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Bella Baxter, o il moderno Prometeo – Il mito in “Povere creature!”

Povere creature Prometeo

Povere creature!” di Yorgos Lanthimos racconta il percorso di crescita di Bella Baxter, prodotto di un assurdo esperimento scientifico. Se la storia ricorda immediatamente “Frankenstein” è perché queste due opere hanno in comune un racconto ben più antico: il mito di Prometeo.


Con ben undici nomination agli Oscar 2024, Povere creature! di Yorgos Lanthimos, regista de La favorita (2018), sembra avere tutte le carte in regola per portare a casa svariate statuette, soprattutto se si considera che la pellicola si è già aggiudicata la vittoria alla Mostra di Venezia ed Emma Stone ha vinto ai Bafta il premio per miglior attrice protagonista.

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Emma Stone ai Bafta 2024. (Foto: Entertainment Weekly)

È evidente già dai primi minuti del film che la storia sceneggiata da Tony McNamara, sulla base dell’omonimo romanzo di Alasdair Gray del 1992, costituisce una sorta di Frankenstein al femminile e femminista.

Il dettaglio che forse è ai più sconosciuto, tuttavia, è che tanto Frankenstein di Mary Shelley quanto Povere creature! di Lanthimos sono due opere che traggono la loro linfa vitale da una storia vecchia di millenni: il mito di Prometeo.

Le origini di Prometeo

La figura di Prometeo è molto complessa e, nel corso dei secoli, ha assunto molteplici significati simbolici. È Esiodo a tramandarci, nella Teogonia, la versione più antica del mito giunta fino a noi. Qui Prometeo è un titano scaltro, sapiente e ingannatore, proprio come indica l’etimologia del suo nome: il “preveggente”. 

Durante un banchetto in cui sono presenti sia uomini che divinità, Prometeo decide di ingannare queste ultime offrendo loro i tagli di carne più magri, per riservare invece quelli più succulenti agli uomini. Zeus, consapevole del tranello, lascia agire Prometeo in maniera indisturbata, per poi vendicarsi nei confronti degli uomini sottraendo loro il fuoco. È proprio ora che prende avvio la parte più nota del mito: Prometeo, in un atto di sfida nei confronti di Zeus, ruba il fuoco per restituirlo all’umanità. La punizione non tarda ad arrivare; per il suo gesto, infatti, è costretto a subire il noto supplizio: viene incatenato a una colonna e ogni giorno un’aquila gli divora il fegato che poi ricresce nella notte. 

Prometeo
Jean Louis Cesar Liar, La tortura di Prometeo. Olio su tela, 1819. (Immagine: Wikipedia)

La vendetta di Zeus, peraltro, non si esaurisce qui. Nelle Opere e i Giorni, in cui peraltro è contenuta una versione diversa del mito, Esiodo narra che il sovrano degli dèi punisce gli uomini creando Pandora, la prima donna, e affidandole il celebre vaso contenente tutte le sofferenze e i mali del mondo. Pandora viene promessa in sposa a Epimeteo (secondo l’etimologia, “quello che ci arriva dopo”), fratello stolto di Prometeo che non ascolta gli avvertimenti di quest’ultimo e la prende con sé. La donna scoperchierà infine il vaso, relegando l’umanità a una condizione di caducità e sofferenza.  

Variazioni antiche

Tra le differenti versioni che conosciamo del mito di Prometeo, sono particolarmente degne di nota quelle di Eschilo e di Platone. Nel Prometeo incatenato di Eschilo, il titano rappresenta un martire che si ribella a Zeus, dipinto come un vero e proprio tiranno. Così, dall’Ottocento in poi, in varie interpretazioni, Prometeo assurge a simbolo della ribellione contro il potere divino, concepito come ingiusto e irrazionale. 

Ancor più rilevante, però, alla luce della futura opera di Shelley, è il mito raccontato da Protagora nell’omonimo dialogo di Platone. In questa versione della storia, le divinità hanno plasmato le stirpi mortali con terra e fuoco e, al momento di portarle alla luce, affidano a Prometeo ed Epimeteo il compito di distribuire le capacità nella maniera più conveniente a ciascuna specie.

