Nella ricorrenza del 27 gennaio, la commemorazione della Shoah è oggi come non mai un monito per un mondo che sembra ricordare sempre meno. Questo però vale non solo per gli intollerabili episodi di antisemitismo che serpeggiano in Europa, ma anche per Israele, che, pur rivendicando di essere depositario della memoria dell’Olocausto, non esita ad agire con crudeltà contro i civili inermi nella Striscia di Gaza, colpevoli solo di esistere e di ostacolare le mire espansionistiche di Tel Aviv.
Il 27 gennaio è ormai da tempo il giorno dedicato, dall’Italia e dalle Nazioni Unite, al ricordo delle vittime della Shoah. Una delle più immani tragedie nella storia dell’uomo, che sterminò in Europa quasi 6 milioni di ebrei, sui 9 che all’epoca vivevano nel Vecchio Continente; senza dimenticare le tantissime altre vittime tra persone con disabilità, rom, omosessuali, testimoni di Geova e oppositori del Nazifascismo.
A 79 anni dalla caduta dei cancelli di Auschwitz, le celebrazioni del Giorno della Memoria coincidono con la prosecuzione della campagna militare condotta da Israele nella Striscia di Gaza.
Proprio lo Stato Ebraico vide la luce immediatamente dopo la fine dell’Olocausto: l’ONU, con la spartizione della Palestina tra autoctoni arabi e coloni sionisti, volle in un certo senso offrire un ‘risarcimento morale’ al popolo ebraico per le sofferenze perpetrate da Hitler e soci (del resto, è noto che gli Alleati fossero consapevoli del genocidio in corso, ma non muovessero dito).
Non si vuole, in tale articolo, contestare la legittimità di tale risoluzione: è innegabile il legame storico che il popolo ebraico ha con quella terra, e le migrazioni sono una costante della Storia (gli italiani tanto adorati da alcuni partiti discendono da una mescolanza di Romani, Goti, Bizantini, Normanni e altre popolazioni giunte nella nostra Penisola durante il Medioevo).
Di fronte all’offensiva portata avanti in maniera spietata e senza remore dal governo di Tel Aviv, tuttavia, la natura in parte anche confessionale dello Stato Israeliano spinge a fare alcune considerazioni sul significato del 27 gennaio oggi.
Storia di ordinaria sopraffazione
Il 7 ottobre scorso Israele si è risvegliato sotto attacco da parte di Hamas, l’organizzazione politica e terroristica che governa dal 2006 Gaza. Colpita al cuore da questo vile agguato, fin dai giorni successivi Tel Aviv ha reagito prendendo di mira senza pietà la Striscia, prima con lanci di missili e quindi attraverso un’invasione vera e propria.
Tale operazione, che aveva lo scopo dichiarato di “eliminare Hamas” e liberare gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani, ha assunto col passare del tempo i contorni di un’autentica vendetta collettiva contro tutta la popolazione palestinese di Gaza.
Le colpe di Israele, il silenzio internazionale
L’IDF (l’esercito israeliano) si è reso colpevole di attacchi nei confronti di ospedali (accusati di ospitare basi di Hamas) e dell’interruzione della fornitura elettrica e idrica: tutte azioni definite come violazioni dei diritti umani da molteplici organizzazioni internazionali quali ONU, Amnesty International e Croce Rossa Internazionale. Anche la Corte Penale Internazionale dell’Aia sta indagando sulle vicende in corso, investigando su sospetti crimini contro l’umanità commessi sia da Israele che da Hamas.
Qualcuno si è spinto addirittura a parlare di genocidio, sebbene la volontà da parte di Israele di annientare il popolo Palestinese appaia come tutta da dimostrare. Dall’inizio della ‘guerra’ (se così la si può definire, vista l’assenza di una delle due parti combattenti), le vittime civili sono stimate in oltre 25mila, di cui la metà donne e bambini.
