Dopo “Niente di vero”, romanzo sulla storia di una vita come tante altre ma mai banale, la lente del cannocchiale di Veronica Raimo – con “La vita è breve, eccetera” – ci porta a spiare attraverso finestre diverse. E quello che vediamo può non piacere a tutti, ma questo avviene perché l’autrice ci restituisce semplicemente una dura verità, cioè che le donne – anzi, anche le donne – sono fatte così.
Qual è il punto?
L’atmosfera della raccolta La vita è breve, eccetera (Einaudi, 2023) è realistica ma al contempo surreale. Si tratta di un surreale creato non da gatti parlanti o deliri psichedelici, bensì dalle azioni strambe o assurde o, ancora, insensate, delle persone di tutti i giorni. Tutto questo è normale amministrazione nel mondo di carta di Veronica Raimo.
Ho letto alcune recensioni di questo libro, perché sono sempre curiosa di sapere cosa altri pensino della stessa lettura. Eppure, è la prima volta che chiudo il laptop arrabbiata. La maggior parte del pubblico si è detto deluso: il romanzo precedente aveva avuto una fortuna grandiosa, e le raccolte di racconti hanno sempre meno successo.
Molti lettori non hanno capito quale fosse il punto delle storie, cioè il filo conduttore della raccolta. Altri sostengono che sia volgare, cinico, pieno di sarcasmo fuori luogo. A mio avviso, invece, l’autrice si fa portavoce di tutto un gruppo di donne “ribelli”, ovvero non conformi all’immagine della donna standard. In realtà, molte lettrici potrebbero scoprire di essere finalmente capite e, soprattutto, di non essere sbagliate.
Quando ci mettevamo a letto, mi stringevo a lui più di quanto avrei fatto normalmente, eppure non ero certa se cercassi protezione o assoluzione.
Veronica Raimo, La vita è breve, eccetera (p. 40)
Undici donne
La raccolta è composta da undici storie che danno uno scorcio della vita di undici donne diverse. Come si evince dalla copertina, i racconti hanno tutti a che fare con il corpo femminile, con la corporalità e la fisicità più in generale, e con come le protagoniste vivano il mondo a partire dalla relazione con il proprio corpo.
Occorre, tuttavia, saper interpretare il dissacrante per godere appieno delle parole di Raimo. Dunque, non bisogna scandalizzarsi se queste donne non sono razionali, rispettose, inibite, oneste. Non hanno paura del giudizio degli altri, e non vi è alcuna morale da trarre alla fine di ciascun racconto, nessun insegnamento da estrapolare per ogni sbaglio. In fondo, a volte basta dirsi che “la vita è breve”, perché trasformare ogni cosa in un macigno?
Nel secondo racconto, La commissione, una donna entra in un “vortice di paranoia scaramantica” (p. 20) che asseconda pur di compiere gesti assurdi perché questo la porterà a scrivere il suo romanzo.
In un altro, Nice Person, una donna ammette a se stessa di desiderare che l’amante che ha lasciato scappare senta il disarmo dato dalla sua mancanza, perché l’amore è egoista. Ancora, in Totò, una ragazza mente a tutti sulla sua vita e così l’amore che costruisce è finto come l’esistenza di paglia che ha inventato.
Veronica Raimo non si pone troppe domande di fronte alla stranezza delle persone, la accoglie stando al gioco con un’ironia sfacciata che ti prende alla sprovvista. Ciò che conta è il piccolo mondo di convinzioni che ognuno si crea, come la ripetizione di gesti che apparentemente ci portano fortuna.
Nell’ultimo messaggio ti ho scritto solo: “Spero che tu stia bene”. Come ogni frase di disarmante banalità, mi era costa più di tre ore di elaborazione. Ad ogni modo, era un augurio insincero, non speravo che stessi bene, speravo che sentissi dentro di te lo squasso osceno del vuoto, la perdita di senso, la fine di tutto.
Veronica Raimo, La vita è breve, eccetera (p. 61)
Un ortaggio oltraggiato
In ogni caso, per quanto le donne degli undici racconti possano sembrarci delle cattive persone, Raimo vuol farci riflettere anche sul funzionamento della nostra stessa coscienza. Non importa quanto una donna si sia comportata in modo ingiusto, c’è sempre qualcosa che dal profondo spinge per emergere, ed è il senso di colpa. Le donne, non smette di insegnarci l’autrice, hanno vizi e difetti proprio come gli uomini, ma sono anche creature particolarmente riflessive e introspettive, e spesso il rimuginio le porta a sentirsi in colpa e ad autopunirsi.
Nel racconto Il dono una donna trova sul proprio zerbino un cetriolo a cui qualcuno ha infilato un preservativo. Il ritrovamento appare come la risposta vendicativa di qualcuno, soprattutto per la chiara allusione sessuale, e fa scatenare una serie di interrogativi su chi possa averlo piazzato lì, ma è anche un espediente che la porta a ripensare a qualsiasi parola minimamente fraintendibile che abbia potuto rivolgere a un uomo.
La richiesta di una ricevuta in ritardo, il rimprovero per aver fatto male un lavoro, tutto può essere un motivo sufficiente per credere di meritare uno scherzo dall’interpretazione così ambigua.
Ma alla fine il cetriolo ha ragione: lei è stata una codarda, egoista al punto di non ammettere la fine di un innamoramento e usare la scusa del desiderio di indipendenza per rompere una relazione. Ora quella relazione irrompe nella sua vita nella forma di un innocente ortaggio oltraggiato.
I racconti sono brevi come lo sono gli attimi che servono a queste protagoniste per prendere decisioni errate e frettolose, per autosabotarsi, per dimenticare una relazione, per impegnarsi nella successiva. Ma ogni vita è composta da una serie di eventi e dal modo in cui decidiamo di metterli insieme e narrarli.
Supervillains
Quello che voglio dire a tutti i recensori delusi è che – io credo – il punto del libro sta proprio nel fatto che il cinismo, l’egoismo, l’antipatia, il “poco carisma” delle protagoniste, il loro fallimento amoroso, tutto questo costituisce il file rouge della raccolta, o almeno io credo così.
Queste protagoniste sono volutamente delle villain: sprezzanti, invidiose, inclini alla solitudine e al disprezzo. Sguazzano nella propria umiliazione pur di riavere indietro un amore che le ha abbandonate, si annullano per essere viste, agiscono in preda all’impulsività. E sono convinta che Raimo ci stia dicendo che anche noi donne possiamo essere così.
L’ho interpretata come una rivincita. L’autrice ha avuto il coraggio di ridare alle donne quella libertà che oggi viene concessa quasi esclusivamente agli uomini, ovvero quella di passare per esseri meschini.
Le protagoniste di questi racconti sono traditrici, donne sole, codarde e vigliacche, addirittura omicide e vendicatrici. Anche le donne possono esserlo, nonostante i comportamenti esplorati da Raimo vengano molto spesso affibbiati solo agli uomini.
E però sono le stesse che, alla fine di ogni storia, accettano la propria imperfezione, la propria inadeguatezza. Sempre con il tipico punto di vista “raimiano” che filtra con uno sguardo sprezzante e ironico, non menefreghista ma rassegnato, che prende le cose per come sono.
[…] lei che ha sempre pensato di proteggere dalla violenza, ora sprofonda nel male che ha combattuto e odiato per una vita.
Veronica Raimo, La vita è breve, eccetera (p. 138)
Blu Di Marco
Leggi la recensione di Niente di vero, tra quelle dei candidati al Premio Strega 2022.