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Il massacro della farina – Non c’è scampo per la popolazione di Gaza

Massacro farina Gaza

A Gaza, a cinque mesi dal 7 ottobre 2023, se non muori nei bombardamenti israeliani muori di fame, e se cerchi di non morire di fame muori sotto i colpi dell’IDF. Lo scorso 29 febbraio 112 persone hanno perso la vita in quello che è stato chiamato “massacro della farina”.


Sono 112 le vittime palestinesi che hanno perso la vita giovedì scorso mentre cercavano di conquistare un pacco di farina. Più di 750 i feriti. Queste morti si vanno a sommare alle altre migliaia avvenute dal 7 ottobre: il conteggio totale ha ormai superato la soglia dei 30.000, di cui 12.500 bambini. Questo significa che in cinque mesi nella Striscia è morta una persona su 75. Sono più di 70.500 i feriti, e migliaia i dispersi, soprattutto intrappolati sotto le macerie.

Inoltre, più di mezzo milione di persone nella Striscia è a rischio carestia: si tratta del 25% della popolazione. Un bambino su sei sotto i due anni di età è considerato gravemente malnutrito, e sono ormai numerosi i casi di neonati morti di fame. L’ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Carl Skau, direttore esecutivo del World Food Programme, appena un giorno prima del “massacro della farina”.

Cos’è successo

Lo scorso 29 febbraio alle 4.30 di mattina (ora locale) centinaia di civili palestinesi si erano riuniti a sud-ovest di Gaza City, lungo la strada costiera di Harun al-Rashid, dove si sapeva sarebbero arrivati camion israeliani contenenti aiuti umanitari, soprattutto farina. La farina è infatti ormai il bene più importante per i palestinesi affamati: con la farina si fa il pane, e grazie a un pezzo di pane si sopravvive qualche giorno in più. C’è chi raccoglie la farina per terra, mettendosela in tasca, o chi la produce macinando mangimi per animali.

Secondo Israele, un convoglio di 31 mezzi avrebbe fatto il suo ingresso a Gaza, diretto a nord. I civili, però, nel bisogno disperato di cibo, avrebbero iniziato a prendere sacchi di farina e cibo in scatola dai camion.

I soldati israeliani avrebbero aperto il fuoco sui civili, disperdendo momentaneamente la folla. Nonostante la prima sparatoria, la folla avrebbe continuato ad assaltare il convoglio. L’esercito israeliano avrebbe allora aperto il fuoco una seconda volta.

Massacro farina 2.
In un video diffuso dall’esercito israeliano, di vedono numerosi civili intorno ai camion con gli aiuti; fonte: AFP.

Gli aiuti umanitari

Quello di giovedì scorso sembra essere il primo ingresso di aiuti umanitari nel nord della Striscia da più di un mese. L’accesso principale è infatti Rafah, a sud, dove in questi mesi si sono radunati 1,4 milioni di civili in fuga dai bombardamenti israeliani. Nonostante più della metà della popolazione della Striscia si trovi a Rafah, dove la situazione umanitaria è al collasso, anche il nord e Gaza City, ormai ridotta in macerie, ospitano ancora dei civili. Qui l’occupazione israeliana impedisce l’accesso agli aiuti umanitari, tanto che la Giordania è arrivata a paracadutare dei pacchi dal cielo.

Secondo il Commissario Generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini, gli aiuti umanitari entrati nella Striscia a febbraio sono meno della metà rispetto a quelli di gennaio. Israele non solo ne impedisce l’accesso, ma spara anche ai civili che cercano di conquistare quei pochi che entrano.

La versione israeliana

Israele ha dichiarato che i camion erano parte di un’operazione umanitaria gestita da agenti privati. La versione ufficiale è però cambiata nel corso della giornata del 29 febbraio. L’esercito israeliano ha inizialmente affermato che decine di persone sarebbero rimaste ferite a causa della calca derivante dall’assalto ai camion, schiacciate dalla folla. Successivamente, però, avrebbe ammesso di aver aperto il fuoco sui civili.

Israele ha giustificato l’attacco dichiarando che le truppe presenti si sono sentite minacciate dall’avanzare della folla, senza meglio specificare la natura di questa minaccia. L’esercito israeliano ha però specificato che la maggior parte dei colpi è stata sparata in aria: secondo l’ultima versione, quindi, anche se una decina di vittime sono state colpite, tutte le altre sarebbero state comunque vittime collaterali dalla folla.

Per dimostrare che l’esercito non avrebbe sparato direttamente alla folla, l’IDF ha fornito una ripresa aerea della scena, un filmato di un drone a infrarossi. La BBC ha analizzato il video, evidenziando che non si tratta di una sequenza unica. Quattro sezioni sono state montate insieme, mostrando gli eventi avvenuti in due luoghi diversi. Sembra quindi che alcune parti e angolature siano state cancellate.

Massacro farina 3.
La dinamica ricostruita dalla BBC del “massacro della farina”; il video è dell’esercito israeliano: in azzurro sono evidenziati i camion degli aiuti, in rosso delle persone immobili a terra; dietro sembrano essere presenti dei veicoli israeliani.

