Kölnische Rundschau, quotidiano regionale).
O le molteplici volte in cui le denunce di donne che hanno subito violenza sono rimaste inascoltate e cadute nel dimenticatoio: secondo l’associazione D.i.Re, una donna su tre in Italia è vittima di violenza, ma il 73 per cento di loro non si rivolge alle Forze dell’Ordine.
La posizione del Governo
In seguito ai fatti di Roma avvenuti lo scorso 17 aprile, l’intervento della premier non è tardato ad arrivare. Giorgia Meloni si è espressa così su X (ex Twitter):
Anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha detto la sua, a margine della visita al Salone del Mobile alla Fiera di Milano a Rho:
È una protesta sbagliata, perché la scienza e la ricerca sono libere e i rapporti tra le università italiane e quelle israeliane devono continuare. È vergognoso pretendere che si interrompano i rapporti scientifici e di ricerca tra università. Scienza e ricerca devono essere libere e non sottomesse alla politica.
Giuseppe Valditara
La libertà di ricerca scientifica è un principio fondamentale che deve essere difeso e protetto per garantire la produzione di conoscenza affidabile e indipendente, questo è innegabile. Ma questo principio vale laddove questa libertà si rende in qualche modo complice di un genocidio?
Valentina Bianchi
(In copertina Angelo Carconi/Ansa)