Ad ogni modo, quella che è stata presentata come un’azione di difesa di Israele contro il nemico si è rivelata in realtà come una vera e propria pulizia etnica nei confronti della popolazione civile, con crimini di guerra ormai all’ordine del giorno: alcuni ministri israeliani, provenienti dalle frange più estremiste della maggioranza, hanno caldeggiato apertamente l’espulsione di tutti i palestinesi dalla Striscia.
Tale vicenda si colloca in un più generale contesto di angherie e soprusi commessi da Israele contro il popolo palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania, tra occupazioni e colonizzazioni illegittime di territori, uccisioni di civili e detenzioni arbitrarie anche senza capi d’accusa: uno su tutti, il caso di Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese detenuto amministrativamente per oltre un mese da Israele senza motivo.
Tutto questo nel sostanziale silenzio dell’Occidente, che vede nello stato sionista un prezioso alleato nel delicato contesto mediorientale.
Giorno della Memoria, Striscia di Gaza e quella memoria a targhe alterne
Ogni anno, la commemorazione della Shoah si propone di riaffermare la dignità di ogni essere umano, affinché quanto accaduto nei campi di sterminio, ma non solo, non riaccada mai più.
Paragonare quanto subito dagli Ebrei in Europa agli eventi in corso a Gaza sarebbe una grave forzatura, sia per le modalità che, banalmente, in termini numerici. È inoltre avvilente assistere al ritorno dell’antisemitismo, rivitalizzato col pretesto dell’offensiva a Gaza.
Tuttavia, la retorica del giorno della Memoria cozza in parte con l’appoggio cieco che una parte (forse maggioritaria) dell’Ebraismo riserva alle azioni di Israele contro la Palestina.
Ciò avviene anche sostenendo l’equiparazione strumentale di opposizioni antisioniste, o di semplici critiche allo Stato di Israele, a veri e propri atti di antisemitismo, quando invece gli stessi palestinesi sono semiti e molti ebrei nel mondo reputano illegittima l’esistenza di Israele.
Nel 2016 l’Alleanza Internazionale per la memoria dell’Olocausto ha adottato una definizione di antisemitismo, riconducendo ad esso svariate critiche a Israele. Suscitano stupore inoltre i rapporti stretti intessuti da varie comunità ebraiche, anche in Italia, con partiti conservatori, in quanto autoproclamatisi ‘amici di Israele’ (magari più in funzione anti-islamica che altro): gli stessi partiti, talvolta, che hanno rapporti ambigui col Nazifascismo.
La memoria come monito
In un’epoca in cui la memoria del passato sembra affievolirsi e razzismo, xenofobia e antisemitismo sono tornati all’ordine del giorno, il 27 gennaio è un’occasione ancor più preziosa per riflettere su quanto l’odio per gli esseri umani possa portare a conseguenze mostruose. Non rende un servizio utile alla verità e alla giustizia, tuttavia, l’immobilismo di larga parte dell’opinione pubblica dinnanzi ai fatti di Gaza.
Sembra quasi che si abbia vergogna a contestare le azioni israeliane per via di quanto accaduto durante l’Olocausto, anche per l’idea che una vittima non può rendersi carnefice.
È essenziale invece ricordare che ebrei e popolo (e soprattutto governo) israeliano sono cose del tutto distinte: pertanto è sbagliato sia incolpare tutto l’Ebraismo per le azioni del governo di Tel Aviv, sia assolvere Israele per via della Shoah.
Le crudeltà dello sterminio del popolo ebraico sono un monito per tutta l’umanità: come disse un celebre sopravvissuto di Auschwitz, Primo Levi,
Se è successo, vuol dire che può succedere ancora.
Primo Levi
E tale frase è un messaggio che invita tutti alla massima attenzione: anche chi si erge a depositario della memoria storica dell’Olocausto.
Riccardo Minichella
In copertina, foto da lavialibera
Passato e Presente – Il Giorno della Memoria e la Striscia di Gaza è un articolo di Riccardo Minichella che parla di memoria. Clicca qui per scoprire il percorso tematico.
La Giornata della Memoria 2024 viene ricordata dalla redazione di Giovani Reporter in questo articolo.