La versione dei civili palestinesi

Chi ha assistito al massacro della farina conferma che l’esercito israeliano ha sparato sulla folla che si era radunata per ricevere gli aiuti alimentari da cui dipendono le loro vite. Un reporter di Al Jazeera ha affermato che, più parla con i testimoni, più diventa chiaro che secondo questi ultimi si è trattato di “una trappola, un imboscata”.

Sebbene, come si può bene immaginare, centinaia di persone sull’orlo dell’inedia non si saranno comportate in modo estremamente ordinato davanti a pochi camion umanitari, secondo i testimoni il vero e proprio tumulto si sarebbe verificato dopo, e non prima, che l’esercito israeliano aprisse il fuoco.

Secondo alcune testimonianze, dopo la prima sparatoria i camion sarebbero passati sopra i copri delle vittime. Inoltre, è stato verificato che le ambulanze non hanno potuto avere accesso all’area, tanto che i feriti sono stati trasportati in ospedale su carretti trainati da asini o altre persone. Ospedali sull’orlo del collasso, come del resto l’intero sistema sanitario nella Striscia.

L’ha affermato Raed al-Nims, portavoce della Mezzaluna Rossa Palestinese: non solo il numero di persone che necessitano di assistenza eccede le capacità e le scorte mediche, ma gli operatori sanitari vengono presi di mira dall’esercito israeliano.

Il caso giuridico

Fin dal 7 ottobre, diverse organizzazioni e agenzie umanitarie sostengono che Israele stia bloccando l’ingresso degli aiuti a Gaza. Israele nega le accuse. Eppure, Skau ha affermato che “il rischio di carestia è alimentato dall’incapacità di far entrare a Gaza cibo in quantità necessaria, e la quasi impossibilità delle condizioni in cui deve operare il nostro [del WFP] staff sul campo”.

Ha anche raccontato delle difficoltà e dei ritardi nel passare i checkpoint, delle violenze a cui sono stati sottoposti gli operatori umanitari, e degli aiuti sequestrati. Anche quei pochi aiuti che riescono a passare il vaglio israeliano, poi, sono presi d’assalto dalla popolazione disperata.

Un mese fa la Corte Internazionale di Giustizia accettava di esaminare l’accusa di genocidio contro Israele. In attesa dello svolgimento del caso (che potrebbe richiedere anni), la Corte ha emesso delle misure immediate per impedire a Israele di commettere un genocidio.

Secondo molti osservatori dei diritti umani, incluse Amnesty International e Human Rights Watch, Israele avrebbe “fallito nel fare anche il minimo passo per attenersi” alle misure. Il blocco dell’ingresso degli aiuti umanitari, di cui il massacro della farina è un esempio, è uno dei comportamenti che lo dimostrano.

Le reazioni internazionali

Sono stati diversi – almeno questa volta – i Paesi che hanno condannato l’accaduto, anche sul lato occidentale. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che “troppi palestinesi innocenti sono morti in questo conflitto”, e non solo nel “serious incident” del 29 febbraio. Quest’ultimo potrebbe però rallentare i negoziati per il rilascio degli ostaggi e per il cessate il fuoco, necessario per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari.

Tuttavia, è stato proprio il voto statunitense a bloccare la dichiarazione presentata dall’Algeria al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che attribuiva a Israele la responsabilità dell’accaduto. Secondo l’ambasciatore Robert Wood, “il problema è che non abbiamo tutti i fatti sul campo”.

Anche l’Italia, come la Francia, la Giordania, l’Arabia Saudita e le Nazioni Unite stesse, ha condannato l’attacco. Sembra che Israele sia sempre più isolato diplomaticamente, abbandonato – seppur non del tutto – anche dai suoi alleati occidentali. Sarà anche perché ha dichiarato fieramente di aver ucciso, tra le 30.000 vittime morte dal 7 ottobre a oggi, ben 50 presunti terroristi? È ormai difficile per chiunque negare che la proporzione non regge.

Striscia di Gaza situazione.
Foto: Il Manifesto.

Cosa significa tutto ciò?

Il massacro della farina è uno dei singoli eventi più letali nella guerra di Israele contro Gaza, ed è avvenuto in un contesto in cui i negoziati con Hamas per sospendere i combattimenti e consentire l’ingresso di aiuti umanitari erano in corso. Subito dopo l’accaduto, Hamas ha dichiarato che potrebbe ritirarsi dalla negoziazione.

La prospettiva di un accordo sembra sfumare non solo da parte palestinese. Ben Gvir, Ministro della sicurezza nazionale di Israele e colono di estrema destra, ha infatti affermato che la fornitura di aiuti umanitari a Gaza deve essere interrotta, perché mette a rischio soldati israeliani. Ha descritto ogni operazione umanitaria come una “follia mentre i nostri [di Israele] ostaggi sono detenuti nella Striscia”.

Martin Griffiths, Sottosegretario generale per gli Affari umanitari dell’ONU, ha riassunto la situazione così: “La vita si allontana da Gaza a una velocità terrificante”.

Clarice Agostini

(In copertina, immagine di Al Jazeera)

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