Caro uomo,
Ti ho guardato negli occhi, e ho pensato che ti amavo.
Ti amavo nonostante gli insulti, gli sputi, le sberle sul viso che ho coperto con il fondotinta.
Ti amavo nonostante le bugie che ho dovuto raccontare a mia madre, a mio padre e ai miei amici.
Ti amavo nonostante mi facessi sentire costantemente inadeguata per il mio corpo, i miei buoni voti all’università, i miei successi lavorativi.
Ti amavo.
E anche tu dicevi che mi amavi.
Quando ti ho lasciato, mi sono sentita in colpa.
In colpa perché in fondo ero io ad esagerare, sono sempre stata troppo emotiva. Quel vestito, potevo risparmiarmelo. Sabato sera non dovevo andare a ballare con i miei amici.
Lo so, hai ragione, sono soltanto una troia.
Mentre mi prendevi a calci nello stomaco, piangevi, poverino. Mi amavi troppo, hai detto. Non potevi vivere senza di me, hai detto.
Così, hai deciso che a non vivere più dovevo essere io.
Come fossi stato un oggetto, una cosa di tua proprietà, di cui potevi disporre a tua piacimento.
Mentre mi accoltellavi, riuscivo solo a pensare che gli stessi punti che tagliavi con la lama, erano gli stessi che baciavi con le labbra.
È buffo, come cambiano le cose.
Adesso che non ci sono più, che non vedrò più la luce del sole, non sarò mai più stretta tra le braccia di mamma e papà, che non riderò più con i miei amici e non ho più sogni da realizzare, continuo ad avere paura.
Paura che mia sorella salga su un autobus, ed un signore distinto, un medico o un avvocato, pensi che toccarle il culo sia un suo diritto; paura che la mia migliore amica venga seguita di notte, mentre esce dal lavoro, e a casa sua non ci arrivi più, paura che fischino da un motorino a mia madre mentre va a fare la spesa.
Ho paura per tutte le altre donne, che sono ancora vive e domani potrebbero non esserlo più, forse perché erano nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, con l’uomo sbagliato.
Perché, alla fine, è sempre colpa nostra, che non dobbiamo girare da sole, non dobbiamo bere, non dobbiamo metterci in condizioni di pericolo, dobbiamo sceglierci l’uomo giusto. Ma sapete qual è il punto? Neanche questo ci salverà.
Niente può farlo.
Caro uomo, non ho ancora capito perché mi hai fatto questo, e adesso che sono morta, non lo capirò mai.
Hai rubato tutti i miei sogni, le mie speranze, i miei desideri. Ma non hai rubato la mia dignità, la mia indipendenza, l’amore, quello vero, delle persone che, lo so, lotteranno per me, per noi tutte.
Prima di essere l’ennesima vittima dimenticata nel giro di un paio di telegiornali, prestata alle illazioni dei politici e dei media, voglio dire una cosa, alla donne che sono rimaste:
Care donne,
Siate libere. Siate libere e lottate, perché io possa essere l’ultima.
Maria Teresa Luordo
(In copertina illustrazione di Marco Melgrati)
A tutti gli uomini, ma sempre e solo uomini è un articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.
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