Pubblicato nel 1989, Quel che resta del giorno (Einaudi Super ET 2016) è il terzo romanzo pubblicato da Kazuo Ishiguro, vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 2017. Dal romanzo è stato tratto nel 1993 l’omonimo film interpretato da Anthony Hopkins ed Emma Thompson, divenuto ormai un classico della cinematografia americana.
Quel che resta del giorno è un romanzo altamente introspettivo in cui presente e passato si intrecciano inesorabilmente. La narrazione si presenta al lettore sotto forma di diario di viaggio in cui il protagonista racconta con lucidità e pacatezza tutte le vicende più significative della sua vita.
Con grande eleganza e un pizzico di malinconia Ishiguro ci fa immergere nelle memorie di un uomo leale che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, senza mai cedere il passo alle emozioni.
La trama
Protagonista della narrazione è l’anziano maggiordomo Stevens che, dopo una lunga vita dedicata interamente al lavoro, decide di prendersi una settimana di riposo.
Stevens ha lavorato per moltissimi anni presso Darlington Hall al servizio di Lord Darlington, nobile britannico scomparso recentemente e protagonista della scena politica e diplomatica della Seconda Guerra Mondiale.
Proprio Mr. Farraday, nuovo proprietario di Darlington Hall, suggerisce al maggiordomo di concedersi una pausa di qualche giorno dal lavoro.
Dopo qualche incertezza iniziale, Stevens decide di affrontare un viaggio in auto per dirigersi in Cornovaglia. Vuole infatti approfittare dell’occasione per andare a trovare Miss Kenton, ex governante di Darlington Hall che, proprio pochi giorni prima, aveva inviato una lettera al maggiordomo in cui lo aggiornava della sua situazione familiare.
Leggendo la lettera, Stevens si è fatto persuaso che la donna sia vittima di un matrimonio infelice; il maggiordomo è convinto che ci sia una remota possibilità che Miss Kenton torni a lavorare a Darlington Hall come ai vecchi tempi.
Animato da queste speranze Stevens inizia ad attraversare l’Inghilterra e le sue meravigliose campagne senza un piano preciso. Il viaggio intrapreso rappresenta una buona occasione per riflettere sulla sua vita. Dopo tanti anni di onorato ed ineccepibile servizio Stevens ha bisogno di riposare, di concentrarsi su se stesso e di recuperare un po’ del tempo che, per tutta la vita, ha sacrificato alle dipendenze di altri.
Il senso del dovere
L’autore descrive un uomo dotato di un senso del dovere fuori dal comune. Stevens, in tantissimi anni di carriera, non si è mai preso un giorno libero, ha sempre messo al primo posto il suo lavoro, sacrificando ogni cosa. La sua lealtà nei confronti di Lord Darlington è più che sufficiente per fargli guadagnare la fama di un vero e proprio grande maggiordomo. Durante il viaggio, lo stesso Stevens si pone più volte proprio questa questione; cos’è che rende davvero ‘grande’ un maggiordomo?
La risposta che ci dà l’autore, tramite i pensieri di Stevens, è che la caratteristica più importante che un maggiordomo deve possedere per essere considerato davvero tale è la dignità. La riflessione su questo tema è ampiamente affrontata nel romanzo da più punti di vista.
C’è sicuramente una lettura storica che fa riferimento al cambiamento di usi e costumi nella società del secondo dopoguerra. Mr. Farraday è l’incarnazione di tale evoluzione storica che la guerra ha portato con sé. Il nuovo padrone di casa infatti si intrattiene spesso con battute di spirito che Stevens non riesce a cogliere.
Sembra inoltre non avere il benché minimo interesse per le tradizioni e i fasti del passato. In quest’ottica la dignità di ogni buon maggiordomo, cioè la capacità di mantenere compostezza e garbo in ogni situazione, perde progressivamente di significato.
D’altro canto la questione della dignità è trattata anche in una cornice personale. Dai ricordi di Stevens emerge una leggera amarezza velata da malinconia. Dopo tanti anni spesi nella speranza di essere ricordato come un grande maggiordomo, sembra quasi che la guerra abbia cancellato ogni cosa.
Stevens è solo uno degli ultimi rappresentanti di un mestiere destinato ormai a sparire. La sua tanto agognata dignità sembra ormai perdersi in una società disattenta e priva di valori profondi.
Permettetemi di formulare la cosa in questo modo: la ‘dignità’, in un maggiordomo, ha a che fare, fondamentalmente, con la capacità di non abbandonare il professionista nel quale si incarna.
Quel che resta del giorno (p. 33).
Un misto di passato, presente e ricordi
Quel che resta del giorno è interamente costellato da flashback che si intrecciano sapientemente con la narrazione di fatti ed episodi presenti. La trama si sviluppa con estrema lentezza. Ishiguro ci fa immergere nei meandri più nascosti della mente di Stevens rendendoci partecipi del suo disagio interiore.