Epimeteo assicura al fratello di essere in grado di svolgere il compito da solo, ma, al termine del lavoro, si rende conto che l’uomo, rispetto a tutti gli altri animali, è rimasto nudo, scalzo, inerme e vulnerabile. Per rimediare all’errore, Prometeo decide di rubare a Efesto e ad Atena il fuoco e il sapere tecnico, donando al genere umano gli strumenti e le capacità funzionali alla sopravvivenza.  

Frankenstein

Ecco che si può iniziare a scorgere il filo rosso che lega lo scaltro titano a Frankenstein di Mary Shelley, pubblicato anonimo per la prima volta nel 1818. Non a caso il titolo completo dell’opera recita: Frankenstein o il moderno Prometeo. Era intenzione stessa dell’autrice, quindi, inscrivere il suo romanzo nel solco tracciato dal mito. A ricoprire il ruolo di Prometeo è proprio il dottor Victor Frankenstein, che a causa della perdita della madre è ossessionato dalla possibilità di infondere la vita nella materia non vivente. 

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Boris Karloff in Frankenstein (1931).

Ricucendo insieme pezzi di più cadaveri, il dottor Frankenstein riesce ad assemblare una creatura dalle fattezze deformi, alta più di due metri e più simile a un mostro che a un essere umano. Così, Frankenstein scappa, abbandonando la creazione che aveva tanto desiderato. La creatura si trova da sola in un mondo che ha paura di lei; chiunque incroci il suo cammino fugge terrorizzato. Il mostro del dottor Frankenstein decide allora di accettare la condizione di reietto in cui lo costringe la società e dedicherà tutta la sua ‘vita’ a perseguitare quel padre-creatore che forzatamente l’aveva generato e poi lasciato in balia del destino.

o il moderno Prometeo

Frankenstein costituisce una radicalizzazione totale della vicenda prometeica. Il titano è la personificazione della filosofia, della ragione umana che sfida il dogmatismo religioso e, con il furto del fuoco, lo svuota della sua presunta autorità. Mary Shelley, dal canto suo, riesce a mantenere il tono dissacrante del mito, adattandolo al proprio contesto storico di riferimento e alle esigenze e inquietudini dell’uomo moderno.

Prometeo sfida la divinità, mentre il dottor Frankenstein, nel suo delirio di onnipotenza, si fa egli stesso dio: scardina le leggi divine e si appropria della ‘scintilla’ della vita, trionfando contro l’ineluttabilità della morte – o, almeno in apparenza, dal momento che, come per il titano, la punizione non si fa attendere. La superbia di Frankenstein, emblema dell’uomo moderno che tenta di dominare ogni aspetto della natura tramite il sapere scientifico, gli permette di creare la vita dalla morte, ma si tratta di una vita spezzata, recisa, una realizzazione imperfetta come qualsiasi altro prodotto del genere umano. Attraverso il suo atto creatore, Frankenstein costruisce il suo inferno personale già su questa terra. 

Frankenstein
Il dottor Frankenstein e la sua creatura, dal film Frankenstein (1931) di James Whale.

Il mondo grottesco di Povere creature!

La pellicola di Lanthimos è gravida di questa eredità, ma la ribalta completamente, costituendosi come un prodotto profondamente sovversivo. Svariati elementi della trama e della scenografia strizzano l’occhio più o meno esplicitamente a Shelley stessa e alla sua opera: basti pensare che lo scienziato creatore di Bella, Godwin Baxter, porta lo stesso nome del padre di Shelley, William Godwin

Bella Baxter viene portata in vita in un’Inghilterra ottocentesca tecnologicamente più avanzata, una realtà che a livello esteriore non ha nulla di realistico e che tuttavia conserva tutte le contraddizioni della nostra epoca.

Godwin Baxter è un esperimento scientifico a sua volta: il suo corpo è deforme e solcato da profonde cicatrici, dal momento che il padre, scienziato senza scrupoli, lo ha sfruttato come cavia su cui testare qualsiasi ipotesi pseudo-scientifica che gli attraversasse la mente. 

