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Delitto e castigo – La morte di Naval’nyj nella Russia di Putin

morte Naval'nyj

Nella giornata del 16 febbraio 2024 è morto Aleksej Naval’nyj, attivista politico russo e principale oppositore al regime di Vladimir Putin. La sua morte, in un carcere dove non era certo detenuto per crimini compiuti, è poco chiara e provoca un’ondata di manifestazioni in Russia come in Italia.


La morte di Aleksej Naval’nyj: storia di una storia già scritta

16 febbraio 2024: data della morte di Aleksej Naval’nyj, spirato in carcere.

Il principale oppositore di Vladimir Putin aveva solo 47 anni, ed era detenuto dal gennaio del 2021. Lo scorso dicembre era stato trasferito, senza preavviso né segnalazione, dalla colonia penale IK-6 Melekhovo (nella regione di Vladimir a circa 250 chilometri a est di Mosca), alla colonia artica IK-3, tanto che il 6 dicembre il suo staff aveva denunciato di aver perso i contatti con il detenuto, nonostante dai registri del carcere IK-6  fosse evidente che non si trovava più lì.

Solo a fine dicembre le autorità avevano annunciato il trasferimento così che l’avvocato di Naval’nyj  potesse incontrarlo, confermando così i presentimenti dei suoi sodali.

Il trasferimento era previsto in seguito all’ulteriore condanna a 19 anni di detenzione in carcere speciale, emessa nell’agosto scorso, per l’accusa di estremismo politico.

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Naval’nyj trasportato da una stazione di Polizia fuori Mosca il 18 gennaio 2024. Foto: Sergej Ilnitsky/Epa (New York Times).

Il  carcere, situato in Siberia nel distretto di Jamalo-Nenec,e noto con il nome di ‘Polar Wolf, è un ex-gulag di epoca stalinista, nel quale vengono adottate pratiche che ricordano sinistramente i metodi sovietici nei confronti dei dissidenti.

La notizia della morte è stata fornita dal Servizio penitenziario federale e poi diffusa dal canale televisivo Russia Today. Secondo i giornalisti, Naval’nyj  si sarebbe sentito male dopo la consueta passeggiata mattutina. Il canale russo ha dichiarato che il decesso sarebbe da attribuire ad una trombosi o ad un’embolia, senza dare altra spiegazione.

I primi sospetti

I familiari di Naval’nyj  hanno affermato di averlo trovato in salute nelle ultime visite, avvenute pochi giorni prima della sua morte. In particolare, la madre ribadisce di aver visto il figlio “sano e allegro” durante una visita avvenuta il 12 febbraio. Le condizioni psicofisiche del detenuto erano “sorprendentemente buone”, secondo il suo braccio destro Leonid Volkov.

Un’immagine di ‘Lupo Polare’, il gulag dove è stato rinchiuso Naval’nyj (Foto: Il Gazzettino).

Di certo la detenzione deve aver messo a dura prova il corpo di Naval’nyj . Il ‘regime speciale‘ , come viene definito dalle autorità russe, in cui il dissidente russo ha dovuto sopravvivere prevedeva regole durissime, quali il divieto di parlare con altri detenuti, celle sempre illuminate, poche ore d’aria in condizioni climatiche estreme, dove la temperatura può raggiungere anche i −28 gradi.

Nonostante le pessime condizioni carcerarie, a Naval’nyj era stranamente concesso di usare un mezzo di comunicazione quale X. A San Valentino aveva lasciato sul social una dedica alla moglie.

La morte del più noto ed efficace oppositore di Putin ha suscitato delle reazioni, anche in patria, davanti all’evidenza che Naval’nyj  fosse detenuto nelle carceri di massima sicurezza non certo per via delle accuse ufficiali, ma per il suo status di dissidente e nemico politico di Putin.

In diverse città russe alcuni cittadini si sono raccolti improvvisando memoriali per celebrare la morte di Naval’nyj , salvo essere presto raggiunti e fermati dalla polizia locale. Queste celebrazioni sono continuate la mattinata seguente: sono centinaia i cittadini russi arrestati dagli organi di polizia.

