Anche nel 2024 continuiamo a osservare inermi manifestazioni e raggruppamenti di chi sente la mancanza del Duce: il fascismo – si sa – è ancora un’opinione. Ma perché oggi, più degli altri anni, è grave quello che è successo 7 gennaio ad Acca Larenzia?
Una nera commemorazione
La sera del 7 gennaio 2024 davanti alla sede del Partito Nazionale Socialista in via Acca Larenzia si sono riunite più di cento persone per commemorare i tre ragazzi uccisi nell’omonima strage del ‘78, durante quelli che furono anni tesi per l’Italia dal punto di vista politico: gli anni di piombo.
Le vittime, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, erano militanti del Fronte della Gioventù; i primi due furono uccisi a causa di un commando armato che aprì il fuoco, il terzo morì poco dopo, durante una manifestazione di protesta.
Ogni anno, i sostenitori dei militanti, le famiglie e le cariche istituzionali della regione Lazio si riuniscono per commemorare la morte di quei giovani e ogni anno si assiste a una serie di tensioni crescenti che hanno portato a un vero e proprio raduno di neofascisti; alzano il braccio destro con fierezza all’urlo “presente”. La seconda commemorazione, quella composta dai nostalgici, è un evento separato dalla commemorazione istituzionale, avvenuta nel pomeriggio.
La Digos di Roma sta cercando di identificare quelle persone che si sono rese protagoniste di questi eventi: secondo gli ultimi aggiornamenti avrebbero partecipato membri di Blocco Studentesco, Ultras Lazio e Forza Nuova. Insieme a loro ci sarebbero stati due movimenti, Fronte Veneto Skinheads e l’associazione Selvaggio da Siena, estremamente vicini a CasaPound.
Tuttavia il fenomeno non è nuovo, e in particolare sono noti i cortei del 2019 e del 2020.
Non una parola buona, le reazioni tra alleati e oppositori
Le reazioni non sono tardate ad arrivare, tra chi attacca e chi se ne lava le mani, come il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che afferma “Sono persone di varia provenienza, cani sciolti, organizzazioni extraparlamentari. Non hanno niente a che vedere con FdI. Noi facciamo la nostra celebrazione ufficiale e poi andiamo via”.
Ignazio la Russa, presidente del Senato, concorda con Rampelli. Tuttavia, mette in dubbio il saluto romano come apologia del fascismo, e perciò come reato; “parlando più da avvocato che da politico c’è incertezza su come considerare certi gesti in caso di commemorazione di persone defunte”.
Le reazioni non hanno tardato ad arrivare. Elly Schlein non ci sta e afferma che “avere un un Presidente del Senato che cerca di legalizzare il saluto romano è un insulto a chi ha fatto la Resistenza in Italia”. E, ancora, “sono un branco organizzato con cui siete andati a spasso per anni e che ha nostalgia del disciolto partito fascista”. Come prova concreta la segretaria del PD riporta una questione che si rifà al 2008, quando la Meloni presiedette la commemorazione annuale ad Acca Larenzia accompagnata da Rampelli e da Castellino, condannato a più di 8 anni di carcere per l’assalto alla CGIL.
Parla Bersani: “l’Italia sta andando nei guai”
L’8 Gennaio 2024, ospite del programma televisivo Otto e mezzo su La7, Pierluigi Bersani parla di un possibile intervento di Giorgia Meloni sulla questione, affermando che “Starà zitta o minimizzerà. Meloni dovrebbe fare sicuramente qualcosa, ma fare qualcosa, per lei e per tutto il suo giro, è come levarsi la pelle perché stiamo parlando del loro DNA. Avevano l’occasione di levarsi la pelle appena arrivati al governo e la stanno perdendo”.
Ancora, giudica aspramente tutta la politica per non aver applicato la legge Mancino, sui crimini di odio e incitamento all’odio, e la legge Scelba, che prevede il carcere per l’apologia del fascismo. Bersani afferma infatti che queste estremizzazioni siano state banalizzate troppo a lungo e che sia necessario fermarsi, una volta per tutte.
Ma perché quest’anno è diverso?
L’importanza di questo avvenimento non sta tanto nel fatto che sia successo, ma nel fatto che sia successo proprio mentre il primo partito del Paese è Fratelli d’Italia, con l’assordante silenzio della premier Giorgia Meloni.
Nelle ultime settimane sembra quasi che il “pandorogate” di Chiara Ferragni sia una questione di Stato più importante.
La destra italiana ha da tempo superato quel periodo nero della storia dell’Italia – pur senza ripudiarlo – , e ora viaggia di pari passo insieme alle destre europee e internazionali.
Domenico Guzzo, docente di Storia contemporanea e Violenza politica e terrorismo all’Università di Bologna, ragiona sui fatti di Acca Larenzia e spiega che, se in passato l’estrema destra raccoglieva ceti sociali alti o popolani delle borgate, oggi “tra chi partecipa a queste adunate c’è soprattutto la piccola borghesia impoverita e l’ex classe operaia senza più riferimenti, ma le ragioni della militanza sono le stesse: si finiva a destra, all’estrema destra post-fascista, per un forte senso di frustrazione. Insomma, meglio essere principi all’inferno che soccombenti in paradiso.
Il professore afferma che niente è cambiato, ma “la novità a livello istituzionale è che per la prima volta c’è un partito di governo che si porta dietro un rapporto pregresso con quegli ambienti”.
La realtà è che la presenza di un partito che nega e non condanna l’apologia del fascismo legittima questi comportamenti e ne avvalora le condizioni.
Del resto, chi tace acconsente e se la Meloni tace sui fatti di Acca Larenzia, significa che non riesce a fare pace con una parte di storia del suo partito che rappresenta una minoranza politica sempre più convinta ma che è anche anticostituzionale. E il principale esponente di questa destra – (neo)fascista e nostalgica – è proprio Ignazio La Russa, Presidente del Senato.
Ludovica Maria Accardi
(In copertina la commemorazione del 7 gennaio da ANSA)
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