Una tazza di caffè fumante è un rituale quotidiano essenziale in molte comunità. Da semplice chicco a industria colossale, questa bevanda ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura e nell’economia globale.
Una bacca leggendaria
Il caffè nasce nel territorio orientale dell’Africa, in Etiopia. La leggenda narra la storia di Kaldi, un pastore che osservò gli effetti prodotti dalle bacche del caffè sul gregge: le capre, dopo averle ingerite, diventarono così energiche da iniziare a ballare. Kaldi, incuriosito, decise di assaggiarle.
Orgoglioso della sua scoperta, raccolse alcune bacche e le portò in un monastero, dove i monaci iniziarono a studiarle e a cucinare prima la polpa, poi i chicchi. Tutt’ora, come da tradizione, le famiglie etiopi preparano il caffè separando la polpa dai chicchi, che vengono tostati e macinati. La diffusione delle bacche del caffè nella penisola araba avvenne attraverso la loro coltivazione nella pianura dello Yemen.
Gli Arabi, dopo aver scoperto l’utilità e il potenziale economico del caffè, decisero di vietarne l’esportazione per ostacolare possibili concorrenti. Tuttavia, sebbene avessero provato ad assicurarsi il monopolio della sua produzione, il caffè arrivò anche in India.
Si dice infatti che fu merito di Baba Budan, un indiano in pellegrinaggio verso La Mecca che si incuriosì di questa pozione energizzante. Malgrado i controlli fossero molto rigidi, Baba Budan trovò un metodo ingegnoso per portare in patria quei chicchi prodigiosi: li ingoiò e, dopo essere arrivato in India, li rigurgitò.
Disgustoso, ma estremamente efficace per l’economia indiana, tanto che fu nominato santo per il suo impegno verso l’economia del Paese.
Le idee in tazza: la reazione dell’Europa
Con il suo aroma avvolgente e il gusto ricco, il caffè entra nella storia europea, diventando la bevanda protagonista della quotidianità: basti pensare che solo in Italia si consumano circa 9,3 milioni di tazzine di caffè al giorno.
L’arrivo di questo prodotto in Europa risale al XVII secolo, quando fu trasportato dalle navi degli ambasciatori ottomani e dai commercianti che avevano scoperto il fascino delle caffetterie di Istanbul.
I primi a importarlo furono i veneziani, che aprirono nel 1645 il primo caffè, un luogo di aggregazione destinato a rivoluzionare il gusto e le dinamiche sociali degli europei. Infatti, le caffetterie diventarono presto centri di vita sociale e intellettuale, accogliendo molte discussioni filosofiche a Londra, Parigi e Vienna. Si dice addirittura che Voltaire e Robespierre abbiano discusso insieme del lume della ragione tra un caffè e l’altro! Con l’affermarsi dell’Illuminismo e del caffè, nacque anche una rivista letteraria chiamata proprio come l’omonima bevanda: Il Caffè.
In Italia la produzione di caffè divenne una vera e propria arte e nacque, con la sua estrazione veloce e il gusto concentrato, l’espresso.
Il caffè, oltre a influenzare la cultura e la filosofia, ebbe anche impatti economici significativi: la domanda della bevanda aumentò, portando alla crescita di un fiorente commercio internazionale.
Il caffè nella terra dei vulcani
Il commercio internazionale permise alle bacche prodigiose di trovare una seconda casa nelle Americhe e di plasmare l’economia di interi Paesi, come il Brasile e la Colombia.
Le prime tracce di caffè nelle Americhe risalgono al XVIII secolo, quando la pianta di coffea venne introdotta nella regione settentrionale del Sudamerica. Grazie alle condizioni climatiche favorevoli e ai terreni fertili, il Brasile collaborò allo sviluppo di piantagioni di caffè più floride e riuscì a diventare colosso dell’esportazione di caffè durante il XIX secolo.
Molti altri Paesi del Sudamerica come Costa Rica, Guatemala e Colombia abbracciarono questo business, diventando produttori noti per il loro caffè di alta qualità: le piantagioni erano situate alle pendici dei vulcani, in cui il terreno era molto fertile e donava al chicco di caffè un carattere distintivo.
Nel corso del XX secolo, l’industria del caffè aumentò ancora di più la sua produzione, con diversi impatti negativi sulle società, l’ambiente e la cultura del Sudamerica. In Etiopia, la culla di questa bevanda, esiste una cerimonia del caffè, un antico rituale messo alla prova dall’ormai affermata globalizzazione, che vede un consumo immediato, con una produzione e una commercializzazione su larga scala, e soprattutto con l’omologazione delle preferenze delle tipologie di caffè, in cui prevalgono quelle delle grandi catene.
Tutto ciò rischia di ostacolare il commercio del caffè secondo il metodo tradizionale in Etiopia, facendo scomparire la cerimonia dedicata al caffè. Per risolvere questa possibile perdita, l’Etiopia si sta muovendo su un fronte internazionale e sociale: è necessario promuovere le tradizioni locali coinvolgendo campagne di sensibilizzazione e valorizzazione della cultura per educare alla storia del caffè e seguire un turismo responsabile.
L’Etiopia può beneficiare a livello internazionale di istituti di ricerca e ONG per ricevere supporto tecnico e finanziario per questa sfida culturale e sociale.
Un’industria titanica ma poco eco-friendly
Tuttavia, gli impatti negativi della globalizzazione non riguardano solo gli aspetti culturali, ma anche quelli ambientali.
Spesso si tende ad associare l’industria del caffè all’aumento del disboscamento nelle regioni di coltivazione per diversi motivi: l’aumento delle monocolture intensive, la concorrenza dei prezzi che spingono le aziende a trovare soluzioni più economiche a discapito delle foreste, e pratiche agricole non sostenibili, come l’uso eccessivo di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Tutte queste scelte possono portare alla scomparsa di interi ecosistemi, nonché a un continuo inquinamento dell’ambiente, nocivo per aria e fiumi locali.
A tal proposito le aziende di tutto il mondo si stanno mobilitando per raggiungere delle certificazioni di sostenibilità come Rainforest Alliance e UTZ, che forniscono degli standard per la produzione sostenibile. Gli strumenti chiave utilizzati dalle aziende in questo ambito sono le certificazioni biologiche, il Fairtrade e le collaborazioni tra gli stakeholder delle varie aziende.
Le prime, in particolare, permettono ai prodotti coltivati secondo principi sostenibili di portare un’etichetta biologica, che assicura la diminuzione dei pesticidi e dei fertilizzanti utilizzati nella coltura.
Il Fairtrade, oltre ad essere di vitale importanza per l’impatto ambientale, è anche un elemento chiave per combattere gli abusi sul lavoro in Paesi come il Brasile e Colombia, dove il lavoro nelle piantagioni diventa sfruttamento.
Per creare un settore del caffè più equo è quindi necessario un impegno globale, al fine di affrontare l’impatto ambientale, aumentare la giustizia sociale e rispettare le identità culturali delle comunità coinvolte.
Ludovica Accardi
(In copertina foto da Unsplash)