In questo contesto grottesco e bislacco, il dottor Baxter conserva della figura di Prometeo ancora meno rispetto al dottor Frankenstein. Si è ben lontani qui dall’immagine del titano che cerca di elevarsi a Zeus e di vincerlo: pare piuttosto di trovarsi già sul fondo, in un abisso popolato da creature mostruose e stranianti, come quelle che scorrazzano per casa di Baxter stesso. In questa rivisitazione del mito, Baxter-Prometeo fa dono all’umanità di Bella: donna incinta che, dopo un tentativo di suicidio, viene rinvenuta da Baxter, il quale decide di trapiantare il cervello ancora in funzione della bimba che portava in grembo nel cranio della madre. Nonostante il corpo sia quello di un’adulta, Bella è a tutti gli effetti una bambina e da questo pretesto narrativo prende avvio il suo percorso di crescita

Prometeo povere creature
Bella Baxter in una scena di Povere creature!.

Femminismo prometeico

Bella Baxter si sente da subito imprigionata nel mondo artificiale messo a punto per lei dal suo creatore; decide quindi di scappare insieme a Duncan Wedderburn, avvocato libertino e donnaiolo che vorrebbe controllarla e disporre di lei a suo piacimento. È proprio da questo momento che la pellicola, da un iniziale bianco e nero, passa a colori, riflettendo il variegato accumulo di esperienze da parte della protagonista. Il rapporto con Duncan esemplifica alla perfezione la cifra caratteristica di Bella: qui, la creazione prometeica è una donna la cui mente è scevra dai pregiudizi e dai canoni di una società patriarcale e sessista; è energia pura che travolge e annichilisce tutti gli uomini che tentano di assumere il ruolo di padrone nei suoi confronti. 

Nell’opera di Lanthimos non c’è più un confronto con il divino; al massimo c’è lo smascheramento di sedicenti dèi: uomini che, nel rapportarsi alla libertà con cui Bella va incontro e dispone del mondo esterno, finiscono per perdere il controllo maschile di cui la società li aveva forniti, diventando così degli inetti.

Prometeo povere creature
Duncan e Bella nell’iconica scena del ballo.

È emblematico il fatto che Duncan, quando si rende conto che Bella non gli sarà mai devota, finisca letteralmente per impazzire in manicomio. Non è difficile ora immaginare chi siano le povere creature a cui il titolo si riferisce.

Il vaso di Bella Baxter

Si potrebbe addirittura azzardare un’ulteriore interpretazione: Bella come una moderna Pandora. Infatti, a ben vedere, Bella rappresenta in un certo senso sia la punizione che il riscatto per chi incrocia il suo cammino. Se da un lato ci sono uomini come Duncan, incapaci di cambiamento e fossilizzati nella loro autocommiserazione, dall’altro ve ne sono altri come Max McCandles, assistente del dottor Baxter: profondamente innamorato della protagonista, sarà l’unico che riuscirà, anche se con alcune difficoltà, ad accettare e sostenere il suo percorso di emancipazione

Scoperchiando il vaso, Bella si trasforma in un veicolo di liberazione sessuale e dei costumi, di rivoluzione politica e di pensiero, affrancando la figura di Pandora, e quindi della donna più in generale, da quell’antica connotazione dispregiativa.

L’eredità di Povere creature!

A questo punto ci si potrebbe chiedere se opere come Povere creature! possano essere considerate dei miti contemporanei. Nell’antichità, le narrazioni mitiche servivano a spiegare fenomeni naturali o a legittimare una determinata pratica sociale; è chiaro che, se adottiamo questa concezione, la risposta alla domanda non può che essere negativa. 

Probabilmente ciò a cui al giorno d’oggi assegniamo lo statuto di mito sono personaggi caratterizzati da un certo grado di iconicità e riconoscibilità, le cui azioni vengono identificate come sovversive rispetto a un determinato aspetto della nostra realtà o che, più semplicemente, riconosciamo come dei modelli da imitare, figure che popolano il nostro immaginario collettivo.

In questo senso, Bella Baxter ha tutti i requisiti necessari per qualificarsi come mito contemporaneo: con i suoi movimenti goffi e meccanici, gli occhi fuori dalle orbite, le frasi schiette, tutto – dal vestiario all’estrema spontaneità delle sue azioni – preannuncia che il personaggio rimarrà impresso nelle nostre menti e nella cultura pop per lungo tempo.    

Gioele Marangotto

(In copertina e nell’articolo, immagini tratte da Povere creature!)


Per approfondire: il rapporto tra Povere creature! e la psicoanalisi, leggi l’articolo di Gaia Marcone.

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