Dal mondo del diritto (impersonato dall’avvocata Antonella Cuccureddu e da Augusto Barbera) arrivano nuove ‘indicazioni’ su come le donne dovrebbero comportarsi: nel primo caso se subiscono una violenza, nell’altro se lottano per i loro diritti.
Antonella Cuccureddu e la vittimizzazione secondaria
Molto si sta parlando dell’udienza tenutasi nel corso del procedimento a carico di Grillo Jr. e dei suoi compagni di merende, che, preme ricordarlo, sono gli imputati. Sono salite infatti agli onori della cronaca le domande che l’avvocata Cuccureddu, difensore di uno dei ragazzi, ha rivolto alla vittima dello stupro di gruppo.
Ormai è noto ai più di che cosa si parla quando si dice vittimizzazione secondaria: evidentemente chiedere ad una donna che denuncia una violenza di gruppo perché non ha morso durante un rapporto orale significa renderla vittima due volte, ammesso che lo sia già stata – condizionale che il garantismo giuridico ci impone.
Non è forse così noto, però, se nelle aule giudiziarie ancora assistiamo a scene grottesche come quella di pochi giorni fa. Eppure è strano, perché anche in àmbito giuridico certe nozioni di base dovrebbero essere conosciute.
L’art. 18 della Convenzione di Istanbul impone espressamente agli stati firmatari di evitare la vittimizzazione secondaria. La Corte di Strasburgo ha già condannato l’Italia, più volte, perché nelle aule giudiziarie continua a proporre stereotipi di genere e doppia vittimizzazione. La condanna è per violazione dell’art. 3 CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ndr), sul divieto di trattamenti inumani e degradanti.
Questa è la definizione che, nel 2021, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 35110, 17 novembre 2021) hanno fornito per vittimizzazione secondaria:
far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta la vittima di un reato […], riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all’apertura di un procedimento giurisdizionale.
La Corte, inoltre, ha riconosciuto il ruolo che la vittimizzazione secondaria svolge nel disincentivare le donne a denunciare le violenze subite. All’elenco potremmo aggiungere anche la deontologia forense, e proseguire oltre.
Le donne impazienti di Augusto Barbera
Mi è sembrata un’ironica coincidenza aver letto, subito dopo la notizia sull’avvocata Cuccureddu, quella sul discorso di insediamento del nuovo presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera.
Augusto Antonio Barbera, presidente della Corte Costituzionale. Foto: Ansa (Virgilio).
Il professore ci ricorda che l’acquisizione dei diritti è un processo lento, come se già non lo avessimo sperimentato sulla nostra pelle; dunque, prosegue Barbera, le “donne impazienti” devono rispettarne le lungaggini.
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Mi fa sorridere, ma di un sorriso amaro, contare per quanti millenni le donne hanno dovuto avere pazienza, nell’attesa che qualcuno, un uomo, concedesse loro qualcosa.
Finché, ad un certo punto della Storia, hanno capito che nessuno avrebbe regalato niente, e che ciò che spettava loro di diritto andava conquistato con la lotta.
A quasi tre secoli e mezzo da quando Olympe de Gouges scrisse la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina – finì ghigliottinata, per inciso – un uomo ci viene a dire che dobbiamo avere pazienza.
Dobbiamo avere pazienza se veniamo ancora maltrattate o stuprate; e dobbiamo avere pazienza se, trovata la forza di denunciare, veniamo processate perché non abbastanza vittime.
Io invece spero che le donne continuino ad essere impazienti e irriducibili, e che pretendano con forza il rispetto della loro dignità. Parafrasando il cantautore Daniele Silvestri: ho solo questa lingua in bocca e, se mi tagli pure questa, io non mi fermo: canto pure a bocca chiusa.
Sara Nizza
A Barbera e Cuccureddu: le donne sono impazienti, ma non mordono è un articolo di Sara Nizza. Clicca qui per leggere altri articoli dell’autrice.