Le certezze del maggiordomo, andando avanti con il viaggio, si sgretolano progressivamente. A poco a poco inizia a dubitare di tutte le scelte fatte durante il corso della sua vita. In fin dei conti Stevens può davvero dire di aver vissuto? Aver lavorato tutta la vita senza concedersi pause ha avuto un senso oppure è stato un errore?
Stevens rielabora in particolare il rapporto tormentato che avuto con Miss Kenton. Ishiguro ci mostra una donna decisa, dedita al lavoro come lo stesso maggiordomo. La donna però, in un certo senso, ha rappresentato per Stevens una sorta di antagonista. Nel corso degli anni passati a Darlington Hall, Miss Kenton ha provato in ogni modo a costruire un rapporto amichevole con il maggiordomo. Ha tentato di andare oltre l’asettico rapporto lavorativo instaurato dalla professionalità di Stevens ma con scarsi risultati.
Sono proprio i ricordi legati a Miss Kenton a far vacillare le sue sicurezze. Da quando la donna se ne era andata da Darlington Hall nulla era rimasto come prima. A Stevens manca la sua presenza. Inconsciamente il maggiordomo ha bisogno di scavare dentro se stesso nel tentativo di comprendere davvero cosa Miss Kenton rappresenta per lui.
Il tema del viaggio
In mezzo a tutte le riflessioni introspettive di Stevens, il viaggio da lui intrapreso sembra passare in secondo piano. In realtà è proprio il viaggio il motore di tutto. Se il maggiordomo non avesse deciso di partire, di staccare la spina dalla sua quotidianità ormai stagnante, non avrebbe mai avuto la libertà di poter pensare. Il viaggio rappresenta un vero e proprio mezzo catartico grazie al quale cercare le risposte che animano la narrazione.
La placida campagna inglese fa da docile sfondo a tutto ciò. Stevens non ha deciso di percorrere una strada precisa; il suo obiettivo è solo quello di raggiungere Miss Kenton in Cornovaglia. Quindi, forse per la prima volta nella sua esistenza, si fa guidare dalle sensazioni e dai sentimenti. Il suo vagabondare in auto per le strade della campagna inglese assume una dimensione puramente poetica.
Perché un fatto è certo: mentre questa mattina me ne stavo in piedi su quella sporgenza e contemplavo la distesa di terra che si allungava davanti a me, ho distintamente provato quella sensazione, rara quanto inconfondibile – la sensazione che si prova quando si è dinanzi alla grandezza.
Quel che resta del giorno (p. 49).
In quest’ottica la campagna inglese diventa sinonimo di una magnificenza modesta e pacata in grado di accompagnare per mano lo spettatore e condurlo alla pace dei sensi. Sicuramente la purezza sprigionata dalla natura può spingere Stevens a spogliarsi del suo ruolo di maggiordomo per dirigersi in una nuova dimensione.
In fin dei conti, anche quando la vita volge al tramonto, non è mai tardi per essere veramente sé stessi.
Perché leggere Quel che resta del giorno
Quel che resta del giorno è sicuramente uno dei più grandi successi letterari di Kazuo Ishiguro, insieme a Non lasciarmi (2006) e Klara e il sole (2021). Non ha caso il romanzo ha ricevuto il Booker Prize subito dopo la sua uscita nel 1989. Lo stile di Ishiguro è estremamente elegante e composto, quasi fuori moda.
Tale linguaggio ricercato e raffinato ricalca perfettamente il profilo psicologico del protagonista che incarna un passato ormai destinato ad essere dimenticato.
Già dal titolo di Quel che resta del giorno emerge un’evidente sensazione di precarietà mista a malinconia. Tuttavia Ishiguro non cancella ogni speranza. La vicenda trattata nel romanzo mostra come, anche quando tutto sembra perduto, c’è ancora la possibilità di fare qualcosa.
Finché la luce del giorno non si affievolisce del tutto si può sempre cambiare e scegliere di vivere seguendo i propri sentimenti. Forse è proprio il tramonto il momento migliore per lasciarsi andare e crearsi delle seconde possibilità in grado di liberarci dalla paura di vivere.
Stevens per la prima volta ha deciso di prendere in mano la sua vita e affrontare la sua vera identità che, forse per troppi anni, è stata nascosta dalla maschera del maggiordomo perfetto. Nulla è perduto per sempre, in fin dei conti basta avere il coraggio di mettersi in discussione fino alla fine.
Diego Bottoni
(In copertina Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro, nell’edizione Einaudi Super ET 2016)
Quel che resta del giorno – Il diario di un maggiordomo inglese è una recensione di Diego Bottoni. Clicca qui per altri articoli dell’autore!