Persino a Mosca, davanti al Muro del Pianto realizzato dallo scultore Georgij Franguljan in memoria dei morti per le repressioni sovietiche, e alla Lubjanka, ex sede del KGB sovietico e sede attuale degli attuali servizi di sicurezza russi FSB, ci sono state delle manifestazioni con conseguenti arresti.

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Arresto di alcune persone a San Pietroburgo in seguito alla commemorazione di Aleksej Naval’nyj davanti al monumento delle vittime di repressioni politiche. Foto: Andrei Bok/Getty Images (Wired).

La morte di Naval’nyj: un messaggio agli oppositori politici

Con la morte di Naval’nyj  si spegne la più concreta speranza di opposizione al regime di Vladimir Putin, ad un mese dalle elezioni presidenziali. Anche in questo caso, le elezioni non saranno altro che un’ulteriore formalità per giustificare ufficialmente il regime indiscusso vigente in Russia.

Per questo motivo, possiamo ipotizzare che la morte di Naval’nyj non sia avvenuta ora per via di una sfortunata coincidenza.

Si tratta di un chiaro messaggio da parte del presidente russo: è inutile cercare di opporsi al Governo reggente. D’altronde, secondo i sostenitori di Naval’nyj , lo stesso trasferimento dal carcere IK-6 di Melekhovo al gulag ‘Lupo polare’ IK-3 di Jamalo-Nenec avvenuto in dicembre sarebbe stato deciso per allontanare il più possibile l’oppositore politico dall’opinione pubblica russa.

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Naval’nyj a Mosca nel 2020. Foto: Reuters (BBC).

Una cosa è certa. Putin si mostra forte, come sempre ha fatto, ricorrendo al macabro simbolismo delle sue ‘punizioni’, che spesso avvengonoo in periodi simbolici: come l’uccisione di Anna Politkovskaja, avvenuta il 7 ottobre 2006, nel giorno del 54° compleanno del Presidente russo.

In riferimento alle elezioni di marzo, ciò che più fa riflettere delle circostanze – tutte inevitabilmente collegate fra loro, e raggruppabili sotto l’unica causa comune che ha il nome di Vladimir Putin – in cui la Russia si trova è che in un qualsiasi altro Paese in guerra verrebbe immediatamente attuata la legge marziale, in modo da garantire che non ci sa nessun cambiamento alla guida della nazione.

Ma la Russia di Putin non è un Paese qualsiasi. La Russia, innanzitutto, secondo la propaganda statale corrente non è in guerra, bensì sta conducendo un’operazione speciale, nonostante ci siano molte perdite tra i ragazzi mandati a morire e si siano visti anche in patria gli effetti della guerra. Basti pensare agli attacchi dei droni ucraini alla volta di Mosca, avvenuti l’agosto scorso, in cui un grattacielo è stato colpito.

La ‘democratura’ di Putin

Putin, inoltre, secondo il meccanismo propagandistico presente in ogni dittatura – che oggi, in circostanze simili a quelle russe, viene spesso definita democratura – vuole apparire ‘democratico’ fino in fondo agli occhi dei russi.

Per questo ‘concede‘ che ci siano le elezioni, ovviamente pilotate. E per questo, quindi, la morte di Naval’nyj  non è casuale: è un monito per qualsiasi cittadino russo.

D’altro canto, l’opinione pubblica occidentale non può sapere se metodi come questi, così spietati, siano considerati una vergogna da una più o meno ampia parte dei russi che, secondo l’esperto analista di geopolitica, nonché fondatore e direttore di Limes Lucio Caracciolo, ha una “prevalente inclinazione di un popolo che tende a seguire il suo Cesare”.

Di questo assassinio, infine, non rimane che la constatazione del fatto che un uomo alla guida di un impero riesca a fare ciò che vuole di chi gli sta attorno, rendendo la morte del suo nemico un’occasione per celebrare, ancora una volta, il proprio potere.

Riccardo Gardi


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