L’attentato nella sala concerti Crocus, vicino a Mosca, è il punto di arrivo di varie tensioni latenti in Russia e contro ad essa: rivendicata dall’ISIS-K, ossia il ramo afghano di Da’ish, Putin ha accusato l’Ucraina; e il tutto è dunque diventato un pretesto per un’ulteriore escalation contro Kyiv. Tutto questo, però, insieme ad altri episodi recenti, è un altro segnale di debolezza interna per la Russia e per la sua leadership.
Le premesse
L’attentato alla sala concerti Crocus City Hall, a 20 km da Mosca, dello scorso 22 marzo ha colpito al cuore l’intera Russia. Le notizie delle innumerevoli vittime (137 secondo le ultime stime) e le immagini dell’incendio appiccato in seguito dagli attentatori hanno inorridito il mondo intero.
Questa tragedia è però solo il culmine di una sequenza di episodi che sembrano essere sintomi di un forte problema di stabilità politica. Episodi che si susseguono dall’inizio dell’invasione a danno dell’Ucraina: negli ultimi due anni abbiamo assistito a svariati attentati (come quello che ad agosto 2022 ha ucciso la Dar’ja Dugina); al tentato golpe del capo del gruppo Wagner Evgenij Prigožin, inspiegabilmente abortito in corso d’opera dallo stesso promotore; a numerosi “suicidi” più che sospetti di oligarchi, dirigenti di aziende e generali; soprattutto, lo scorso 16 febbraio, alla morte di Alexej Naval’ny, il più riconoscibile tra gli oppositori di Vladimir Putin.
Proprio l’attentato di pochi giorni fa diventa quindi la cartina al tornasole di tante difficoltà con cui la Russia fa i conti da anni, e che riguardano non solo la sciagurata campagna militare contro Kyiv.
Il ritorno dell’ISIS
Il mondo pensava di essersi messo alle spalle da anni l’ISIS. Tuttavia, lo Stato Islamico ha continuato la sua opera di proselitismo anche dopo il 2019, anno della sua sconfitta militare. Pochi mesi fa l’organizzazione aveva rivendicato un attentato a Kerman, in Iran, che aveva ucciso 284 persone presenti alla commemorazione per il generale Qassem Soleimani: è infatti necessario ricordare che l’ex Persia, essendo sciita, è odiata dal sunnita Stato Islamico.
La rivendicazione dell’attacco moscovita è arrivata da parte dell’ISIS Korassan, la propaggine afghana di Da’ish (nome arabo dell’ISIS). Sulla veridicità di tale rivendicazione non c’è motivo di dubitare: i video pubblicati dalla formazione jihadista sono incontrovertibilmente girati dalle bodycam in dotazione agli attentatori. L’ organizzazione ha nutrito una lunga ostilità nei confronti della Russia, soprattutto a causa dell’intervento deciso del presidente Putin in Siria a sostegno del presidente Assad.
In realtà, l’astio dell’ISIS-K per Mosca ha radici molto più profonde: in un manifesto pubblicato dai jihadisti afghani nel 2022 per reclutare nuovi adepti, si ricordavano anche l’invasione sovietica dell’Afghanistan e i bombardamenti russi in Cecenia. Pochi giorni prima dell’attentato, gli Stati Uniti avevano avvertito la Russia del rischio di possibili attentati, invitando gli statunitensi residenti a stare attenti ed evitare luoghi affollati; Mosca, tuttavia, ha sostanzialmente ignorato il monito americano.
Le conseguenze in Ucraina
In seguito all’attentato sono stati arrestati e torturati orribilmente quattro individui, con passaporto del Tagikistan, di età compresa tra i 19 e i 32 anni. Uno di loro ha dichiarato di essere stato reclutato sui social e di aver ricevuto 5000 euro per compiere la strage. Il Tagikistan è infatti un Paese dove il radicalismo islamista fa molta presa, tanto da essere il terzo paese al mondo per tasso di reclutamento jihadista pro-capite.
Il presidente Putin, pur riconoscendo la responsabilità dell’ISIS-K, ha tuttavia accusato l’Ucraina, e di riflesso l’Occidente, di essere corresponsabile dell’attentato.
Se da una parte quanto accaduto offre al dittatore russo un ottimo pretesto per intensificare l’offensiva, dall’altra rischia di danneggiare l’immagine di garante della sicurezza che Putin ha creato per sé in 25 anni al potere.
All’inizio del suo governo, infatti, in seguito ad un sanguinoso massacro in Cecenia, il presidente aveva promesso stabilità e sicurezza ai russi in cambio della loro libertà. Proprio la sua reputazione di “difensore dei russi” dai nemici esterni è stato uno dei principali motivi per cui è riuscito a restare saldamente al potere per un quarto di secolo.
E la negligenza dei servizi di intelligence nella prevenzione dell’attentato di Mosca rischia di rivelarsi un grattacapo per Putin, soprattutto nei rapporti con gli apparati di sicurezza.
Le responsabilità
A quanto è emerso, anche diversi tra i fedelissimi dello Zar sarebbero scettici sulla scelta di addossare all’Ucraina la responsabilità dell’attentato. I quattro arrestati erano stati catturati mentre erano a bordo di una macchina con targa bielorussa.
È implausibile che viaggiassero verso l’Ucraina, come dichiarato dal governo russo, poiché in Ucraina avrebbero incontrato i soldati russi lì presenti; più probabilmente si stavano recando proprio in Bielorussia. La “pista ucraina” è resa ancora più inverosimile dall’opinione che l’ISIS ha del conflitto contro Kyiv: ad agosto 2022 sulla rivista Voice of Khurasan, ritenuta di fatto l’organo ufficiale dell’ISIS-K, si leggeva:
[In Ucraina] si combattono crociati contro crociati, gli infedeli si uccidono a vicenda, si invadono, dissacrano la santità dei popoli della croce. E dunque, come recita la sura Al Ma’idah del Corano, lasciamo che l’ostilità e l’inimicizia sorga tra loro fino al Giorno del Giudizio.
E’ chiaro quindi che lo Stato Islamico sia del tutto neutrale in questo conflitto, auspicando piuttosto che gli infedeli si eliminino l’un l’altro.
Una strage, molte sfaccettature
Abbiamo visto quindi come la strage alla sala Crocus sia in realtà un sintomo di varie contraddizioni interne alla madre Russia: essa al contempo è collegata ad Ucraina, Medio Oriente, ISIS, Cecenia e tanti altri paesi ex-sovietici confinanti. L’attentato è l’ennesimo campanello d’allarme in pochi mesi per Putin.
Non deve ingannare la vittoria, raggiunta con l’87% del del consenso, che proprio pochissime settimane fa Putin ha ottenuto alle recenti elezioni presidenziali (tutt’altro che libere e democratiche, ca va sans dire): insofferenza e dissenso covano sotto la cenere sia nell’inner state che in mezzo alla società, come testimonia l’ampia partecipazione popolare ai funerali di Navalny.
Il presidente col passare del tempo sembra essere sempre più un gigante dai piedi d’argilla, il quale aggredendo l’Ucraina ha commesso un azzardo che in futuro potrebbe costargli caro. E ciò che accade a Mosca e dintorni riguarda direttamente l’Europa e l’Occidente, soprattutto adesso che venti di guerra sembrano soffiare sempre più intensamente da est.
Riccardo Minichella
(In copertina, foto dell’attentato a Mosca dello scorso 22 marzo; foto: Il Giornale)